Oltre mille persone in Mali, nella capitale Bamako, si sono riversate nelle strade per protestare contro le forze armate francesi nel loro Paese ed in tutta la regione del Sahel. La loro presenza, secondo l’opinione dei manifestanti e come riportato dalla testata francese Le Monde, sarebbe dannosa per il Mali, in quanto maggiormente succube delle politiche espansionistiche di Parigi. Inoltre, la presenza stessa dei militari francesi sarebbe un grave affronto alla sovranità del Paese e la loro permanenza nella regione sarebbe esclusivamente in funzione delle mire economiche dell’Eliseo.
Quattro maliani su cinque vogliono Parigi fuori dall’Africa
In un’indagine condotta a campione sulla popolazione di Bamako, oltre l’87% della popolazione locale non gradisce la presenza francese mentre l’80% vorrebbe esplicitamente che le truppe straniere si ritirassero dal Sahel. Con l’inizio delle operazioni di contrasto al gruppo terroristico di Boko Haram, risalenti al 2013, la presenza dei militari di Parigi nella regione è incrementata. Nonostante le operazioni siano condotte quasi esclusivamente in affiancamento alle unità dell’esercito maliano, la sensazione che Parigi persegua esclusivamente i propri fini è insita nella maggioranza della popolazione del Mali; con percentuali analoghe che si possono riscontrare in tutta la regione del Sahel.
In particolar modo, all’esercito di Parigi criticano il modo in cui sono state condotte alcune azioni militari: come nel caso della liberazione della città di Kidal, quando le truppe francesi liberarono la città in autonomia, senza permettere all’esercito di Bamako di partecipare all’azione. Il sentimento anti-francese è giunto al punto che, secondo il sondaggio online proposto da Maliweb.net, quasi il 90% della popolazione sarebbe favorevole ad un intervento russo per risolvere il problemi della regione, sollevando Parigi dall’incarico.
Volontà popolare o strumentalizzazione?
Secondo alcune voci, provenienti soprattutto dagli ambienti amministrativi, le proteste popolari non sarebbero però sinonimo esclusivamente di malcontento. Dopo la lunga colonizzazione del Paese da parte di Parigi, che il sentimento anti-francese sia connaturato nella popolazione è fuori discussione. Considerando però le difficoltà del governo di Bamako nel gestire la sicurezza del territorio e le garanzie portate dalla Francia, tali dati sembrano esagerati. Secondo quanto riferito dal capo del consiglio nazionale dei datori di lavoro Mamadou Sinsy Coulibaly, nonostante le proteste siano legittime ed evidenzino un reale problema che sta attraversando il Paese, dietro alle manifestazioni ci sarebbero gli interessi della politica. Mantenendo infatti alta la visibilità mediatica alla presenza delle truppe di Parigi, i problemi legati alle difficili condizioni del Mali passerebbero in secondo piano: spostando la rabbia della popolazione dal ceto politico all’esercito francese, visto come una legione di occupazione.
Il doppio volto di Macron
Emmanuel Macron ha più volte ribadito come non sia un piacere per la Francia partecipare al conflitto, ma che la presenza francese è necessaria per garantire la sicurezza nella regione. Secondo il presidente della Francia, l’esercito di Parigi avrebbe in questi anni garantito il regolare svolgimento della vita nei villaggi più a rischio ed avrebbe aiutato il Mali a gestire la crisi interna.
Che la Francia abbia una sorta di debito anche morale verso le colonie è innegabile. Tuttavia, che l’intervento dell’Eliseo sia legato a questioni puramente sociali è alquanto inverosimile, considerando anche gli interessi economici delle grandi multinazionali francesi operanti nel Sahel. Al giorno d’oggi, infatti, quasi tutto il comparto dei servizi è gestito dalla Francia: dalla telefonia con Orange Telecom ai giacimenti di uranio di Orano, passando per i gruppi bancari riconducibili a proprietari parigini alla gestione monetaria del franco Cfa. Il rischio che i Paesi del Sahel, in chiara difficoltà contro le compagini terroristiche, si rivolgano a Paesi come la Russia e come la Cina per gestire la crisi, rischierebbe di far saltare l’intero mercato ad oggi monopolio del tricolore.
Il bisogno di stabilizzare la regione, prima ancora che essere interesse della popolazione locale, è una diretta esigenza di Parigi al fine di preservare la stabilità del sistema economico. In questo contesto il Mali, che rappresenta una delle economie più povere dell’Africa, è l’esempio lampante della politica neo-coloniale della Francia. Nonostante la fondatezza delle tesi di chi sostiene che le proteste siano pilotate, l’evidenza degli interessi francesi che danneggiano il Sahel è altrettanto palese, sebbene negli anni tollerata dagli osservatori internazionali. E sebbene le voci del popolo si facciano sentire nelle strade della capitale, le possibilità che nei prossimi anni la situazione cambi sono molto remote, con la Francia ancora ben salda nel controllo dell’Africa sub-sahariana.