Tutti i riflettori sono puntati sulla pandemia di coronavirus, che da gennaio a oggi ha provocato oltre 855mila decessi e quasi 26 milioni di contagi globali. Eppure, come hanno più volte provato a spiegare alcuni scienziati, nonostante i governi del mondo stiano concentrando tutte le loro energie (e risorse) sull’emergenza Covid-19 è necessario che i Paesi tengano sotto controllo anche l’azione delle altre malattie infettive.
A questo proposito è di estrema urgenza prestare la massima attenzione alla tubercolosi. Stiamo parlando di una malattia infettiva e contagiosa provocata dal batterio denominato Mycobacterium tuberculosis, più noto con il nome di Bacillo di Koch. Gli esperti di sanità pubblica hanno lanciato i primi allarmi: la Tbc sta avendo una rinascita e si sta diffondendo silenziosamente in alcune regioni del pianeta.
Il motivo di un simile ritorno di fiamma è da ricercare in quanto abbiamo spiegato all’inizio dell’articolo. Con tutte le attenzioni dirottate sul Covid-19 e i sistemi sanitari calibrati a fronteggiare l’emergenza coronavirus, diagnosticare e trattare altre infezioni resta assai complicato. Soprattutto per alcuni Stati che non possono contare su un’efficiente sanità. È per questo che, ha scritto il South China Morning Post, la tubercolosi, la malattia infettiva più mortale al mondo, è improvvisamente uscita dal dimenticatoio in cui era finita.
La rinascita della tubercolosi
I numeri diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sono emblematici. Nel 2018 ben 10 milioni di persone hanno contratto la Tbc, un’infezione batterica che solitamente colpisce i polmoni. Tra loro, 1,5 milioni di pazienti hanno perso la vita. Quest’anno la situazione potrebbe essere peggiore. Madhukar Pai, direttore del McGill International Tb Center presso la McGill University, in Canada, è stato chiaro: “Non sappiamo quale sarà il numero, ma la previsione è che sarà molto più alto di quello registrato nel 2018 a causa della pandemia Covid-19, dei blocchi e delle restrizioni che molti Paesi hanno dovuto imporre”.
Detto in altre parole, i sistemi sanitari pubblici di un elevato numero di nazioni sono stati travolti da un’ondata di pazienti infettati dal nuovo coronavirus. Impossibile per il personale sanitario affrontare la tubercolosi e altre malattie. Anzi, in molti casi i reparti dedicati alla Tbc venivano convertiti per curare i soggetti con Covid.
Prendiamo l’India, attualmente il primo Paese per velocità di diffusione del coronavirus. Nel 2018, anno delle ultime rilevazioni, questo Paese ha totalizzato un quarto dei casi di tubercolosi nel mondo: circa 270mila. Da quando Narendra Modi ha imposto il lockdown a causa del Covid, il numero di nuovi casi legati alla TBC è sceso vertiginosamente. Attenzione però, perché questo non vuol dire che la malattia sia sparita. Semplicemente nessuno aveva tempo (e modo) di diagnosticare i nuovi casi. I pazienti malati, invece, hanno faticato a ottenere i farmaci di cui hanno bisogno.
Un rischio enorme
C’è una previsione che fa accapponare la pelle. Lo scorso maggio uno studio portato avanti da Stop Tb Partnership, Imperial College London e Johns Hopkins University ha stimato che, tra il 2020 e il 2025, a livello globale potrebbero esserci 6,3 milioni di casi di tubercolosi e 1,3 milioni di morti legati alla malattia. Questo scenario potrebbe verificarsi a fronte di un periodo di lockdown di tre mesi e una “ripresa” stimata in dieci mensilità.
Diamo uno sguardo alle cifre cinesi. Oltre la Muraglia, nel 2018, sono state 866mila le persone ad aver contratto la Tbc. Nei primi tre mesi del 2020, ovvero da quando è scoppiata l’emergenza Covid-19, il numero delle visite nelle cliniche per la tubercolosi è diminuito di 260mila unità rispetto al trimestre precedente, passando da 800mila a 700mila. Gli esperti hanno collegato il fenomeno a una serie di ragioni, tra cui il divieto per gli abitanti di spostarsi da una città all’altra, la paura di essere contagiati dal coronavirus frequentando le cliniche e l’aver dovuto trasformare alcuni centri Tbc in siti dedicati al trattamento Covid-19.
Gli esperti temono che in condizioni del genere la tubercolosi possa fare più danni del coronavirus. Anche perché in India, dove ogni giorno muoiono oltre mille persone di Tbc, il numero di casi rilevati di questa malattia ad aprile è sceso dell’80%. Molte persone hanno evitato di fare test e molti laboratori hanno abbassato la saracinesca. Nel frattempo i portatori di Tbc non diagnosticati hanno infettato altre persone.