Un nuovo lockdown parziale, che si aggiunge all’incubo di dover trascorrere il periodo autunnale e natalizio con l’ombra lunga del Covid ancora in agguato e pronta a rovinare le festività. Il Regno Unito deve fare i conti con l’ultima serrata imposta dal governo nelle nuove zone rosse, localizzate per lo più nel nord-est dell’Inghilterra e nelle aree metropolitane di Manchester e Birmingham.

Una misura, ha spiegato in un discorso alla Camera dei comuni il ministro della Salute britannico, Matt Hancock, giustificata dall’enorme diffusione del numero di casi di coronavirus in alcune zone del Paese. Dalla mezzanotte di ieri circa dieci milioni di cittadini si sono ritrovati in lockdown. Tutta colpa della recente impennata di contagi, con oltre 4mila nuovi casi su scala nazionale. Per scongiurare il peggio il governo ha così scelto la linea dura (si fa per dire).

Le restrizioni includono l’obbligo di chiusura alle 22:00 di bar, luoghi di svago e ristoranti e il divieto di incontro tra diversi nuclei familiari. Bollino rosso anche per la socializzazione con persone esterne al proprio nucleo familiare. Dal punto di vista economico, il ministro Hancock ha annunciato lo stanziamento di quasi 3 miliardi di euro per supportare il sistema sanitario britannico, così da renderlo pronto a ogni evenienza in caso di un peggioramento epidemiologico tra l’autunno e l’inverno.

Un lockdown soft

C’è chi si è spinto a definire l’ultimo lockdown della Gran Bretagna un “lockdown soft”. Questo per distinguerlo dalle radicali serrate a cui abbiamo assistito la scorsa primavera, quando molti governi imposero persino il divieto di lasciare le proprie abitazioni se non per casi di urgenza. Certo, la situazione britannica non è paragonabile a quanto appena descritto (e non lo è mai stata neppure nella fase più critica della pandemia). Il governo ha tuttavia stilato una lista di raccomandazioni, tra le quali il consiglio di usare i mezzi pubblici solo quando necessario.

La pura più grande dei cittadini è che le misure possano presto allargarsi anche al resto del Paese, a cominciare da Londra, che in un primo momento sembrava invece “immune” a una seconda ondata. Qui, negli ultimi 14 giorni, i contagi sono letteralmente raddoppiati. Boris Johnson aveva cercato di stoppare il trend imponendo la “regola del sei”, ovvero vietando tutti gli incontri e le riunioni che includessero più di sei persone. Ma evidentemente non è bastato.

L’incubo più grande

Dicevamo del Natale. Il fantasma che aleggia per le strade di Londra è quello di un lockdown soft prolungato sia geograficamente che temporalmente. Ossia: in tutto il Paese e fino a Natale. In quel caso, alle feste rovinate, agli affari in fumo e al turismo a pezzi, il rischio è che possa passare anche la raccomandazione di dover lavorare da casa. E il ritorno dello smart working, in aggiunta alle limitazioni inerenti ai luoghi di svago, affosserebbe ulteriormente l’economia.

Sia chiaro: al momento contagi, ricoveri e decessi sono sotto controllo e ben lontani dai picchi registrati nel periodo compreso tra marzo e aprile. In ogni caso il governo britannico teme che una psicosi generale (e ingiustificata) possa provocare una valanga. Da qui la prima scelta di mettere in sicurezza le zone rosse.

In merito a una possibile serrata nazionale, il sottosegretario alla Salute britannico, Edward Argar, ha smentito le voci diffuse sulle stampa londinese. Nel corso di un’intervista rilasciata a Sky News, Argar è stato chiaro: l’obiettivo non è un lockdown nazionale ma “vedere i cittadini osservare le regole e far funzionare quarantene locali circoscritte”.

Da dove arrivano i nuovi contagi

La domanda che molti si fanno adesso è una: per quale motivo il governo britannico deve fronteggiare una simile impennata di casi? Intanto c’è da mettere in conto il rientro dei cittadini che hanno scelto di trascorrere le vacanze all’estero (e molti inglesi sono volati in Spagna e in Grecia, due Paesi finiti nell’occhio del ciclone). Dopo di che ci sono da considerare le misure imposte da Londra, fin da subito decisamente più permissive rispetto a quelle attuate da altri Paesi europei.

Il Guardian ha inoltre accusato il sistema di test e tracciamento del Regno Unito, il quale funzionerebbe “a stento e la domanda sarebbe quattro volte più alta della disponibilità effettiva di test”. Pare infatti che il 90 per cento dei test starebbe di fatto sforando l’obiettivo di consegnare un risultato entro le 24 ore, obbligando tutti coloro senza risultato confermato (positivo o negativo che sia) a rimanere in auto-isolamento.