Il professor Giuseppe De Donno, che opera da pneumologo a Mantova, è ormai per tutti il medico che ha introdotto il plasma del paziente convalescente nella terapia per combattere la sindrome dovuta al Sars-Cov2. Ma De Donno è divenuto anche oggetto di critiche da parte di alcuni emisferi della scienza italiana. Per comprendere quale sia lo stato degli studi attorno a quella che alcuni non hanno timore di definire già da oggi “cura”, abbiamo deciso di porre alcune domande centrali direttamente al medico che, più di ogni altro, è sembrato in grado di distribuire speranze di guarigione da quando il nuovo coronavirus ha fatto la sua comparsa in Italia. Ma quando è arrivato il nuovo coronavirus in Italia? Con il professor De Donno abbiamo parlato anche di questo…
Professor De Donno, ma la terapia del plasma come funziona?
Dal punto di vista tecnico, è una terapia semplicissima: il donatore, che è un paziente guarito da malattia da coronavirus, in uno stato più o meno grave, dona 600ml di plasma. Cosa vuol dire? Vuol dire che il paziente dona 600ml di sangue. Noi restituiamo globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, ma tratteniamo la parte liquida del sangue, ossia il plasma che al suo interno ha, oltre ad alcune sostanze anti-infiammatorie, anche gli anticorpi che il guarito ha sviluppato contro il coronavirus. E questa è la parte che riguarda donatore. Il plasma ottenuto, poi, viene diviso in due aliquote da 300ml l’una, che ci serviranno a trattare altri pazienti. Coloro che trattiamo sono persone che hanno una grave forma di insufficienza respiratoria con polmonite da coronavirus. Il plasma del donatore ci permette di trattare due pazienti ancora malati.
Il meccanismo del suo plasma è diverso da quello d’uso comune, giusto?
Il plasma normale non è il plasma di un paziente convalescente. Il plasma che utilizziamo noi, invece, è il plasma di un guarito dal coronavirus, quindi con gli anticorpi specifici per il coronavirus. Il plasma normale che usiamo per svariati motivi in ambito clinico-internistico non deriva dai convalescenti. Questo trattamento può divenire un modello anche per altre patologie. Ne sono sicuro.
C’è un po’ di bagarre mediatica attorno alla sua cura…
Il discorso è questo: il protocollo di ricerca è partito da Mantova e da Pavia. I pavesi hanno deciso di mantenere un atteggiamento cautelativo. Io sono un clinico. Come tutti i clinici ho lavorato a contatto con i pazienti, alcuni dei quali sono morti. Da quando utilizziamo il plasma, muore molta meno gente. Eticamente, ho sentito la necessità di far conoscere alla popolazione quello che stava succedendo, e cioè una chiara volontà di tenere in cantina una metodica che, dal punto di vista della terapia, aveva molto più da dire rispetto a quella che stavamo utilizzando in precedenza. Sono dovuto passare per mezzi atipici: social e televisioni.
Senta, come mai per la sperimentazione è stata scelta Pisa?
Questo lo deve chiedere a chi l’ha scelta.
Ascolti, lei è stato anche il coordinatore per Mantova del Tocilizumab. Come siamo messi con altri farmaci? Il plasma del convalescente è utile solo per una tipologia di paziente?
Guardi, il plasma del convalescente lo abbiamo utilizzato per pazienti con una grave insufficienza respiratoria. Va da sé che possa essere utilizzato anche nel paziente meno grave. Ma può essere utilizzato anche in profilassi, come stanno facendo negli Stati Uniti, dove lo stanno proponendo in favore del personale sanitario. Lo scopo è evitare che quel personale si ammali.
Ma lei è stato estromesso dallo studio Tsunami?
Nella prima fase, Mantova e Pavia non sono stati assolutamente coinvolte. Dopo l’audizione al Senato è stata recuperata Pavia. Ora bisogna vedere come verrà recuperata Mantova.
E la diatriba con il governatore della Toscana?
Quella è una diatriba che si è inventato lui: io non l’ho mai nominato. Ho sempre detto che la scelta della città di Pisa era una scelta politica. Poi lui si è arrogato il diritto di pensare che io mi riferissi a lui, ma io neppure lo conosco.
Torniamo al plasma. Sul lungo periodo qual è la prospettiva?
Sul lungo periodo…in questo momento le scelte a disposizione sono due: il vaccino e l’utilizzo di anticorpi specifici contro il coronavirus. Questi anticorpi specifici possono derivare soltanto dal plasma del paziente convalescente. Io so che c’è un pensiero molto importante, soprattutto in una certa classe politica che è collusa, che vuole produrre le immunoglobuline contro il coronavirus perché proprietario di un’azienda leader del settore: ben venga! Io non sono mica contrario allo sviluppo scientifico ma, nel frattempo sono morte tutte queste persone, che cosa dovevamo aspettare? Nel frattempo… . L’unica arma che abbiamo a disposizione è il plasma del paziente convalescente. Quando avremo il vaccino, presumo nel 2021 in base ai tempi medi di produzione di un vaccino, potremo anche iniziare a usare il vaccino come profilassi, ma la gente continuerà ad ammalarsi, quindi avremo bisogno del plasma del paziente convalescente. Almeno fin tanto che non avremo a dispozione le immunoglobuline. Questi percorsi devono essere chiari, trasparenti, e non devono interferire con la vita della gente. Non dobbiamo far morire delle persone aspettando delle armi che uno ha.
Ascolti, noi abbiamo intervistato il professor Crisanti, che sulla possibilità di un vaccino ha detto di non condividere l’ottimismo..
Il professor Crisanti, a differenza mia, è uno scienziato vero. Quello che dice è reale: non tutti i pazienti che si ammalano di coronavirus sviluppano anticorpi neutralizzanti. Di conseguenza, non tutti i pazienti che verranno vaccinati svilupperanno anticorpi neutralizzanti. Quindi, la storia del vaccino è una storia sulla quale andrà fatta una grande discussione. Per questo dico che un vaccino pronto in tre mesi non mi convince per nulla. Io non me lo farei mai.
Però un vaccino lo auspichiamo, sì?
Certo. Io non sono contrario ai vaccini. Nel mio reparto, da due anni, faccio ambulatorio per la vaccinazione per l’influenza, per le polmoniti e per l’emofilo. Io non sono assolutamente contrario ai vaccini, ma sono favorevole ai vaccini sicuri. Quelli che di sicuro che producono immunità. Non conosciamo il coronavirus. Non sappiamo nulla di questo virus. Stiamo andando di corsa. Abbiamo combattuto una guerra, e abbiamo utilizzato il plasma del paziente convalescente, come tutte le armi a disposizione, di corsa. Perché siamo in guerra. Il problema è che il plasma del paziente convalescente andava utilizzato molto di più. Visto una roba vecchia e visto che mi accusano sempre di utilizzare una roba vecchia, allora bisognava usarlo su larga scala senza ulteriori studi.
Lei, durante l’audizione al Senato, ha raccontato la storia di una paziente: Pamela..
Pamela è una ragazza di 28 anni che, quando è arrivata in ospedale, era alla 24esima settimana di gravidanza. Ha sviluppato una polmonite da coronavirus, così è stata ricoverata in ostetricia. Le sue condizioni sono rapidamente peggiorate. Era necessario decidere cosa fare: farla abortire, intubarla e portarla in rianimazione o prendere un’altra strada. Perché la ventilazione meccanica avrebbe provocato delle gravi ripercussioni sul feto, così come le dosi di ossigeno possono provocare ossidazione del feto. E allora, d’accordo con la ragazza, abbiamo optato per il plasma del paziente convalescente. Abbiamo fatto la prima dose ed è iniziata la migliorare. La febbre è scomparsa. Sono migliorati i sintomi respiratori. Alla seconda dose, nel corso della terza giornata, è scomparsa l’insufficienza respiratoria, sono migliorati gli esami di laboratorio e Pamela è guarita. La settima giornata l’abbiamo restituita alla sua famiglia. I tamponi erano negativi.
Professore, differentemente dalle istituzioni centrali, le Regioni del Nord sembrano puntare molto sul plasma del paziente convalescente..
Sì, soprattutto il Veneto. Padova, visto il protocollo, lo ha attivato subito. Il governatore Luca Zaia, appena io ho parlato delle banche del plasma, ha rilanciato dicendo: il Veneto sta predisponendo le banche del plasma.
Anche Fontana sembra molto attento a quello che fate a Mantova..
Assolutamente. Noi mercoledì abbiamo in programma un’audizione con la Regione Lombardia. Io appoggio la mia Regione. E spero che la Lombardia sia la prima a partire con la banca del plasma. Questo ci darà lustro, ma non è tanto per il lustro: è perché ci permetterà di dormire sonni tranquilli. E di sonni tranquilli, per adesso, ne abbiamo dormiti pochi.
È iniziata la fase 3 o la fase 2 bis, che dir si voglia… Il virus sembrerebbe comportarsi in maniera diversa. Altri pensano che sia la reazione del nostro sistema immunitario ad essere cambiata. Lei è in prima linea: come la vede?
Io penso che queste due letture del processo siano entrambe sbagliate. Noi, in questo momento, non abbiamo elementi in grado di dirci che il virus ha perso in virulenza. Noi stiamo godendo dei risultati del lockdown totale. Viviamo quella rendita. Lo ha dimostrato la Germania: appena ha aperto, l’indice di contagio è schizzato da 0,7 a 1.4. Noi questo virus non lo conosciamo: guai a sottovalutarlo. Altrimenti ci pugnalerà alle spalle. Io sono convinto che si debba aprire – non possiamo far crollare economicamente l’Italia – ma dobbiamo farlo attivando dei percorsi di prevenzione molto stretti. E dopo sarà il tempo a suggerirci le correzioni che dobbiamo fare. Bisogna essere pronti ad una terza ondata, perché la prima l’abbiamo subita ad ottobre dello scorso anno…
Quindi il virus era in Italia già ad ottobre?
Guardi, stiamo facendo uno studio retrospettivo sulla nostra casistica di polmoniti. Posso dire che ad ottobre, novembre e dicembre abbiamo avuto delle polmoniti con le stesse caratteristiche di quelle da coronavirus.
E allora professore scusi: è possibile che la prima zona colpita non sia stata Codogno? Qual è stata l’evoluzione del quadro epidemiologico? Ha dei dubbi sul fatto che sia partito tutto da Codogno?
Ho qualche dubbio. Secondo me lo studio epidemiologico verrà fatto successivamente. Quando le bocce saranno ferme. Avremo delle sorprese.
Quali sorprese?
Sono sorprese. Se le svelassi in anticipo, non lo sarebbero più. Alla prossima puntata…Me ne hanno dette di ogni colore. Per oggi sono già contento così.