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“Anversa capitale del crimine come la Medellin di Escobar o la Chicago di Al Capone”. “Una città senza legge, una guerra senza fine per la droga”. Così in questi giorni titola la stampa belga dopo l’assassinio di una bimba di 11 anni, uccisa durante una sparatoria a Merksem, uno dei quartieri caldi della metropoli belga. La vittima è rimasta ferita a morte nell’assalto alla sua casa da parte di una gang rivale del clan a cui disgraziatamente apparteneva. Un vero e proprio regolamento di conti tra bande: due zii della bambina sono considerati esponenti di primo piano della Mocro Mafia, un’organizzazione criminale marocchina specializzata nel traffico di droga e solidamente impiantata tra Belgio e Olanda.

Un crimine, l’ennesimo, che ha convinto il sindaco Bart De Wever — presidente del partito di destra N-VA (Nuova alleanza fiamminga) alleato in Europa al gruppo conservatori-riformisti di Giorgia Meloni — ha chiedere al governo di Bruxelles l’immediato invio dell’esercito per sorvegliare il porto sulla Schelda.

La porta della droga in Europa

Già il porto. Il controllo del terzo complesso marittimo d’Europa è il vero obiettivo delle organizzazioni dei narcotrafficanti d’ogni colore e nazionalità. Attraverso gli spalancati cancelli del gigantesco emporio passano ogni anno quantitativi ingentissimi di cocaina provenienti dal Sud America, in particolare Colombia e Panama. Un traffico lucrosissimo: nel 2022 i doganieri belgi hanno sequestrato 110 tonnellate di cocaina (il 23 per cento in più dell’anno precedente) per un valore stimato attorno ai 5 miliardi di euro. Nulla di più di una goccia nel mare.  Secondo le fonti di polizia la droga sequestrata rappresenta solo il 10% del movimento totale. I calcoli, quindi, sono presto fatti. Anversa è ormai diventata la porta d’accesso della droga nell’Unione Europea e chi controlla il suo porto controlla il mercato continentale. Da qui l’escalation di violenza che da almeno un decennio attraversa l’intera città.

Oltre a pretendere l’arrivo dei soldati, l’esasperato sindaco ha richiesto la convocazione d’urgenza del Consiglio nazionale di sicurezza, l’organo federale preposto per le emergenze e composto dai principali ministri e dai vertici delle forze armate, della polizia e gendarmeria e dei servizi segreti. Una proposta, considerata la situazione, assolutamente ragionevole e necessaria, eppure il governo guidato dal liberale Alexander de Croo preferisce glissare sullo spinoso argomento. Nessuna riunione del Consiglio è prevista e nessun militare verrà mobilitato.  “L’esercito non è preparato per questi compiti” ha dichiarato la ministra socialista della Difesa Ludivine Dedonder, tutt’al più verranno rinforzate le misure di sicurezza nel porto, oggi assai blande, posizionando lungo le banchine e agli accessi droni, scanner e robot. Rinforzi zero.

Un atteggiamento rinunciatario e scandaloso ma in linea con la tradizionale modestia — come già visto ai tempi degli attentati islamici a Bruxelles — della politica belga in questioni di sicurezza e ordine pubblico. Eppure l’emergenza è drammaticamente reale. Lo scorso dicembre è stato sventato all’ultimo momento il rapimento da parte di una gang del ministro della Giustizia Vincent Van Quickenborne e, proprio in questi giorni e per gli stessi motivi, il suo ex collega olandese Ferdinad Grapperhaus è stato messo sotto rigida protezione. Eppure, al netto delle frasi di circostanza, nulla sembra muoversi.

Mentre i criminali si fanno sempre più baldanzosi e pericolosi lo Stato preferisce non vedere, non agire. Per ignavia, per paura, per un contradditorio quanto malsano garantismo che ha smagrito all’osso risorse di polizia e intelligence. Manca la volontà, manca il coraggio. Il giudice Michel Claise, il magistrato che oggi conduce il “Qatargate” e che negli anni ha combattuto in solitudine il crimine organizzato, non ha più dubbi. Al quotidiano “La Dernier Heure” si è detto convinto che “i narco trafficanti hanno acquisito un senso di totale impunità poichè non vi è alcuna reazione adeguata da parte né delle autorità politiche né da parte dalla polizia e dalla magistratura”. Le mafie ringraziano e nel frattempo prosperano e uccidono.