La chiesa cattolica maronita è la più grande comunità cattolica del Medio Oriente. InsideOver ha chiesto al Patriarca di Antiochia Card. Béchara Boutros Rai, di raccontarci il suo punto di vista sul futuro dei cristiani in Medio Oriente.
Può introdurre la Chiesa maronita ai lettori italiani?
La Chiesa Maronita è una delle Chiese Patriarcali Orientali. La sua caratteristica è la continua unità con la Sede di Pietro. Non ha rami ortodossi o protestanti. I discepoli del Santo anacoreta Marone (410 d.c.) formavano già una comunità quando hanno sostenuto la dottrina del Concilio di Calcedonia (451 d.c). Quando i diversi scismi privarono la Sede di Antiochia, la quale era la prima Sede di Pietro, i Vescovi Maroniti elessero il loro primo Patriarca S. Giovanni Marone per la Sede di Antiochia attorno all’anno 686. Il suo patrimonio liturgico, teologico e disciplinare è quello Siriaco-Antiocheno. Appartenendo al Levante, la Chiesa Maronita compie la sua missione nei Pesi arabi a un duplice livello: Ecumenico con le differenti Chiese e interreligioso con i musulmani. La Chiesa Maronita ha la sua base centrale in Libano dove si trova la Sede Patriarcale, le tombe dei Santi, le strutture ecclesiastiche, gli ordini religiosi, le istituzioni educative: scuole e università, ospedali e centri sanitari. Per cui il Libano è detto “Patria spirituale” di tutti i Maroniti. La Chiesa Maronita è oggi diffusa nei cinque continenti, con diocesi, missioni, parrocchie, ordini religiosi e istituzioni.
La politica di molti Stati occidentali di favorire l’emigrazione di cristiani orientali non rischia di farli sparire dal Medio Oriente?
Purtroppo, la politica internazionale, basata sugli interessi economici e sulle strategie, non ha mai dato valore alla presenza dei cristiani nelle società musulmane dell’Oriente. Grazie alla loro convivialità, i cristiani hanno trasmesso i loro valori ai musulmani e ricevuto nello stesso tempo i valori dei musulmani. Così hanno creato la moderazione musulmana nel Medio Oriente. Le guerre imposte in Palestina, Iraq e Siria con le loro conseguenze politiche, securitarie, economiche e sociali ebbero i cristiani come vittime, senza che essi siano una parte dei conflitti e delle guerre. In questo modo, i Paesi medio-orientali si svuotano poco a poco dei cristiani per via della migrazione. Quindi la loro assenza o poca influenza apre la porta larga ai movimenti integralisti, fondamentalisti e terroristi.
Come si posiziona il cristianesimo davanti all’integralismo islamico? Come rispondergli? Non vi è un rischio che per risposta nasca un integralismo cristiano?
Mai i cristiani del Medio Oriente adottano il fondamentalismo cristiano per affrontare quello musulmano. Al contrario, noi rispondiamo con la cultura cristiana di fratellanza, di convivenza, di tolleranza, di rispetto dell’altro e delle sue differenze, di contributo comune per l’edificazione di una società migliore e per la promozione della giustizia e dello sviluppo umano integrale. Noi diffondiamo questa cultura nelle nostre famiglie, scuole, università e ospedali, nonché nella nostra vita comune nella società e nella nazione.
La maggioranza dei Paesi mediorientali vive realtà molto complesse, il Libano ha fama di essere un Paese liberale grazie alla sua multi religiosità e anche grazie alle visioni liberali della sua comunità cristiana. Come la Chiesa maronita gestisce i limiti alla libertà di pensiero senza rischiare dei precedenti che possano essere utilizzati per legittimare l’intolleranza degli estremisti islamici?
La convivialità islamo-cristiana in Libano si mantiene forte perché organizzata dalla prima Costituzione del 1926 e dal Patto Nazionale del 1943 e dell’accordo di Taëf del 1989. La Chiesa Maronita rimane sulla linea dei principi morali, costituzionali e nazionali senza compromettersi in politica. Lo fa per poter essere libera nella sua predicazione e missione, nonché poter rivolgersi alle coscienze di tutti indistintamente.
In che modo la Chiesa maronita guida la politica pastorale, il discorso delle minoranze, i poteri internazionali e i regimi regionali?
Ho risposto in parte a questa domanda nella quarta. La Chiesa tiene il discorso adatto quando si rivolge sia alla comunità dei suoi fedeli, sia alle minoranze, sia ai poteri internazionali, sia ai regimi regionali. Il suo discorso varia secondo le circostanze, i bisogni, le necessità e la varietà degli appelli. Però non si intromette in politica nel senso tecnico e pratico. La sua missione è di diffondere la legge divina sia naturale che rivelata, di predicare la parola di Dio che illumina menti e coscienze, di dare suo giudizio morale sugli atti umani, e di esercitare soprattutto la legge dell’amore.
Sono applicabili le teorie di Gandhi e Mandela in un Medio Oriente dove ogni gruppo religioso o culturale diffida dell’altro e lo accusa di isolarlo o indebolirlo?
L’approccio politico non è lo stesso nelle diverse regioni del mondo. Il Medio Oriente ha la sua logica politica. I paesi di questa regione adottano il regime teocratico che ha tre note essenziali: la religione di Stato è l’islam, il Corano è la fonte della legislazione civile, il potere politico, militare e giudiziario ad alto livello è in mano dei musulmani. I cristiani di questi paesi, dei quali sono cittadini originali, rispettano questa realtà e considerano le tre note come limiti da non oltrepassare. Per contro le autorità musulmane li rispettano e li trattano come persone di fiducia. Il Libano ha trovato una Formula di convivialità fondata sulla molteplicità religiosa, confessionale e culturale. I cristiani e i musulmani partecipano al potere politico, legislativo, esecutivo, amministrativo e giudiziario in modo ugualitario. Non esiste una Religione di Stato, ma il Libano rispetta tutte le religioni e la legge divina, sia naturale che rivelata. Riconosce tutte le libertà civili e in primo quella di credenza.
La salvezza del Libano passa per la laicità? Il settarismo del Paese potrebbe essere superato?
I cristiani e i musulmani libanesi hanno due tendenze contraddittorie: i cristiani tendono di natura alla laicità, mentre i musulmani tendono all’islamizzazione. La Formula di cui ho parlato sopra era per dare garanzie agli uni e agli altri. L’Accordo di Taëf ha consolidato questa Formula. Mai i musulmani accetteranno la laicità, e i cristiani l’islamizzazione. La Formula impedisce il fondamentalismo e l’integrismo. Essa fa del Libano un progetto da realizzare tutti i giorni, e lo costituisce come missione e esempio, secondo San Giovanni Paolo II.
Cosa direbbe ai giovani in Libano e all’estero?
Ai giovani in Libano rivolgo una parola di incoraggiamento per resistere di fronte all’instabilità politico-economica. Dimostra il valore della loro presenza in Libano, per salvaguardare la nostra cultura e civiltà e per continuare a scrivere la nostra storia sul suolo libanese. La presenza dei giovani è la garanzia per il futuro del Libano. Ai giovani migranti la mia parola è di mantenere i legami con il Libano e gli altri Paesi di origine, proprio per trasmettere alle società accoglienti i nostri valori e tradizioni con i quali arricchiscono queste società. Per tutti questi motivi creiamo parrocchie, missioni e diocesi nei cinque continenti.