È noto il complesso d’inferiorità della nostra classe dirigente verso le nazioni transalpine: nella vulgata comune, infatti, i cosiddetti “Paesi del nord” sono sinonimo di efficienza e buon governo, a differenza dei pigri e caotici Paesi latini e mediterranei (Italia inclusa). Stereotipo radicato nella storia, come spiegava qualche tempo fa Lucio Caracciolo su Limes, sin dalla diffusione delle teorie proto-ambientalistiche del barone di Montesquieu, che nel suo Spirito delle leggi (1748) fece del clima un criterio di civiltà, attribuendo ogni virtù civile ai popoli del freddo, distinti dai pigri meridionali. Secondo Montesquieu, infatti, “le istituzioni e le leggi dei vari popoli non costituiscono qualcosa di casuale e arbitrario, ma sono strettamente condizionate dalla natura dei popoli stessi, dai loro costumi, dalla loro religione e sicuramente anche dal clima”. Stereotipi che sono sopravvissuti ai nostri giorni. Quante volte abbiamo sentito i moralismi quasi paternalistici di alcuni illustri esponenti delle classi dirigenti dei Paesi del Nord Europa mentre si rivolgevano in maniera offensiva nei confronti del nostro Paese?

Stereotipi e pregiudizi contro l’Italia

Gli esempi sono numerosi. In una intervista rilasciata lo scorso luglio al magazine “7” del Corriere della Sera, il premier olandese Mark Rutte spiegò che “l’Olanda capisce e appoggia l’appello alla solidarietà”, per poi specificare: “Dobbiamo solidarietà ai Paesi più colpiti dalla pandemia, sapendo però che anche noi siamo stati colpiti gravemente. Ciò significa che gli Stati i quali necessitano e meritano aiuto devono anche far sì che in futuro siano capaci di affrontare da soli crisi del genere in modo resiliente”. In buona sostanza, “l’Italia deve imparare a farcela da sola”. Il giornale tedesco Die Welt, lo scorso aprile, fece arrabbiare il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio quando scrisse che la mafia italiana starebbe aspettando i soldi dell’Europa. “Dovrebbe essere chiaro che in Italia – dove la mafia è forte e sta adesso aspettando i nuovi finanziamenti a pioggia di Bruxelles – i fondi dovrebbero essere versati soltanto per il sistema sanitario e non per il sistema sociale e fiscale” osservò il giornale tedesco. E come non ricordare le parole pronunciate nel marzo dello scorso anno da Christian Jessen, famoso medico britannico, il quale spiegò che il coronavirus era “una scusa degli italiani per prolungare la loro siesta”?

Sono davvero meglio di noi?

Sì, ci sono tantissime cose che nei Paesi del nord Europa funzionano meglio che da noi. In molti casi hanno un sistema welfare e dei servizi invidiabili: soprattutto, non hanno il nostro fisco opprimente e la nostra burocrazia lenta e asfissiante. Non possono, però, permettersi di farci in alcun modo la morale. Lo dimostra quello che sta accadendo nei Paesi Bassi, dove il governo del premier liberale Mark Rutte si è dimesso sull’onda dello scandalo sui bonus figli, a causa del quale 20mila famiglie sono state accusate ingiustamente di frode dal fisco. Tra il 2003 e il 2019, migliaia di genitori erano stati accusati a torto dalle autorità del Paese di aver richiesto assegni in modo fraudolento; molti di loro sono stati costretti a restituire senza motivo importanti somme di denaro andando in rovina.

Che cosa avrebbe scritto la stampa olandese se fosse accaduto in Italia? La Germania non è da meno, anche se è brava a nascondere la polvere sotto il tappeto: basti pensare ai recenti scandali finanziari e ai guai di Deutsche Bank. Come scrive l’Agi, un tempo simbolo dell’affidabilità teutonica, il colosso bancario è affondato nel tentativo di competere sullo stesso terreno dei concorrenti angloamericani. Simboli, appunto, non sempre sinonimo di verità assolute.