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Mentre la quarta ondata di Sars-CoV-2 imperversa sull’Europa, e quasi ovunque si registrano sostanziali peggioramenti nei bollettini epidemiologici, c’è un Paese che rappresenta un interessante caso di studio. Nel Regno Unito, dove i contagi erano tornati a salire tra la fine di agosto e la metà di ottobre, la situazione è tornata ad essere stabile. Se non altro, Londra non deve fare i conti con un’emergenza nazionale come Berlino. O almeno, per il momento, non ci sono indicatori tali da far preoccupare più di tanto le autorità britanniche.

Ricordiamo, poi, che il governo guidato da Boris Johnson è stato il primo Stato europeo ad aver stilato una road map per tornare alla normalità rimuovendo gradualmente le restrizioni anti Covid. Certo, l’Uk ha bruciato tutti sul tempo avviando la sua campagna vaccinale lo scorso 8 dicembre anziché il 27, e non ha neppure sofferto la carenza di dosi. Ma è pur vero che, dopo la fiammata iniziale, con percentuali di vaccinazioni elevatissime, il trend è andato via via scemando. Risultato: il 68% dei cittadini del Regno Unito ha terminato il ciclo vaccinale e il 6,8% è in attesa di completarlo.

Sono passati undici mesi dalle prime somministrazioni, e in molti casi la copertura vaccinale potrebbe essere scesa sotto al livello minimo di guardia. È qui che il virus è tornato a correre, agevolato anche dagli spostamenti estivi e dal graduale ritorno alla normalità. Insomma, molti si aspettavano una debacle ma così non è stato.

Il peso delle terze dosi

Per quale motivo il Regno Unito è riuscito a mitigare l’onda d’urto del ritorno di fiamma del Covid? Un peso non irrilevante, sostengono gli esperti, sarebbe da attribuire alla somministrazione delle terze dosi del vaccino. Nel momento in cui la protezione del ciclo vaccinale delle dosi somministrate a dicembre stava per venire meno, la decisione di partire subito con le terze dosi ha creato una barriera non da poco.

Nel frattempo, ai cittadini del Regno Unito al di sopra dei 40 anni è raccomandato di ottenere la terza dose di vaccino contro il coronavirus. L’aggiornamento arriva dalla Commissione congiunta per la vaccinazione e l’immunizzazione britannica (Jcvi), che finora aveva raccomandato il secondo richiamo agli ultracinquantenni. Dal 15 novembre, ha riferito la Jcvi, l’organo consiglia che il programma includa anche gli ultraquarantenni. La terza dose da somministrare è quella del vaccino di Moderna o di Pfizer-BioNTech.

La dottoressa June Raine, direttore esecutivo dell’Agenzia per la regolamentazione dei prodotti medici e sanitari (Mhra), ha detto anche che i ragazzi di età compresa tra i 16 e i 17 anni dovrebbero ricevere una seconda dose appena a disposizione, per essere immunizzati in tempo per i mesi invernali. Il Guardian ha inoltre fornito un ulteriore dettaglio. Il governo consentirà ai cittadini di sottoporsi alla terza dose dopo cinque mesi, dunque un mese prima rispetto all’attuale prescrizione.

La strategia di Londra

Questo è il tentativo di Londra di alleggerire il carico del Servizio sanitario nazionale in vista dell’inverno, dato l’incremento dei casi di positività nella popolazione britannica. Ma un incremento che, al momento, sembra essere sotto controllo. Tornando alle terze dosi, al momento ne sono state iniettate 12,6 milioni agli over 50, alle persone vulnerabili e al personale sanitario. Ricapitolando: Londra spera di trascorrere un inverno tranquillo affidandosi ad un nuovo giro di vaccinazioni.

“Non c’è bisogno di alcun piano B“, ovvero di un ritorno delle restrizioni, “né di qualsiasi altro piano” per arginare i contagi. Parole che pesano quelle del primo ministro Johnson, rilasciate nel corso di un evento della Cbi, il corrispettivo britannico della Confindustria. Johnson ha definito preoccupante la situazione epidemica in Europa ma ha affermato di non vedere “nulla nei dati che affermi la necessità di passare al Piano B” in Gran Bretagna”.

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