Il prossimo 12 dicembre il popolo algerino sarà chiamato alle urne per votare il candidato presidente del Paese. Dalla rosa iniziale di 23 possibili candidati sono cinque i nomi che sono riusciti a formare le liste, dovendo sottostare ai stringenti termini affinché la candidatura sia considerata valida: almeno 50mila firme provenienti da 50 circoscrizioni elettorali. Bisogna ricordare che l’attuale Governo è guidato da Abdelkader Bensalah, Presidente ad interim fino alle prossime elezioni, succeduto a Abdelaziz Bouteflika, che ha guidato il paese ininterrottamente dal 1999.
Sollevazioni popolari del 2019
La profonda crisi in cui versa l’economia dell’Algeria ha origini molto più lontane nel tempo rispetto al primo mandato di Bouteflika, fondando le basi sui difficili anni di guerra civile del paese. Le principali accuse rivolte al vecchio Presidente sono le medesime che interessano in questo momento storico molti altri paesi arabi, quali Libano ed Iraq. Tra tutte spiccano due temi particolari: corruzione ed incapacità di modernizzare l’apparato statale, rendendolo distante soprattutto dalla popolazione giovanile. L’alto tasso di disoccupazione e la povertà in cui versano le fasce meno agiate della popolazione hanno fatto tutto il resto, portando alle dimissioni di Buoteflika il 2 aprile 2019, a pochi giorni dalla conclusione del 21° anno consecutivo di potere.
Cinque candidati per cinque visioni del Paese
Nonostante le proteste popolari dell’ultimo anno fossero indirizzate alla totalità dell’apparato politico, tutti i candidati appartengono, in un modo o nell’altro, dallo stesso mondo che i manifestanti hanno combattuto per tutto il 2019: Abdelaziz Belaid, Ali Benflis, Abdelkader Bengrine, Azzedine Mihoubi e Abdelmadjid Tebboune. Tutti nomi che negli anni scorsi hanno ricoperto il ruolo di ministri all’interno dell’esecutivo di Buoteflika e questo sarà, a detta degli osservatori, motivo di scarsa affluenza alle urne alla chiamata del 12 dicembre. Il candidato favorito dalle prime rilevazioni sembra essere Abdelaziz Belaid, esponente di spicco del Fronte di El Moustakbal (Fronte della Verità), già uscito dall’esecutivo del’ex Presidente nel 2012. Con lo slogan “Dialogo, stabilità e sviluppo” e per le sue implicazioni nelle manifestazioni dello scorso febbraio, le sue ambizioni sono quelle di compiere una vera e propria rivoluzione nei palazzi di Algeri, svecchiando il ceto dirigente ed avvicinare lo Stato alla popolazione. Sebbene il suo nome rimanga comunque legato in passato a Bouteflika, il suo lavoro di opposizione degli ultimi anni lo ha reso l’uomo da battere di questa tornata elettorale.
Per quanto riguarda le figure di Benflis e Tebboune, si tratta di membri storici degli esecutivi di Bouteflika, al quale non era stata rinnovata la fiducia da parte del Presidente.
Candidato invece che può giocarsi la maggioranza relativa dei consensi è Azzedine Mihoubi, membro del governo uscente dal 2015 e fedelissimo di Bouteflika. Uomo di cultura rappresentante le élite dell’Algeria, la sua campagna elettorale è giocata sul mantenimento dell’ordine costituito e sulla condanna delle manifestazioni che hanno avuto luogo nel paese per tutto il 2019. Una sua rielezione significherebbe tornare sui propri passi e riprendere le politiche interne da dove erano state lasciate.
Il nuovo volto dell’Algeria
Questa tornata elettorale può significare davvero un punto di svolta per il paese del Nord Africa. Mentre da un lato le politiche di Stato sono sempre state in grado di arginare gli estremismi religiosi, dall’altro non sono state in grado di rilanciare adeguatamente l’economia del paese, nonostante la transizione da economia socialista ad economia di mercato iniziata l’ultimo decennio del secolo scorso. Su queste basi si gioca la partita della credibilità a livello internazionale. Avendo infatti un’economia fondata principalmente sull’esportazione di petrolio e di gas naturale, cui durata nel tempo è limitata, un piano di sviluppo per i decenni a venire in grado di diversificare gli investimenti del paese è il pilastro fondante che accomuna ogni candidato. Sarà forse soprattutto la loro credibilità verso il resto del mondo e soprattutto dei paesi aderenti alla Lega Araba la chiave di volta per vincere le elezioni del prossimo 12 dicembre.