A Hong Kong la situazione è ormai fuori controllo. Le autorità locali, con la governatrice Carrie Lam in primis, non sono state in grado di gestire le proteste contro la legge sull’estradizione in Cina, mentre da Pechino non sono arrivate indicazioni di alcun tipo, quasi come se Xi Jinping non volesse sporcarsi le mani con un tema caldissimo, per altro sorto nello stesso periodo in cui si celebrava l’anniversario di Piazza Tienanmen. I manifestanti, dal canto loro, hanno approfittato degli errori commessi dalla politica hongkonghese per estendere la loro protesta all’intero sistema cinese. Se in un primo momento a scendere nelle strade di Hong Kong erano persone contrarie all’approvazione della legge sull’estradizione, oggi la polizia si trova di fronte gruppi di facinorosi che applicano tattiche di guerriglia militare. E far tornare la calma nell’ex colonia britannica, adesso, è davvero un’impresa.

Troppi fronti da tamponare

I manifestanti di Hong Kong hanno cambiato tattica. Nelle scorse settimane solitamente i dimostranti si radunavano in piazze prestabilite per poi marciare nelle arterie nevralgiche della città; i cortei, inizialmente pacifici, potevano provocare degli scontri con le forze dell’ordine ma tutto era circoscritto in un’area ben definita. Adesso le manifestazioni stanno contagiando anche i distretti più lontani dal centro, come Yen Long. Quindi, mentre da una parte proseguono le proteste a Caseway Bay, il cuore dello shopping di Hong Kong, dall’altra nuove zone diventano teatro di scontri e violenze. Per le autorità diventa sempre più difficile tenere a bada i vari focolai che scoppiano contemporaneamente in aree tra loro distanti, perché la polizia deve difendere le sedi istituzionali ma anche evitare che i manifestanti possano danneggiare la città e che possano avvenire scontri tra dimostranti pro e contro Pechino.

La nuova tattica dei manifestanti

Questa volta, dopo essere già stato vandalizzato il 21 luglio, l’ufficio di collegamento di Pechino, nel centro finanziario di Hong Kong, si era preparato all’evenienza. Ieri un gruppo di manifestanti si è radunato nei pressi dell’edificio, ma questa volta il personale era protetto e l’emblema nazionale della Cina racchiuso in un pannello di plexiglas. La polizia, schierata a difesa dell’ufficio, è stata costretta a sparare gas lacrimogeni per disperdere la folla. L’attacco dei manifestanti non ha causato danni ma ha tenuta impegnata una parte di polizia, ed è proprio questa la nuova tattica adottata dagli oppositori hoongkonghesi. “Prima ci concentravamo su un solo obiettivo, ma adesso è diverso. È quasi una tattica di guerriglia” ha spiegato al South China Morning Post un giovane manifestante.

L’evoluzione della protesta

Insieme alle tattiche è l’intero movimento di protesta a essere cambiato. Inizialmente i dissidenti protestavano contro il disegno di legge di estradizione, ma ora che il progetto è accantonato le proteste hanno trovato nuovi pretesti per crescere d’intensità. In un secondo momento nel mirino dei manifestanti è finito l’intero governo di Hong Kong; a quel punto Carrie Lam c’ha messo la faccia chiedendo scusa per il comportamento violento tenuto dalla polizia e per un disegno di legge che non sarà portato avanti. Ma nemmeno questo è bastato a placare gli animi degli hongkonghesi, che sono passati direttamente alla terza fase criticando il sistema costituzionale della città, quell’ “un paese due sistemi” che per anni aveva garantito equilibro tra Cina continentale e Hong Kong. Per ora Pechino non è intervenuto nei disordini, ma se un’ipotetica quarta fase dovesse mettere al centro una palese critica contro la Cina stessa, allora l’esercito cinese potrebbe davvero scendere in campo. La pazienza sta finendo, come rivelano gli articoli pubblicati dal People’s Daily, che ha invitato la polizia di Hong Kong ad agire immediatamente e con forza per porre fine ai disordini e ripristinare l’ordine: “Non possiamo perdonare i trasgressori solo perché tengono alta la bandiera della libertà e democrazia o indossano il cappello della disobbedienza civile”.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.