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“Quando sorge il sole, tiriamo fuori le armi, tiriamo fuori i muscoli”, scrive Kimberly Matte su Instagram ai suoi 85mila follower. Anche se, come dice lei, fuori c’è il sole e la giornata è spettacolare, lei è in casa, indossa un minuscolo perizoma giallo e imbraccia un fucile grande quasi quanto le sue gambe. In quel post è riassunto il suo lavoro: Kimberly è un’influencer. Per un centinaio di dollari a foto e qualche prodotto gratuito pubblica ciò che le viene chiesto su Instagram e Facebook. Il suo profilo è pieno di selfie, di sue immagini in bikini o in lingerie di diversi marchi. Ma tra quelle foto ci sono anche altri tipi di “prodotti” che non siamo abituati a vedere nelle pagine delle influencer nostrane: pistole, fucili e munizioni. Il paradosso è che proprio lì, nella sua proprietà, adibita a set fotografico dei suoi shooting con le armi, è proibito sparare: la zona in cui vive è infatti una specie di riserva dedicata a cervi selvatici, di cui proprio Kimberly spesso si occupa. Eppure nel suo feed, che la stessa modella definisce come un “luogo in cui diffondere l’amore”, non c’è solo l’immagine di una bella ed eccentrica ragazza che ama mettersi in mostra. Kimberly fa parte delle “gun-influencer“. Un settore che è in rapida espansione nel mercato dei social network: grazie a loro, infatti, i produttori di armi raggirano i divieti di poter sponsorizzare armi su Instagram e Facebook.

A spiegare questo nuovo fenomeno è Kyle Clouse, direttore marketing di Liberty Safe, una società specializzata in casseforti per armi da fuoco: in un’intervista a Vox, Clouse ha raccontato come queste ragazze permettano alle aziende del settore di sviare le restrizioni presenti nelle piattaforme di Mark Zuckerberg. Non solo: il messaggio pubblicitario, con le loro foto, finisce per essere molto più immediato e diretto a un pubblico concreto. Kimberly Matte non è però sola, oltre a lei ci sono dozzine di ragazze che vivono grazie a questo tipo di pubblicità. Alcune sono amanti della caccia, altre sono tiratrici sportive professioniste e, addirittura, nel mercato delle “gun-influencer” c’è spazio anche per ballerine e calciatrici. Ad accomunarle tutte non ci sono solo munizioni e pistole, ma un’arma altrettanto efficace: grazie al loro seguito, infatti, sono in grado di superare quella barriera che proibisce ai produttori di armi di fare pubblicità su Instagram.

Un altro caso interessante è quello della Gunship Helicopters (una società di Las Vegas con cui è possibile sparare da un elicottero) e DeAnna Waddell, che ha iniziato a lavorare nel marketing della società appena un anno fa. Come è facilmente immaginabile, da queste parti del Nevada, il concetto di stranezza ha confini molto ampi e spesso coincidono con quelli del divertimento sfrenato. Quando Waddel è stata assunta, si è resa conto che l’azienda non stava facendo nulla per pubblicizzarsi su Instagram, sostenendo che “ci sono molte belle donne che amano le armi e potrebbero rendere questo posto il più sexy del mondo”. Detto, fatto: nel giro di 12 mesi, i profili social di Gunship Helicopters hanno subito un restyling in versione “Playboy” con una conseguente crescita di follower.

Wadell sottolinea che la pubblicità sui social non sarebbe possibile senza queste influencer. “Alla piattaforma non interessa questo tipo di prodotto – spiega a Vox -, tutti in questo campo per lavorare cercano di evitare le limitazioni imposte da Facebook, Instagram e, in misura minore, da YouTube”. Ecco perché scorrendo sul feed di Instagram, vi accorgerete che non vi apparirà mai un post in tema armi con la banda animata che recita “Contenuto sponsorizzato”, ma potrete imbattervi allo stesso modo in una procace modella che imbraccia un fucile semiautomatico. Inoltre, le “gun-influencer” permettono di dar visibilità a quella fetta di mercato che comprende non solo armi, munizioni o esplosivi, ma anche fucili paintball, gas lacrimogeni, coltelli (non da cucina), pistole elettriche, manganelli, così come una vasta gamma di accessori per l’autodifesa. Il tutto nasce nel momento in cui si decidere di effettuare una sponsorizzazione. Se le aziende decidono di destinare l’annuncio esclusivamente ai maggiorenni 18 anni, ai marchi è concesso promuovere, tra le altre cose, cassette di sicurezza per pistole, fondine o visiere. Ma bisogna fare attenzione: quando si cerca di creare una sponsorizzazione per Instagram, prima della sua pubblicazione, il post deve essere approvato dal centro di controllo della piattaforma.

Instagram e Facebook controllano quindi i link ai siti, le immagini postate dalla pagina in questione, ma soprattutto il messaggio. Per questo, anche se si vuol promuovere una cassetta di sicurezza per pistole – che sarebbe permesso – se il del messaggio dell’annuncio suona come: “Mi piacciono i fucili e penso che tutti dovrebbero usarli”, la sponsorizzazione viene negata. Ecco perché Clouse dice che all’inizio pubblicavano le foto delle loro casseforti aperte con le armi all’interno, ma ogni volta che cercavano di promuoverle, si vedevano respingere la richiesta di sponsorizzazione. Ora, invece, grazie alle “gun-influencer”, riescono a pubblicizzare le stesse casseforti – ma chiuse – facendovi posare accanto le modelle che imbracciano grandi fucili. E non è tutto. Quello che maggiormente attira gli inserzionisti verso queste “gun-influencer” è la loro autenticità. Più sono impegnate per la causa, più forte sarà l’impatto che avranno le aziende sui propri follower. In alcuni casi, alcune modelle arrivano a dire che i propri figli, vivranno circondati da ogni tipo di arma – come si può leggere in una foto condivisa dalla “gun-influencer” Charissa Littlejohn quando era incinta.

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