Il Giappone è un Paese dove il tasso di disoccupazione si aggira intorno al 2,5%, cioè il valore più basso degli ultimi 25 anni nonché il più basso al mondo. Potrebbe sembrare un paradosso, eppure Tokyo soffre di una grave carenza di manodopera. Anni di errate politiche e dinamiche sociali irreversibili hanno spinto Shinzo Abe a lanciare una proposta particolare. Il governo ha infatti esortato le aziende a estendere la pensione dei loro dipendenti fino a 70 anni. Colpa di una popolazione sempre più vecchia e priva di un adeguato ricambio generazionale.
Una popolazione over 65
Ma cosa sta succedendo al Giappone? Spiegato in poche parole, quasi tutti i giapponesi hanno un’occupazione ma la maggior parte di loro è prossima alla pensione. Il guaio è che alle aziende mancano forze fresche perché quella nipponica è una popolazione sempre più vecchia ogni anno che passa. Senza nuovi innesti da inserire nel mondo del lavoro, l’economia del Paese rischia di fermarsi. Per bloccare un processo disastroso Tokyo aveva di fronte a sé due scelte.
I lavoratori stranieri non sono la soluzione
La prima era quella di aprire il Giappone all’immigrazione. Tanti lavoratori asiatici sarebbero stati disposti a trasferirsi nell’isola per dedicarsi a qualsiasi mansione pur di uscire dalla povertà. Niente da fare, Abe non ha aperto nessuna porta; semmai ha liberato una piccola fessura dal quale è potuto passare un numero limitato di lavoratori stranieri. La seconda scelta, quella che alla fine applicherà Tokyo, si basava sull’innalzamento dell’età pensionabile dei lavoratori autoctoni; così sarà, visto che le imprese sono state sollecitate a estendere l’età pensionabile dei dipendenti.
L’età pensionabile slitterà presto a 70 anni
L’età pensionabile in Giappone è fissata a 65 anni, anche se molte imprese stabiliscono il limite a 60. Molto presto l’asticella potrebbe legalmente salire fino a 70 anni. Per il momento Abe ha soltanto lanciato un appello alle aziende, ma il governo giapponese l’anno prossimo prevede di presentare una proposta di legge al parlamento. Attualmente, dunque, non scatterà alcuna sanzione se i datori di lavoro non confermeranno i dipendenti più anziani o se questi si rifiuteranno di continuare oltre i 65 anni.
Numeri da incubo
Arrivare a una soluzione così drastica era l’unico modo per arginare una feroce crisi demografica. I numeri sono sconcertanti. Il Giappone ha circa 126 milioni di abitanti e uno su quattro supera i 65 anni. Allargando la lente sui lavoratori si scopre che su 66 milioni di tute blu ben il 13% appartiene alla fascia over 65. Una proiezione da incubo prevede che entro il 2030 a Tokyo mancheranno 6 milioni di lavoratori, con un conseguente tonfo economico.
Gli anziani di nuovo al centro
Se molti Paesi occidentali, per far fronte a problemi simili, hanno scelto sia di alzare l’età pensionabile che aprirsi all’immigrazione, il Giappone ha optato solo per la prima strada: valorizzare l’esperienza dei lavoratori più anziani. I lavoratori stranieri, per il Giappone, sono anzi un problema da contenere, principalmente per motivi identitari e culturali. La scelta di Shinzo Abe in parte è utilitaristica ma racchiude anche un’idea che sta a cuore al popolo giapponese; cioè non considerare gli anziani fardelli ma punti fermi della società, grazie alla loro saggezza ed esperienza.