L’industria del sesso rappresenta per il Giappone uno dei settori più remunerativi. Qui il sesso è declinato in tutte le sue forme. Si va dal classico film a luci rosse ai cartoni animati, dai fumetti a perversioni sconosciute al mondo occidentale (e presto capiremo perché). Ma la dietro l’apparente goduria si nasconde spesso una tragedia. Da diversi anni la polizia nipponica ha registrato pericolose zone d’ombra nel mercato del porno di Tokyo e dintorni. Sempre più ragazze – molte delle quali provenienti dall’est Europa – sono vittime della Yakuza e si trovano costrette a prostituirsi in locali per adulti. La cosiddetta “mafia giapponese” ha fiutato l’affare e messo i suoi tentacoli attorno alla pornografia locale. Con ricatti, violenze e, se necessario, omicidi.

La pornografia giapponese: più che un fenomeno sociale

Per capire di cosa stiamo parlando bisogna prima spiegare i due temi che si intrecciano lungo questa vicenda. Ossia: il mercato del sesso giapponese e la Yakuza. L’industria del porno made in Japan fa registrare numeri da capogiro e si stima possa valere più di 20 miliardi di dollari, con guadagni di 24 bilioni all’anno. Secondo alcune statistiche, il Paese produce il doppio dei film a luci rosse degli Stati Uniti. Giusto per capirsi: in Giappone escono oltre 5.000 titoli all’anno, quindi circa 14 pellicole pornografiche al giorno. Un’altra pillola statistica aiuta a inquadrare ancora meglio l’importanza di un fenomeno sociale poco affrontato. Il Giappone – dietro alla Corea del Sud – è il secondo Paese al mondo per la quantità di soldi spesi dai suoi cittadini per l’intrattenimento hard.

Le rigide leggi sulla moralità…

Tuttavia in Giappone vigono leggi rigidissime in materia di moralità. Fino alla metà degli anni ’90 era considerato osceno mostrare peli pubici e genitali degli adulti, anche all’interno della stessa pornografia. Resta in atto l’articolo 175 del codice penale del 1907, secondo cui “una persona che distribuisce, vende o visualizza in pubblico un documento osceno, disegno o altri oggetti deve essere punita con la reclusione con lavoro per non più di 2 anni, una multa di non più di 2.5000.000 yen”. Perché, dunque, stando così la legge in Giappone si vendono una marea di anime e manga hentai (pornografici) e l’industria del sesso va a gonfie vele?

… e le tante zone d’ombra

Come spiega dettagliatamente il giornalista Jake Aldestein, in Giappone c’è una sottile linea d’ombra. Le autorità tollerano ogni allusione sessuale fin tanto che non vi sia un effettivo rapporto sessuale tra i soggetti. Quindi via libera ad annunci con donne nude su giornali, cartelloni e pacchetti di fazzoletti, locali a luci rosse e altre trovate simili – i fumetti e i film, invece, proponendo un rapporto completo, sono censurati. I locali, in particolare, sono numerosissimi e vi sono interi quartieri di Tokyo che fanno impallidire il distretto a luci rosse di Amsterdam, Kabukicho su tutti.

Al loro interno uomini di ogni età si rilassano con quello che offre la casa. Le ragazze non possono per legge offrire un rapporto completo ai clienti, ma possono concedersi in perversioni di ogni tipo. Situazioni ed esperienze che vanno dai parchi tematici sessuali, al feticismo, a giochi di ruolo di ogni tipo.

Allarme schiavitù sessuale

Nonostante i divieti molte ragazze offrono interamente il proprio corpo in rapporti completi. In quel caso la polizia ha il potere di chiudere il locale su due piedi e punirne i gestori. Sono loro che subiscono la pena: non le lavoratrici, neppure i clienti. È proprio l’applicazione approssimativa della legge ad alimentare involontariamente la schiavitù sessuale, con la Yakuza in prima fila per ottenere appetitosi dividendi di un mercato che non conosce crisi. Oltre alle giapponesi, sempre più donne occidentali vengono truffate da annunci fasulli e costrette a lavorare come schiave del sesso in locali a luci rosse.

Il ruolo della Yakuza

Le ragazze, per lo più dell’est Europa, vengono attratte da apparenti gentiluomini giapponesi con proposte di lavoro allettanti. I più gettonati: cameriera, donna immagine e altro ancora in locali di lusso frequentati da una clientela elitaria. Insomma, niente a che fare con il sesso. I datori di lavoro – in pratica la Yakuza – si incaricano di preparare tutte le pratiche burocratiche. Ma una volta messo piede in Giappone – con un visto turistico e non lavorativo come necessario – alle ragazze vengono confiscati i documenti. E scatta subito il ricatto: offrire il proprio corpo e consegnare un’ingente parte del guadagno oppure qualcuno farà una soffiata alle autorità. Senza la dovuta documentazione, le schiave del sesso rischiano l’arresto immediato. L’industria del sesso, però, non può fermarsi di fronte a niente e nessuno.