Il Giappone ospita sul proprio territorio circa 54 mila americani tra soldai e personale civile, e quello nipponico è il Paese straniero che ne ospita di più al mondo. La missione principale di questi soldati è mantenere la pace nel Pacifico, un’area turbolenta che in passato è stata teatro di sanguinosi confronti. La metà è situata nella prefettura dell’isola di Okinawa, che conta la più elevata concentrazione di basi militari statunitensi dell’intero Giappone, ospitandone i due terzi complessivi. Negli ultimi decenni la popolazione locale ha mostrato evidenti segni di frustrazione per una presenza non più gradita a causa di svariati problemi: di sicurezza, visto che il personale americano è stato coinvolto in numerosi casi di aggressioni e perfino omicidi, di inquinamento acustico per colpa degli aerei e di convivenza, con tutte le difficoltà nell’assimilare due culture troppo diverse tra loro. In realtà il motivo principale del risentimento del popolo giapponese nei confronti dei soldati stranieri è da ascrivere allo spirito nazionalista dei nipponici. Uno spirito rianimato gradualmente dal primo ministro Abe Shinzo, che da una parte è tutt’ora costretto a mantenere buoni rapporti con Washington, ma dall’altra è stufo di essere considerato una marionetta in mano agli Stati Uniti.
Americani a Okinawa
Intanto a Okinawa da mesi si parla della costruzione di una nuova base per ospitare l’esercito americano. Alcune stime, come racconta il South China Morning Post, suggeriscono che il progetto richiederà quattro anni in più del previsto oltre a 23,61 miliardi di dollari aggiuntivi che si sommano ai 350 miliardi iniziali. Questo blocco ritarderà il trasferimento già panificato di migliaia di truppe americane (comprese le rispettive famiglie) in altre aree dell’Asia. Ad esempio circa 5 mila soldati in stanza a Okinawa sono pronti per trasferirsi a Guam, altri nelle Hawaii, in Australia e in Corea del Sud; altri ancora abbandoneranno la stazione aerea di Futenma per trasferirsi al Camp Schwab. Ma nessuno può spostarsi finché non si sbloccheranno i lavori per il recupero della baia di Oura, proprio dove dovrebbe sorgere la nuova struttura. Gli ingegneri hanno visto che il fondale marino era troppo morbido, quindi le attività di costruzione sono state interrotte.
Cosa vuole Tokyo
Pare che nel periodo compreso tra il 2014 e il 2016 i funzionari locali furono avvertiti dell’eccessiva morbidezza dei fondali, ma decisero comunque di far partire i lavori pur di togliersi di mezzo gli americani. Adesso, per rendere l’area edificabile, serviranno tra i tre e gli otto mesi in più rispetto al copione. Attenzione però alla popolazione locale, che vorrebbe l’allontanamento effettivo degli americani da Okinawa e non solo il loro trasferimento da una zona a un’altra. Anche perché il governatore del posto, Denny Tamaki, è sulla stessa lunghezza d’onda degli abitanti dell’isola. Il Giappone profondo, oltre a recidere per sempre il cordone ombelicale con gli Stati Uniti, ambisce a riformare l’articolo 9 della Costituzione pacifista, che impone al Paese il divieto di possedere un esercito, se non per soli fini difensivi. Considerando che Tokyo deve fronteggiare la minaccia cinese, la Corea del Nord e pure un certo ostracismo di Seul, continuare a perdere tempo con le solite, vecchie questioni, non è affatto utile.