L’aumento esponenziale dei casi di Covid in Cina potrebbe avere serie ripercussioni sul resto del mondo, Europa compresa. La situazione epidemiologica oltre la Muraglia è tanto delicata quanto semplice da spiegare. Basta accendere i riflettori su tre punti chiave.
Il primo: il tasso di diffusione del Sars-CoV-2 nel Paese appare inarrestabile. Sun Yang, vicedirettore del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, ha affermato in un briefing sulla salute che, nei primi 20 giorni di dicembre, circa 250 milioni di cinesi – o il 18% della popolazione del gigante asiatico – sono stati contagiati dal Covid. Lo scorso martedì, il Financial Times ha parlato di 37 milioni di contagi in un solo giorno.
Il secondo punto riguarda le ripercussioni che questa situazione sta avendo sulla società cinese. Poiché sempre più persone sono contagiate, in alcuni settori economici è venuta a mancare la forza lavoro. Il tutto in un momento “critico”, a ridosso del Natale, e cioè quando gli ordini dei clienti internazionali e le spedizioni dei prodotti made in China raggiungono picchi record. Ci sono città e aziende che hanno addirittura elevato all’ennesima potenza la convivenza con il virus, consentendo ai lavoratori infetti, ovviamente da forme lievi o lievissime del Covid, di poter continuare a lavorare come se niente fosse.
È accaduto, ad esempio, nella tentacolare metropoli di Chongqing, dove le autorità hanno diramato un comunicato sul sito dell’amministrazione comunale: “I dipendenti asintomatici e leggermente malati del Partito Comunista e delle organizzazioni governative a tutti i livelli, imprese e istituzioni possono andare a lavorare normalmente dopo aver adottato le misure protettive necessarie per il loro stato di salute”.
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Ansia e paura
E pensare che, solo fino a qualche settimana fa, contrarre il Covid in Cina coincideva con una quarantena rigidissima, nonché con l’obbligo di trascorrere soggiorni indeterminati in appositi centri e l’inconveniente di assistere a blocchi di interi quartieri o palazzi residenziali per una manciata di casi, anche asintomatici. Nonostante l’inversione di marcia, tuttavia, sono pochi i lavoratori contagiati coraggiosi che decidono di tornare in fabbrica o in ufficio.
Arriviamo così al terzo punto chiave: la paura, appunto, che sta spingendo milioni e milioni di cinesi, non addestrati a dovere a convivere con il virus e terrorizzati dalla remota possibilità di infettarsi, a fare le corse per accaparrarsi quanti più farmaci possibili. Poco importa se la quasi totalità degli infetti è asintomatica o paucisintomatica: l’enorme domanda di forniture mediche, anche a fronte di problemi oggettivamente banali, ha raggiunto vette insostenibili.
Come avevamo anticipato lo scorso 17 dicembre, le farmacie stanno esaurendo i medicinali. In seguito all’intervento delle autorità sono riapparsi alcuni medicinali esauriti, come il Lianhua Qingwen, una medicina tradizionale cinese usata per trattare sintomi del raffreddore. I farmaci mirati a ridurre la febbre risultano però ancora irreperibili o difficilmente irreperibili. Almeno, non nelle quantità richieste dai migliaia e migliaia di cittadini febbricitanti.
Conseguenze negative
Contagi in aumento, poca forza lavoro e carenza di medicinali: sono questi i vertici del triangolo che costringe la Cina ad affrontare il rischio di attraversare una possibile, grave, crisi sistemica. Si dirà: che cosa c’entra il resto del mondo con i problemi interni della Repubblica Popolare Cinese? Considerando che Pechino è il principale hub commerciale del mondo, che da qui partono tonnellate di esportazioni – Iphone e automobili comprese – dirette verso Europa e Stati Uniti, un contraccolpo cinese comporterebbe un conseguente contraccolpo occidentale.
Almeno, sia chiaro, in termini economici. E questo a causa della logistica in tilt, con corrieri e centri di spedizione congelati dal Covid, e dell’incapacità di numerose fabbriche cinesi di completare gli ordini richiesti per la presenza di pochi lavoratori. Il risultato è il danneggiamento delle più importanti supply chain globali.
Arriviamo, infine, al tema dei medicinali. La Cina ha requisito la produzione di forniture mediche in tutto il Paese, mentre milioni di cittadini lottano per ottenere farmaci di base per fronteggiare l’aumento dei casi di Covid. Secondo quanto riportato da AFP, per affrontare le carenze a livello nazionale, i funzionari hanno chiesto a più di una dozzina di aziende farmaceutiche cinesi di aiutare il governo a “garantire le forniture” di farmaci chiave. Wiz Biotech, un produttore di test rapidi dell’antigene della città meridionale di Xiamen, ha confermato che tutti i kit che producono saranno requisiti dal governo locale. Alcune autorità locali hanno istituito politiche di razionamento. Nella città di Zhuhai, i funzionari hanno dichiarato che sarà necessaria la registrazione di un documento d’identità per acquistare medicinali contro la febbre in più di 500 farmacie. I residenti sono stati autorizzati ad acquistare solo sei compresse a settimana.
Il collo di bottiglia delle forniture mediche cinesi sembrerebbe avere sia cause logistiche che di produzione. In ogni caso, come ha sottolineato la Bild, l’ombra della carenza di medicinali inizia ad allargarsi anche sull’Europa. In Germania le medicine per convivere con la febbre e gli sciroppi per la tosse, sono sempre più rare. Piccolo problema: Berlino non produce in loco questi prodotti ma è solito importarli dalla Cina. Dove, abbiamo visto, il governo è alle prese con una preoccupante carenza di medicinali.