Uno stadio pieno, misure di sicurezza molto alte e poi quel fischio d’inizio che sancisce il via della competizione: ad Il Cairo nella giornata di venerdì ha preso il via la Coppa d’Africa 2019, la competizione calcistica più importante del continente africano, seguita con attenzione dagli appassionati europei, ma vissuta in maniera molto intensa dalle popolazioni delle nazionali che vi partecipano.

Cosa vuol dire per l’Egitto ospitare la coppa d’Africa

L’ultima volta che l’Egitto organizza la competizione calcistica africana è il 2006. Sono passati 13 anni, ma da queste parti è come se fosse passato più di un secolo. Alla presidenza quell’anno vi è ancora Hosni Mubarack ed il suo potere appare solido ed incrollabile. Da allora sono cambiate tante cose: le primavere arabe del 2011, che in Egitto portano alla caduta proprio di Mubarack, la vittoria della fratellanza musulmana con Morsi nelle elezioni del 2012, le proteste contro quest’ultimo l’anno successivo e l’ascesa quindi al vertice del generale Al Sisi. Cambiamenti e trasformazioni che rendono questo ultimo decennio come uno dei più importanti dello storia recente dell’Egitto.

L’apertura del torneo, che l’Egitto ottiene il diritto di ospitare soltanto nello scorso mese di gennaio a seguito del forfait del Camerun, coincide poi con un altro passaggio delicato dell’attualità del paese africano. La settimana scorsa l’attentato di Al Arish pone ancora una volta in risalto il problema della sicurezza, con l’Isis e gli altri gruppi jihadisti ancora molto attivi soprattutto nel Sinai. Lunedì scorso invece, arriva la notizia della morte proprio dell’ex presidente Morsi. Una circostanza che alimenta la paura di possibili nuove tensioni nel paese. Ecco perché vengono disposti maggiori controlli nelle principali città, specialmente quelle che devono ospitare le gare della coppa.

Per adesso però la competizione sembra più motivo di opportunità pubblicitaria, per l’Egitto e per Al Sisi, che momento di preoccupazione. La prima giornata di gare è andata bene sia sotto il profilo organizzativo che sportivo: presso il National Stadium de Il Cairo, la nazionale egiziana davanti a 60.000 spettatori batte lo Zimbabwe nella partita d’esordio e riesce per una sera a far dimenticare tutte le varie preoccupazioni che attanagliano il paese. Nel 2006 ospitare la Coppa d’Africa porta bene all’Egitto: oltre a vincere ai rigori quell’edizione, per la nazionale dei “faraoni” si apre un ciclo di tre successi consecutivi nella competizione che riesce a rendere la squadra come la più titolata del torneo. Con la stella Mohammed Salah in campo, il cui nome risulta scritto in molte schede elettorali da quegli egiziani che nelle presidenziali del 2018 decidono di non esprimere la propria preferenza, i tifosi sperano in un nuovo trionfo casalingo. E lo spera senza dubbio anche lo stesso Al Sisi, visto che una vittoria ed un’organizzazione senza grossi inciampi del torneo lo vederebbero come primo beneficiario in termini mediatici.

Le tante storie africane pronte a svelarsi

E come in ogni competizione sportiva, specialmente quando è lo sport più popolare ad essere protagonista, non mancano le tante storie pronte a colorare ulteriormente questa coppa d’Africa 2019. Un torneo che per la prima volta si gioca in estate, andando quindi a “livellarsi” con il calendario delle più importanti competizioni internazionali, e che per la prima volta vede 24 squadre e non più 16 al via. C’è molta curiosità per vedere in campo alcune nazionali esordienti: in questo sabato ad Alessandria fanno il loro esordio, rispettivamente contro Nigeria e Guinea ed entrambe nel girone B, Madagascar e Burundi. Quest’ultima in particolare è la nazionale di uno degli Stati più poveri al mondo, dove la qualificazione alla coppa rappresenta uno dei pochi eventi capaci di far gioire in modo unitario una popolazione da sempre preda di tensioni e difficoltà.

E la curiosità di vedere in campo il Burundi aumenta considerando che la nazionale, contrariamente a molte altre squadre della rassegna, decide di non puntare su allenatori europei ma di fare tutto “in casa”: il commissario tecnico è Olivier Niyungeko, burundiano mai uscito dal suo paese e che spende l’intera sua carriera da allenatore tra squadre locali e nazionale. C’è anche curiosità per un’altra squadra molto più africana che europea, ossia la Tanzania: non è esordiente, ma manca dal torneo dall’edizione di Nigeria 1980. Anche questa nazionale propende per un allenatore africano, si tratta del nigeriano ex giocatore del Barcellona Emmanuel Amunike, mentre la squadra è formata da giocatori pescati quasi interamente dal locale campionato. Una scelta in controtendenza con molte delle altre federazioni calcistiche del continente, che invece mandano subito all’estero i propri talenti oppure completano le proprie rose con giocatori nati in Europa da famiglie emigrate.

E quella del superamento della “colonizzazione” in senso calcistico, è un’argomentazione sempre più sentita nell’ambiente sportivo del continente nero. Anche l’Angola, che per la verità dopo aver ospitato la coppa nel 2010 si presenta con strutture all’avanguardia (costruite dai cinesi) ed un campionato tra i più competitivi del sud Africa, prende gran parte dei giocatori in rosa dalle proprie squadre locali. Tra gli incroci curiosi di questa prima fase a gironi, spicca il “derby” sudafricano tra Namibia e Sudafrica, con i namibiani che incontrano in coppa l’ex nazionale di appartenenza a quasi 30 anni dall’indipendenza da Pretoria. Nel proseguo del torneo, non mancheranno anche partite dall’importante aspetto non solo sportivo ma anche politico. La coppa d’Africa quindi, si avvia verso settimane di intense emozioni sportive e di importanti momenti da far vivere a tifosi ed intere popolazioni.





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