Gli ultimi bollettini sui contagi e i decessi del nuovo coronavirus parlano chiaro: al 24 marzo la Germania conta quasi 24.500 casi mentre l’Italia più del doppio, 59.138. Al di là dell’abissale differenza del numero dei pazienti infetti, spicca il dato sui decessi: appena 94 in terra tedesca, addirittura 5.476 nel nostro Paese.

Calcolatrice alla mano, il tasso di letalità del Covid-19 a Berlino e dintorni si attesta intorno allo 0,38% mentre dalle nostre parti schizza al 9,26%, con picchi che sfondano il 12% in Lombardia. Tra le spiegazioni date, fino a pochi giorni fa, c’era quella della diversa demografia dei due Stati ma nel lungo andare questa ipotesi è evaporata come neve al sole visto il divario enorme di ogni valore epidemiologico.

Il motivo deve essere un altro. Ma quale? Nelle ultime ore è tornata a farsi strada la distorsione statistica. In poche parole la Germania farebbe molti più tamponi di noi e quindi non dovrebbe fare i conti con ingenti casi sommersi, gli stessi che farebbero invece crescere i numeri italiani. Anche qui, non ci sono controprove certe.

Numeri a confronto

Per care di capirci qualcosa in più è utile considerare un annuncio apparso sullo Stern lo scorso 19 marzo, in cui si spiega che “alla fine della scorsa settimana erano stati testati 167.009 campioni in 148 laboratori, di cui 6.540 positivi”. Come fa notare il quotidiano La Verità, il confronto con quanto accaduto nello stesso lasso di tempo in Italia è emblematico. Il 15 marzo la prevalenza di positivi al Covid-19 per 100mila abitanti ammontava a 7 in Germania e a 40,9 nel Belpaese.

Se le cifre del Dkg sono corrette, il numero di tamponi effettuati dal governo tedesco non è tanto più elevato del nostro. Le cifre parlano di 201,7 test ogni 100mila abitanti in Germania e 206,5 in Italia. Nello stesso giorno la letalità e la mortalità delle due nazioni era assai diversa: 0,22% degli infetti e 0,16 per milione di abitanti per quanto riguarda lo Stato tedesco e 7,3% e 29,9 milioni di abitanti per quanto riguarda il territorio italiano.

La distorsione potrà essere imputabile ai criteri diagnostici di morte? No, perché i tedeschi elencano tra i decessi sia i morti a causa del coronavirus sia quelli positivi la cui morte non può essere spiegata da altre condizioni.

Fasce di età: giovani e anziani

L’unica vera e grande differenza riguarda la distribuzione degli infetti nelle varie fasce di età. Il dato che ci interessa è contenuto nel rapporto del Robert Koch Institut. L’età mediana dei pazienti infetti da Covid-19 in Germania si aggira intorno ai 47 anni e, come se non bastasse, l’81,8% dei contagiati ha meno di 60 primavere.

E in Italia? L’Istituto superiore di sanità, in un report del 19 marzo intitolato “Epidemia Covid-19”, sottolinea come gli ultrasessantenni positivi siano il 56,3% della popolazione. Riassumendo quanto fin qui sostenuto, in Germania ci sarebbero meno decessi proprio perché il virus circolerebbe tra i più giovani mentre in Italia avrebbe colpito fin da subito la parte di popolazione più anziana, la stessa che è meno resistente al morbo. Da qui potrebbe essersi provocato un effetto a cascata: più anziani infetti in ospedale, maggiore rischio che gli istituti si trasformino in focolai e contagio assicurato per tutti.