Il coronavirus ha stravolto molti elementi della nostra vita. Ma non solo: l’emergenza ha dato una scossa senza precedenti al mercato dei vaccini. In che modo? Le più importanti aziende produttrici di sieri si sono ritrovate in una posizione di secondo piano, lasciando spazio a quelle finora rimaste poco conosciute. Un cambiamento che non è solo economico ma che ha a che fare con la nuova tecnologia.
L’attività delle aziende farmaceutiche prima del Covid
Vaccini antinfluenzali assieme a quelli contro la varicella o il morbillo, fino al 2019 hanno rappresentato il motore trainante delle più importanti case farmaceutiche. La produzione di questi sieri ha costruito le solidi basi delle aziende, divenute dei colossi nell’ambito della prevenzione delle malattie più gravi. I vaccini, dopo i farmaci oncologici, per le multinazionali del settore hanno costituito un vero pilastro. Non è un caso se, in prossimità della fine del 2019, tre società in particolare sono riuscite a tracciare un bilancio più che positivo grazie ai ricavi derivanti dalla vendita di numerosi lotti.
Il riferimento è all’inglese GlaxoSmithKline, all’americana Merk e alla francese Sanofi. Quando il 29 ottobre 2019 la Merk ad esempio ha pubblicato i suoi bilanci, è emerso ad esempio che il vaccino anti-HPV Gardasil ha fatturato ricavi pari a 1 miliardo e 320 milioni di Dollari nel terzo trimestre 2019 e 3 miliardi e 44 milioni di dollari dal primo gennaio. Un incremento inaspettato rispetto al 2018 e superiore del 34%. Altro risultato importante che rispetto al 2018 ha fatto registrare un fatturato del +36%, è stato quello relativo al vaccino a virus vivo mprv ProQuad, al trivalente MMR II e all’antivaricella Varivax. Questi ultimi hanno determinato un’entrata di 623 milioni di dollari nel terzo trimestre 2019 e 1 miliardo e 794 milioni dal primo gennaio.
Dati più che favorevoli rispetto alle aspettative anche per la GlaxoSmithKline, la cui vendita di vaccini ha consentito, sempre nel 2019, un fatturato di 2 miliardi e 308 milioni di sterline con un incremento del 23% rispetto all’anno precedente. Tra le dosi che ne hanno consentito gli incassi risultavano quelle del nuovo vaccino ricombinante adiuvato antiherpes zoster Shingrix, l’antimeningococco di tipo B Bexsero e i trivalenti antidifterite-tetano-pertosse Infanrix, Pediarix e Boostrix. In quel contesto, a registrare dati inaspettatamente negativi è stata soltanto la Sanofi la cui vendita dei vaccini antinfluenzali Vaxigrip, Fluzone HD e Fluzone, nonostante i dati positivi del primo trimestre che hanno spinto a continuare sulla scia intrapresa, ha fatto chiudere l’anno con un calo del 9.8%.
L’arrivo della pandemia mette tutto in discussione
Il 2019 si è chiuso quindi con delle certezze per alcune case farmaceutiche mentre, per altre, con la necessità di mettere in campo un’analisi per individuare gli errori che hanno causato un calo del fatturato. Nessuno poteva invece immaginare che da lì a poco, tutto sarebbe stato messo in discussione dall’arrivo del coronavirus. Il nuovo virus ha azzerato le partite vinte e quelle perse dai colossi del settore farmaceutico. Nulla da quel momento è stato più scontato. Per GlaxoSmithKline, Merck e Sanofi è iniziato l’affanno dietro alla corsa degli eventi e alla rivoluzione dei vaccini determinata dalla necessità di intervenire in tempi rapidi.
Troppo poco tempo per studiare e mettere in campo un vaccino con le tempistiche tradizionali hanno spinto i ricercatori ad aprire una nuova via. Proprio in questo contesto si sono fatte spazio le aziende di biotecnologia come Moderna e BioNTech con un vaccino rivoluzionario. Non più l’inoculazione di una sostanza estranea, come un virus o un batterio, che permette all’organismo di produrre gli anticorpi e le cellule della memoria, bensì un vaccino a base di mRNA, ovvero la molecola contenente le informazioni genetiche specifiche per ogni essere vivente.
Di fronte alle nuove aziende che si sono fatte trovare pronte a fronteggiare la pandemia cos’è successo alle Big Pharma? La Merck ha abbandonato il suo programma diretto a sviluppare il vaccino, mentre Sanofi e GlaxoSmithKline sono ancora impegnate nella sperimentazione dopo aver avuto qualche intoppo. Ma per loro l’unica strada per recuperare terreno è dettata dalla collaborazione con aziende di biotecnologia. Sanofi ha intavolato rapporti con Translate Bio, mentre GSK con la tedesca CureVac. Non è un caso dunque che tra i colossi l’unico in grado di reggere l’impatto dell’emergenza Covid è stato il gigante americano Pfizer, ma la multinazionale già nella primavera del 2020 ha iniziato la collaborazione con BioNTech.
Com’è cambiato il mercato dei vaccini
Un cambiamento tecnologico che, nel corso di questi mesi contrassegnati dall’emergenza Covid, si sta traducendo anche in uno stravolgimento delle gerarchie economiche. Una vera e propria rivincita, come l’ha definita su IlSole24Ore Biagio Simonetta, delle startup contro i colossi del settore. I numeri parlano chiaro. In borsa nel 2020 l’azienda Novavax ha visto crescere il valore delle proprie azioni del 6.400%. Un boom raramente visto negli anni passati, specialmente in ambito farmaceutico dove il ruolo delle Big Pharma ha reso il mercato tradizionalmente statico. Crescite importanti sono state riscontrate anche per le altre aziende biotecnologiche. Le azioni di Moderna sono aumentate di valore di oltre l’850%, quelle di BioNTech invece del 190%.
Al contrario le tre grandi aziende produttrici di vaccino, proprio nell’anno dell’inizio della pandemia, nei mercati azionari hanno chiuso con il segno rosso: Glaxo, Merck e Sanofi hanno complessivamente perso tra il 10% e il 30%. Le aziende inizialmente “candidate” a fare la voce grossa nella produzione e distribuzione dei vaccini anti Covid, si sono ritrovate a dover limitare i danni evitando di perdere il più possibile. Segno quindi di un cambiamento dei tempi, di un altro importante e non certamente secondario stravolgimento causato dal coronavirus. L’andamento riscontrato nel 2020 sui mercati azionari, potrebbe rispecchiare quello dei prossimi anni.
Le prospettive future
Le previsioni sulle forniture dei vaccini anti Covid guardano già al medio termine e non solo al breve. Secondo Airfinity, compagnia di monitoraggio delle analisi e delle informazioni economico – scientifiche, soltanto nel 2023 tutti i Paesi potranno vantare di aver terminato la campagna di vaccinazione. Dunque, il mercato dei vaccini contro il Sars Cov 2 potrebbe essere considerato prioritario ancora per almeno altri due anni. Chiaro quindi che il vantaggio attuale delle aziende impegnate oggi nella produzione, potrebbe consolidarsi anche nei prossimi mesi rendendo indelebile il cambiamento innescato dall’emergenza coronavirus. Secondo questa prospettiva, la guerra alla pandemia non ha fatto altro che anticipare il futuro.
Moderna, nella sue previsioni pubblicate poco prima dello scoppio dell’epidemia, parlava dell’arrivo della tecnologia mRNA nei vaccini entro quattro anni. Il mercato già oggi ha iniziato invece ad essere dominato dalla nuove modalità di produzione dei sieri e dai nuovi marchi. Da ora in avanti, gli scenari tradizionali riscontrati nel mercato farmaceutico fino al 2019 sono destinati ad essere definitivamente oltrepassati. Questo però soltanto a patto che le aziende affacciatesi sulla scena negli ultimi mesi siano in grado di imprimere ritmi importanti nella produzione. Perché i “nuovi” marchi hanno una capacità ben inferiore al fabbisogno attuale di vaccini anti Covid. Da qui al 2023 i colossi del settore, grazie alle proprie immense disponibilità economiche, potrebbero in qualche modo avviare una “rimonta”.