Il dottor Renzo Puccetti, accademico ed esperto di bioetica, che abbiamo già avuto modo d’intervistare per comprendere al meglio quale sia lo stato dell’arte della pandemia in Italia, è convinto che un nuovo studio, che è in via di revisione, possa fornire informazioni centrali sul da farsi. Si tratta di questa pubblicazione scientifica. Il tema centrale della ricerca è la contagiosità della variante Delta. Le caratteristiche delle ultime mutazioni del virus, le statistiche e il quadro nella sua generalità impongono, per l’esperto, un ragionamento sull’obbligo vaccinale, che per il medico dovrebbe essere imposto almeno ad alcune categorie anagrafiche.

Cosa dice il nuovo studio da lei citato sulla variante Delta e sulla capacità di “bucare” i vaccini?

Lo studio, che deve essere ancora soggetto a revisione, ma è già disponibile sulla piattaforma medrxiv, conferma ciò che già sapevamo: benché con minore probabilità, le persone vaccinate possono essere comunque infettate dalla variante Delta che anche in Italia è dominante. Quando ciò avviene, la carica virale nelle alte vie respiratorie raggiunge gli stessi livelli che si riscontrano nelle persone non vaccinate e resta agli stessi livelli per circa 4 giorni dal primo tampone positivo. È vero che nei vaccinati la carica virale si riduce più rapidamente e con essa la capacità di trasmettere l’infezione, nondimeno nelle infezioni dei vaccinati la carica virale può restare elevata per un periodo sufficiente a contagiare.

Dire che varianti “bucano” la protezione dei sieri non rischia di disincentivare la campagna vaccinale?

Sì, è così, ma è altrettanto vero che il miglior modo per contrastare i no-vax è dire sempre la verità: spiegare quello che sappiamo, quello che non sappiamo ancora e che le cose sono in movimento e possono cambiare. Quando prometti una cosa è poi non la mantieni, induci delusione, sconforto e perdi di credibilità.

Rischiamo di chiudere di nuovo se le persone non si vaccinano? 

Io sono molto preoccupato dei milioni che non si sono vaccinati pur essendo in una fascia di età a rischio, di quelli che oggettivamente non possono vaccinarsi e di quella percentuale, il 5-10% che non rispondono al vaccino. In Israele, che ha anticipato al massimo la vaccinazione, abbiamo una crescita delle infezioni gravi anche tra i vaccinati e l’ipotesi è quella di un indebolimento delle difese stimolate dal vaccino che si comincia a manifestare dopo 6 mesi per cui hanno avviato la vaccinazione con la terza dose degli ultrasessantenni. Credo che se anche noi vedremo l’incipit di un tale fenomeno, dovremo essere pronti a seguire il loro esempio”. Quindi anche i vaccinati – dice – possono contagiare.

Ma in misura diversa? 

Sì, in misura minore. I dati sul campo che giungono da Israele e Inghilterra, indicano un 40-60% di riduzione della probabilità di infezione tra i vaccinati.

Ma non conviene allora imporre l’obbligo vaccinale?

Guardi, abbiamo un numero limitato di vaccini e abbiamo poco tempo: da un lato abbiamo una categoria, i giovani, che sono a più basso rischio di complicanza grave, dall’altro una popolazione a rischio nettamente più elevato. Se avessi il potere di decidere, punterei tutto sui secondi varando per legge l’obbligo alla vaccinazione per le fasce più vulnerabili. Ed invece si è ricorso all’espediente del green pass che ha spinto alla vaccinazione i giovani e molto poco la fascia di età degli over 50.

Qual è lo scenario che pronostica per l’autunno?

Con le previsioni si sono scottati molti luminari. Ragionevolmente mi attendo l’istituzione di zone a vari colori con criteri più centrati sulla pressione sugli ospedali e meno sui contagi e complessivamente meno zone rosse. L’auspicio è quello di mantenere le forme gravi in un numero più contenuto rispetto a quello delle prime due ondate grazie ai vaccini e alle nuove terapie già approvate o in via di sperimentazione.

Come possiamo evitare nuovi lockdown?

Non so se riusciremo ad evitarli, ma possiamo senz’altro limitarli vaccinandoci, mantenendo le distanze, evitando dunque i luoghi affollati, eseguendo quanti più tamponi per il tracciamento dei contatti e per diagnosticare anche le forme con pochi sintomi e indossando correttamente le mascherine quando non possiamo evitare gli ambienti a rischio.