Il più famoso di tutti è il National Biosafety Laboratory, il laboratorio di Wuhan, in Cina, assunto agli onori delle cronache per un presunto collegamento della struttura – al momento non confermato da alcuna prova scientifica – con la diffusione della pandemia di Covid-19 nel mondo intero. Ma centri del genere, i famigerati laboratori BSL-4, ovvero i centri dotati del più alto livello di biosicurezza esistente, si trovano in ogni continente e a ogni latitudine, a eccezione dell’America Latina.
È all’interno di queste strutture che i ricercatori maneggiano quotidianamente i virus, molti dei quali letali e in grado di infettare, se non uccidere in pochi giorni, milioni di esseri umani. Siamo di fronte, ha scritto il South China Morning Post in un lungo reportage, alla “prima linea del mondo della virologia”, dove uomini e donne con addosso abiti da astronauti, più paia di guanti e altre protezioni varie, hanno il compito di decostruire il codice genetico di agenti patogeni mortali. La loro missione è una: sferrare contrattacchi ai virus usando vaccini e farmaci antivirali.
I BSL-4 sono laboratori fondamentali ma al tempo stesso costosissimi. Oltre alle spese di costruzione, le armi dei ricercatori, come ad esempio alcuni tipi di microscopi, possono arrivare a costare più di 500mila dollari ciascuno. Secondo alcune indiscrezioni il Robert Koch Institute di Berlino, in Germania, sarebbe costato 20 milioni di dollari soltanto per l’edificazione. Poi ci sono da considerare le spese annuali per mantenere protette e correttamente funzionanti le strutture: le stime parlano di spese che possono arrivare a sfiorare il 10% dei costi di costruzione.
Tra rischi e pericoli
Per capire la differenza che intercorre tra un laboratorio BSL-1, un BSL-2, un BSL-3 e un BSL-4 basta dare uno sguardo al vestiario utilizzato dagli addetti. In una struttura di primo livello di biosicurezza gli impiegati indossano un paio di occhiali protettivi, guanti e semplici divise da laboratorio. Niente a che vedere con un chi è addetto in un BSL-2, costretto a uno schermo visivo, guanti e giacche più resistenti. In questo secondo caso, inoltre, le fiale di virus non sono più disposte su un semplice tavolo ma racchiuse all’interno di una teca.
Il discorso cambia negli ultimi due tipi di laboratori. Nel BSL-3 i ricercatori devono indossare anche un respiratore, mentre il tavolo di lavoro diventa ancora più separato dai singoli individui. Arriviamo infine al BSL-4, ai laboratori con il più alto livello di protezione, dotati di restricted zone ed edifici isolati. Gli scienziati indossano una sorta di tuta pressurizzata e un casco protettivo, che li fa assomigliare ad astronauti. Prima di entrare in un BSL-4 i ricercatori devono spogliarsi interamente – niente è ammesso: neppure le lenti a contatto – indossare una tuta intera ed entrare in un bozzolo protettivo.
Altrettanto farraginosa è l’uscita dal laboratorio. Si esce dopo aver fatto due docce. La prima in una stanza grande quanto un armadio e con tenuta d’aria, dove il ricercatore viene spruzzato con il Micro Chem Plus, un detergente disinfettante usato nei BSL-4 di tutto il mondo. C’è un timer nella doccia. Una volta che le lancette raggiungono i sei minuti, la porta si sblocca e il ricercatore può togliersi le due tute, che in un secondo momento vengono lavate e riutilizzate. A quel punto scatta una seconda doccia e l’ingresso negli spogliatoi.
I BSL-4 nel mondo
Va da sé che i rischi all’interno di un simile laboratorio sono enormi. Basta una piccola svista di un ricercatore, un incidente, un errore umano per provocare un vero e proprio disastro. Possono rimetterci i singoli addetti oppure – eventualità ancora più nefasta – i virus possono fuoriuscire dalle strutture e contagiare gli esseri umani che vivono all’esterno.
A livello globale, secondo un rapporto dell’Oms del 2017, troviamo 54 laboratori BSL-4, tra quelli in funzione o in fase di costruzione. Gli Stati Uniti guidano la classifica dei Paesi con più strutture ad alta sicurezza, con ben 10 BSL-4 operativi. La Cina ha due centri: uno a Wuhan e l’altro ad Harbin, nel nord del Paese. In Europa la Germania può contare su tre BSL-4 attivi e uno in fase di costruzione; il Regno Unito ne ha quattro, con uno programmato. Seguono la Francia (1), l’Italia (2), la Svizzera (2), l’Ungheria (1), l’India (1), l’Australia (2, uno in costruzione). I laboratori BSL-4 servono ai rispettivi Paesi (e non solo) ogni volta che c’è da affrontare un’epidemia o si richiede necessario sviluppare vaccini o test. È tuttavia fondamentale che sia garantita la loro corretta manutenzione.