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Un’epidemia nel bel mezzo di una pandemia, e per giunta in uno dei Paesi che meglio sta contenendo il Sars-CoV-2. È questo il doppio paradosso con cui deve fare i conti la Danimarca, nuovo osservato speciale d’Europa. Già, perché Copenaghen, che al momento, dall’inizio dell’emergenza, conta poco meno di 60mila casi e quasi 800 morti, è stata costretta a lanciare un inaspettato allarme per la comparsa di un ceppo di Covid-19 correlato ai visoni.

Ad ora sono 12 le persone colpite da questa particolare mutazione del virus, 11 nel nord e una nella Danimarca occidentale. Lo spauracchio degli esperti è che la diffusione di una variante del coronavirus possa rendere vane le ricerche sul vaccino e compromettere tutti gli sforzi fin qui fatti per frenare l’emergenza sanitaria globale. Il motivo è presto detto: il “nuovo” Covid-19 interverrebbe sull’organismo delle persone infette indebolendo la capacità dei loro organismi di formare gli anticorpi. E quindi mettendo a rischio l’immunità in vista di un futuro antidoto. A quanto pare, la malattia generata dal virus mutato non sarebbe grave ma pericolosa quanto basta per trasformare in carta straccia gli studi fin qui effettuati sul misterioso agente patogeno.

L’istituto di ricerca danese Statens Serum Institut non ha usato mezzi termini: “Nel peggiore dei casi, rischiamo che la pandemia ricominci da capo con sede in Danimarca”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), che “sta lavorando con le autorità danesi sulla ricerca e sugli sforzi per controllare il fenomeno”, ha fatto sapere che saranno necessari ulteriori studi per risolvere il rebus.

L’inferno degli allevamenti di visone

Nel frattempo il governo danese non ha potuto far altro che blindare le sette regioni in cui si sono concentrati i casi. Più di 250.000 persone nel nord della Danimarca sono entrate in lockdown. Ma da dove arriva la variazione mutata del coronavirus? Niente meno che dagli allevamenti di visone che si trovano un po’ in tutto il Paese, uno dei principali esportatori mondiali di pellicce di questo piccolo animaletto.

Il governo danese ha ordinato l’abbattimento di tutti i 15 milioni di visoni allevati nelle 1.139 fattorie della Danimarca. Lo State Serum Institute, ha sottolineato il Guardian, ha riscontrato dallo scorso giugno almeno 214 persone contagiate da versioni del coronavirus legate proprio ai visoni, anche se, come detto, finora solo 12 soggetti sono stati infettati dal ceppo mutato, riscontrato in cinque allevamenti. “Dobbiamo abbattere completamente questa variante del virus”, ha detto il ministro della Salute danese Magnus Heunicke non nascondendo la potenziale gravità della situazione.

E la situazione presente all’interno degli allevamenti di visone presenta le condizioni ideali per consentire la proliferazione dei virus. Proprio come nei wet market asiatici, abbiamo spazi strettissimi, gabbie ammassate l’una sull’altra e tanti animali disposti su lunghi corridoi, pronti per essere uccisi e trasformati in pellicce. Se aggiungiamo il liquame che talvolta bagna i pavimenti – dal sangue delle bestiole agli escrementi passando per altri liquidi – il contatto incessante tra gli allevatori e i visoni e le non sempre adeguate protezioni indossate dagli addetti, il gioco è fatto. Siamo di fronte a uno scenario perfetto per la zoonosi, ovvero il salto di specie.

Condizioni favorevoli

Per capire cosa potrebbe essere accaduto in Danimarca dobbiamo fare un passo indietro e spostarci in Olanda, nei pressi di Amsterdam. Qui, a giugno, si sarebbero registrati i primi “contagi incrociati” tra esseri umani e visoni. Dieurne, una municipalità di quasi 32mila abitanti, è stata teatro di due eventi singolari. In un allevamento di visoni sono stati segnalati casi di animali infettati dal virus Sars-CoV-2. Inoltre, due lavoratori dell’allevamento sarebbero stati contagiati dagli stessi visoni (il condizionale, come detto, è d’obbligo).

Immediata la risposta delle autorità: il ministro dell’Agricoltura olandese ha annunciato l’abbattimento di oltre 10mila visoni da allevamento nei luoghi in cui erano stati constatati casi. “Sulla base dei nuovi risultati della ricerca in corso sulle infezioni da virus Sars-CoV-2 presso allevamenti di visoni, è plausibile che si sia verificata un’infezione da visone ad essere umano. Sembra anche, da questa ricerca, che i visoni possano avere Covid-19 senza mostrare sintomi”, affermava il governo olandese lo scorso maggio. Adesso che la stessa situazione si è ripetuta in Danimarca – molto più grave dato il numero di visoni allevati – gli esperti stanno iniziando a studiare il fenomeno con una certa attenzione.

Dall’uomo al visone, dal visone all’uomo

L’ipotesi più plausibile è che un lavoratore di un allevamento, forse asintomatico, possa aver infettato un visone. A quel punto, complici le condizioni favorevoli (spazi stretti e affollati), il virus avrebbe colpito a ripetizione tutti gli animali presenti nelle gabbie. Nel corso delle settimane, contagio dopo contagio, il Sars-CoV-2 potrebbe aver subito qualche mutazione tale da renderlo leggermente diverso dalla sua forma iniziale. A quel punto un visone infettato dalla nuova variante potrebbe averlo restituito ai lavoratori dell’azienda.

Più di 50 milioni di visoni all’anno vengono allevati per la loro pelliccia, principalmente in Cina, Danimarca, Paesi Bassi e Polonia. Sono stati segnalati focolai negli allevamenti di animali da pelliccia in Paesi Bassi, Danimarca, Spagna, Svezia e Stati Uniti, e milioni di animali sono stati abbattuti. I visoni, come i loro parenti stretti furetti, sono noti per essere suscettibili al coronavirus e, come gli esseri umani, possono mostrare una serie di sintomi, fra cui anche la polmonite. Il visone si infetta dagli esseri umani. Ma il lavoro di indagine genetica avrebbe mostrato che in un piccolo numero di casi, nei Paesi Bassi e ora in Danimarca, il virus avrebbe compiuto il percorso inverso: dal visone all’uomo. Al momento sono in corso studi per scoprire come e perché i visoni siano stati in grado di diffondere l’infezione.

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