L’Asia è il continente dal quale si è diffuso il nuovo coronavirus. Il 2019-n-Cov, poi ridenominato Covid-19, è partito dalla megalopoli di Wuhan, in Cina, e da lì ha ormai toccato tutti i Continenti: dall’Europa all’Africa, passando per le Americhe. A rigor di logica, dal momento che l’origine della malattia è stata collocata nella provincia cinese dello Hubei, i vicini di casa del Dragone avrebbero dovuto essere i Paesi maggiormente colpiti dal misterioso agente patogeno.

Paradossalmente i dati della regione asiatica, tranne un paio di situazioni da bollino rosso, non sono così critici come ci si sarebbe potuto aspettare. Certo, è pur vero che resta in piedi un interrogativo grande come una casa al quale è impossibile dare una risposta: siamo sicuri che i numeri forniti da questi governi siano esatti? Il dubbio esiste eccome, visto e considerando che – giusto per fare alcuni esempi – le modeste capacità sanitarie di Vietnam, Cambogia e Indonesia potrebbero non consentire a quelle stesse nazioni di effettuare diagnosi su pazienti malati.

In ogni caso, basandosi sul quadro fornito dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dobbiamo subito focalizzare l’attenzione su Cina e Corea del Sud, i citati casi critici. Nelle ultime rilevazioni Pechino ha riportato 427 nuovi casi di coronavirus, una cifra inferiore ai 594 portati alla luce da Seul. Questa tendenza sembra confermare come la diffusione del Covid-19 si sia stabilizzata ad un livello più basso nel Paese dove l’epidemia è scoppiata; allo stesso tempo la Corea del Sud continua a preoccupare gli esperti per il continuo susseguirsi di persone infettate.

Corea del Nord sigillata

Poco distante da Seul, la Corea del Nord non ha annunciato ufficialmente alcun caso di pazienti contagiati dal coronavirus. Altre fonti parlano invece di un solo malato. Il quotidiano Rodong Sinmun continua a ribadire come “fortunatamente, la nuova infezione da coronavirus non è ancora entrata nel Paese”.

Pyongyang si è auto isolata in risposta alla propagazione del Covid-19, sigillando il confine con la Cina nonostante Pechino rappresenti per il governo nordcoreano la fonte primaria di commercio. Sospesi, inoltre, i voli e i servizi ferroviari con il Dragone e bloccati gli ingressi di turisti; quarantena di 30 giorni, invece, a tutti gli stranieri già presenti in Corea del Nord.

Nel frattempo, secondo quanto riferisce l’agenzia sudcoreana Yonhap, il leader nordcoreano Kim Jong Un ha spiegato che gli sforzi contro il coronavirus sono “una questione politica che avrà effetti sul destino della Corea del Nord” perché qualora l’infezione entrasse nel Paese “vi sarebbero gravi conseguenze”. In riunione con i vertici del partito, Kim ha poi dichiarato che “le misure vigorose adottate dal nostro partito e dal nostro governo sono le più sicure, affidabili e decisive che si siano mai viste”.

La situazione nel resto dell’Asia

In Giappone la situazione pare essersi stabilizzata dopo settimane di fuoco e polemiche relative alla gestione della nave Diamond Princess. Diversa, come detto, la situazione in tutto il sud-est asiatico. Qui non sono stati registrati focolai degni di nota, anche se questo potrebbe essere collegato all’impreparazione dei sistemi sanitari locali. Anche perché c’è un aspetto da considerare: questi Paesi hanno intensi rapporti commerciali con la Cina.

Eppure il Vietnam conta appena 16 casi: Hanoi ha addirittura ordinato a tutti i porti di frontiera con il Dragone di riprendere completamente le attività. In Cambogia, altro Paese in cui è massiccia la presenza cinese, si sarebbe fin qui registrato un solo contagio; il paziente risulta guarito. Tre casi nelle Filippine con due persone dimesse e un decesso; leggermente diversa la situazione in Thailandia (42), Malesia (25), Singapore (102), Taiwan (39) e Hong Kong (83). I dati sono in costante aggiornamento ma l’Italia, intanto, si avvicina già a quota 1000.

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