C’è un numero, tra i tanti diffusi in queste settimane contrassegnate dall’emergenza coronavirus, che secondo uno studio israeliano è quello da tenere maggiormente in considerazione: si tratta del 70. Esso rappresenterebbe il totale della durata di un ciclo epidemico di Sars Cov2 in tutti i vari Paesi colpiti dall’emergenza sanitaria. A rivelarlo è stato, in particolare, l’ex generale israeliano Isaac Ben Israel, capo del programma di studi sulla sicurezza dell’Università di Tel Aviv e presidente del Consiglio nazionale per le ricerche e lo sviluppo. Intervistato su Channel12, Ben Israel ha spiegato come sia possibile, in tutti i vari Paesi coinvolti dalla pandemia, scovare dei punti in comune nell’andamento della curva epidemiologica. A partire, per l’appunto, dal numero dei giorni che intercorrerebbero tra il primo e l’ultimo caso di contagio. Ed è proprio quest’indicazione ad essere risultata particolarmente interessante, specie per comprendere le possibili mosse in campo economico nel periodo successivo all’emergenza sanitaria.

Le fasi del ciclo epidemiologico

Secondo l’ex generale israeliano, come riporta Agenzia Nova, non ci sarebbero differenze tra i vari Paesi venuti a contatto con il nuovo coronavirus. A prescindere dalle misure messe in campo dai governi coinvolti, l’arco temporale in cui si sviluppa il virus Sars Cov2, responsabile della malattia Covid-19, non andrebbe oltre le otto o massimo nove settimane. In particolare, lo studioso dell’università di Tel Aviv ha notato una distanza temporale di 40 giorni dalla comparsa del primo contagio per il raggiungimento del picco, subito dopo l’andamento della curva epidemiologica vira nettamente verso il basso. Infine, l’ultima fase è quella che porta alla fine dell’emergenza dopo poco più di due mesi e dunque entro i fatidici 70 giorni. Per arrivare a questa conclusione, Ben Israel ha analizzato i dati dell’evoluzione del virus in diversi Paesi, a partire proprio da Israele: “L’incidenza dei pazienti è stata maggiore di giorno in giorno. Questo è avvenuto nelle prime quattro settimane, dopo la scoperta dell’epidemia in Israele”, ha dichiarato lo studioso. Successivamente, a partire dalla sesta settimana, si è assistito ad una progressiva diminuzione dei pazienti, un calo che sta proseguendo ancora oggi e che potrebbe portare, dopo l’ottava settimana, alla fine dell’emergenza nello Stato ebraico.

Ma, ha per l’appunto sostenuto Ben Israel, sarebbe così in tutto il mondo: “Sia nei Paesi in cui hanno adottato misure di chiusura come l’Italia – si legge nelle sue dichiarazioni rilasciate alla tv israeliana – sia nei paesi che non hanno avuto chiusure come Taiwan o Singapore, si nota un aumento dell’incidenza del virus fino alla quarta-sesta settimana e subito dopo una diminuzione, fino a quando scompare durante l’ottava settimana”.

Le misure per il dopo emergenza

Le conclusioni a cui è pervenuto l’ex generale israeliano sono apparse di un certo peso. Infatti, esse sembrerebbero dare scarsa rilevanza alle misure di distanziamento sociale prese dalla stragrande maggioranza dei governi coinvolti nella pandemia, compreso quello israeliano. In realtà, come ha specificato lo stesso autore dello studio, le decisioni volte a chiudere le varie attività sono risultate utili per salvare molte vite umane. Ben Israel ha citato il caso americano, in cui l’elevato numero di vittime è dovuto alla forte pressione subita da ospedali dove già da settimane scarseggiano i posti letto. Quindi contenere il virus è comunque importante per evitare la saturazione del sistema sanitario e dunque fare in modo di salvare più vite umane possibili.

Il punto focale però, consiste nel fatto che il ciclo del nuovo coronavirus è destinato a durare 70 giorni, a prescindere da ogni tipo di misura: “Malgrado sia chiaro come inizia l’epidemia e cosa sta causando l’aumento – ha infatti aggiunto Ben Israel – non è chiaro cosa ne sta causando la diminuzione”. In poche parole, così come il virus improvvisamente è comparso, allo stesso modo entro due mesi è destinato a scomparire: “Pertanto – ha dichiarato Ben Israel – propongo di porre fine alle chiusure immediatamente dopo la settimana in corso. Inizieremo ad aumentare la forza lavoro dal 15 per cento al 50 per cento e tra due settimane arriveremo al 100 per cento”. Il suo riferimento specifico è ad Israele, ma lo studio da lui proposto riguarda tutti i vari Paesi colpiti dalla pandemia. Visto e considerato, secondo il suo ragionamento, che il ciclo del virus non è destinato ad oltrepassare i 70 giorni, allora occorrerebbe subito dopo riavviare l’economia.

“Ciò che mi preoccupa è il danno all’economia – ha infatti concluso Ben Israel – A causa di questa chiusura stiamo pagando 100 miliardi di Shekel al mese”. Ripartire, secondo l’ex generale, è quindi la parola d’ordine. Senza dimenticare però tutte le precauzioni fin qui adottate: dalle mascherine da indossare obbligatoriamente, fino ai divieti di creare assembramenti. Le conclusioni di Isaac Ben Israel non hanno mancato di suscitare polemiche nel suo Paese. Infatti, c’è chi ha voluto sottolineare come, in realtà, anche dopo la fine dell’epidemia occorrerà osservare molta attenzione ad eventuali nuove impennate nella curva dei contagi. Inoltre, come dimostrato dal caso cinese, non è da sottovalutare l’impatto dei cosiddetti “contagi di ritorno“. In Israele, come nel resto del mondo, ci si divide quindi tra due distinte scuole di pensiero per il dopo emergenza: c’è chi vorrebbe un’immediata ripartenza dell’economia e c’è chi, dall’altra parte, invece sarebbe propenso soltanto una graduale ripresa delle attività.