Prosegue l’iter giudiziario di Paul Rusesabagina, il direttore dell’albergo delle Mille Colline che, durante il genocidio del Ruanda, ha salvato oltre 1200 persone dalla furia delle milizie hutu e che adesso è detenuto nel carcere di Kigali con 13 capi d’accusa a suo carico tra cui omicidio, terrorismo, finanziamento e fondazione di gruppi ribelli, incendio doloso e coinvolgimento di bambini in gruppi armati.
Accuse pesantissime all’interno di una vicenda che ha molte ombre e poche luci, e permeata di punti interrogativi a cui nessuno è riuscito sino ad ora a dare delle risposte. Rusesabagina, la cui storia ha ispirato il film del 2004 candidato all’Oscar Hotel Rwanda, è stato considerato l’Oscar Schindler africano e il suo nome è sempre stato associato a quello di un eroe, difensore dei diritti umani, che ha messo a repentaglio la propria vita per salvare intere famiglie in fuga dalla violenza genocidiaria. Oggi la giustizia ruandese lo dipinge invece come un sanguinario leader ribelle che, dall’esilio a Bruxelles e negli Stati Uniti, ha organizzato milizie e cospirato contro il presidente Paul Kagame. La domanda che sta echeggiando su tutti i più importanti media internazionali è se queste accuse abbiano delle fondamenta oppure se si tratti di una costruzione ad arte fatta dall’autoritario governo ruandese contro uno dei suoi oppositori più conosciuti a livello internazionale.
Come raccontato da Inside Over, già nel 1996 Rusesabagina aveva lasciato il Ruanda e, dal Belgio e gli Stati Uniti, Paesi in cui viveva, aveva iniziato una dura opposizione nei confronti del presidente Kagame, leader del Fronte patriottico ruandese e poi presidente del Paese dei Grandi Laghi, accusandolo di autoritarismo e di discriminazione nei confronti della popolazione hutu. Come le critiche di Rusesabagina si sono fatte più intense così hanno iniziato ad emergere sui quotidiani internazionali testimonianze e racconti di chi metteva in discussione la filantropia di Rusesabagina e lo accusava di aver speculato e tratto profitto dal genocidio. Accuse a distanza, insinuazioni e smentite si sono rincorse per anni e Ruseseabagina ha continuato ad essere una delle voci di dissenso nei confronti dell’esecutivo ruandese più conosciute e con maggior risonanza a livello internazionale, ma nessuno avrebbe mai immaginato che la schermaglia politica tra Rusesabagina e il governo di Kigali potesse avere come epilogo quanto avvenuto a inizio settembre quando Rusesabagina è stato tradotto in carcere in circostanze ancora poco chiare.
Il primo punto oscuro della vicenda riguarda infatti come l’uomo sia arrivato a Kigali. Secondo la ricostruzione fatta dal New York Times, il 26 agosto Rusesabagina è volato da Chicago a Dubai senza dare molte spiegazioni alla moglie: ”riunioni”. Arrivato a Dubai l’uomo ha trascorso soltanto sei ore nella città degli Emirati, poi è salito su un volo della GainJet, una compagnia di charter con sede in Grecia con cui Kagame ha contatti, convinto di volare alla volta del Burundi, dove, secondo quanto dichiarato dai suoi legali, Rusesabagina avrebbe dovuto incontrare il pastore Constantin Niyomwungere che l’aveva invitato per tenere una serie di incontri nelle chiese del Paese. L’aereo però non è mai arrivato a Bujumbura ma è atterrato il 28 agosto, poco prima dell’alba, a Kigali, dove Rusesabagina è stato rapidamente arrestato e condotto in carcere. Il capo dei servizi segreti del Ruanda, il generale Joseph Nzabamwita, ha definito l’accaduto “un’operazione meravigliosa” e i funzionari ruandesi che si sono occupati dell’arresto hanno spiegato che il vero motivo della visita in Burundi di Rusesabagina era quella di incontrare i membri dei gruppi ribelli e coordinare insieme a loro le attività insurrezionali. Il capo dell’intelligente ha inoltre aggiunto che sia gli Stati Uniti che il Belgio hanno collaborato e che il capo della Cia a Kigali e dell’intelligence belga si sono congratulati per l’arresto. Dichiarazioni però che sono state subito smentite dalle rappresentanze dei due Paesi e in una e-mail, un portavoce del servizio di intelligence belga, l’ Sgrs, ha detto che Claude van de Voorde, capo dell’ intelligence, “non si è mai congratulato con le autorità ruandesi” per l’arresto e intanto Human Rights Watch ha affermato che la detenzione di Paul Rusesabagina viola il diritto internazionale. Questo coacervo di contraddizioni e dichiarazioni fumose riguarda soltanto il come Rusesabagina sia arrivato in Ruanda, per quel che concerne i capi d’accusa la questione diviene ancor più nebulosa e intricata.
La base dell’accusa nei confronti di Rusesabagina da parte del governo di Kagame è che l’eroe del film Hotel Ruanda negli anni sia diventato un oppositore e un finanziatore di milizie ribelli che, dalle roccaforti delle montagne congolesi e burundesi, tramano per soverchiare e abbattere il governo di Kagame. Rusesabagina è un oppositore, questo è certo, è il leader di una coalizione di gruppi d’opposizione tutti in esilio, il Movimento ruandese per il cambiamento democratico (Mrcd), e questa sigla vanta anche un’ala armata il Fronte di liberazione nazionale (Fln). In un discorso a questi gruppi fatto tramite un video registrato nel 2018 Rusesabagina ha affermato che la politica in Ruanda ha fallito e ha aggiunto: “È giunto il momento in cui utilizziamo tutti i mezzi possibili per realizzare il cambiamento”. E poi:
È ora di provare la nostra ultima risorsa
Parole effettivamente ambigue ma dalla prigione l’uomo ha precisato che il suo non era un invito alla violenza ma alla lotta democratica e diplomatica smentendo qualsiasi accusa di avere legami con gruppi terroristici. Il video di Rusesabagina però non è stato girato e diffuso in maniera casuale ma la sua pubblicazione è avvenuta poco dopo che a giugno e luglio 2018 un gruppo di uomini armati ha effettuato una serie di attacchi in villaggi remoti nella foresta di Nyungwe, al confine meridionale del Ruanda con il Burundi, durante i quali sono morti diversi civili. Le autorità ruandesi hanno accusato l’Fln della strage e Rusesabagina di aver invitato alla sollevazione in armi con il suo videomessaggio dopo aver supportato e finanziato il gruppo irregolare macchiatosi delle stragi a Nyungwe. Rusesabagina ha dapprima dichiarato, come già precisato, che non c’era nessuna finalità nel suo video di invitare alla lotta armata poi , durante l’interrogatorio, ha negato di aver formato l’Fln, ma incalzato dalle domande ha ammesso di aver inviato circa 20mila euro al comandante dell’Fln Callixte Nsabimana – anch’egli sotto processo – spiegando però che si trattava di assistenza personale a un amico e non di sostegno ad attività ribelli.
Al momento Rusesabagina continua ad essere detenuto in carcere e la richiesta di essere liberato sotto pagamento di una cauzione per motivi di salute poiché il 66enne ex direttore dell’Hotel delle Mille Colline è sopravvissuto a un cancro, soffre di problemi cardiaci e di ipertensione, è stata respinta. “I problemi di salute portati dal signor Rusesabagina sono infondati poiché non si capisce come il fatto di essere in detenzione gli impedisca di accedere a tutte le cure mediche di cui ha bisogno”, ha detto il giudice.
Prosegue quindi una delle vicende giudiziarie e politiche africane più complesse e anche più sconvolgenti degli ultimi anni che quando arriverà a un epilogo contribuirà a far ulteriore luce su uno degli avvenimenti più orrendi del XX secolo: il genocidio del Ruanda.