“Sapevamo che il virus si trasmetteva da uomo a uomo. Ma, durante una riunione con i vertici dell’ospedale, ci venne ordinato di non dire niente”. A parlare, è un medico di Wuhan, la città cinese in cui, un anno fa, esplose il primo focolaio noto di Covid-19. A quanto pare, fin dall’inizio del dicembre 2019, le autorità locali sarebbero state a conoscenza sia della pericolosità del Sars-CoV-2 che della sua trasmissibilità da uomo a uomo. Eppure, avrebbero comunicato ai vari ospedali della città di non rivelare le notizie.

Soltanto il 20 gennaio 2020, e quindi a distanza di settimane dal primo caso registrato, la National Health Commission cinese comunicò al mondo intero che il misterioso virus apparso nella provincia dello Hubei era in grado di infettare gli esseri umani. Col senno di poi, è difficile dire con certezza cosa sarebbe potuto accadere se le autorità di Wuhan avessero subito reso note le caratteristiche del virus. Quasi sicuramente, il mondo intero – e quindi anche la Cina stessa – avrebbe potuto innalzare difese migliori contro quella che gli esperti hanno soprannominato “la pandemia del secolo”.

Il silenzio delle autorità locali

Ma che cos’è andato storto? Di chi è la colpa? L’inchiesta dell’emittente inglese ITV, Outbreak: The Virus That Shook The World, ha fatto luce su importanti zone d’ombra. Nel documentario, medici professionisti di Wuhan sono stati filmati di nascosto. Di fronte alle telecamere, hanno rivelato cosa è successo a cavallo tra il dicembre 2019 e il gennaio 2020. Molti di loro – come hanno raccontato nell’inchiesta – sapevano che le strane polmoniti apparse in città erano la conseguenza di un virus contagioso capace di trasmettersi tra gli esseri umani.

Nessuno, però, informò l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Che, il 12 gennaio, sosteneva ancora che non ci fossero prove evidenti della trasmissione da uomo a uomo di quella misteriosa malattia apparsa a Wuhan. Anzi: l’Oms era “rassicurata” dalla qualità delle risposte offerte dalla Cina. Il problema è che, in quei giorni, neppure il governo centrale cinese era probabilmente a conoscenza di quanto stava avvenendo a Wuhan. Il sistema cinese che collega il centro del potere, Pechino, alla periferia dell’ex Impero di Mezzo – in questo caso la citata Wuhan – era andato letteralmente in tilt a causa del silenzio delle autorità locali dello Hubei.

Ma perché restare in silenzio di fronte a un’emergenza sanitaria del genere? Si possono fare delle ipotesi analizzando il funzionamento del sistema politico cinese. Di solito, le autorità locali non vogliono creare grattacapi ai vertici della piramide. Nel nostro caso, probabilmente i funzionari di Wuhan pensavano di trovarsi di fronte a un problema di facile risoluzione. C’è stato un evidente errore di sottovalutazione; ci sono stati ritardi di comunicazione, uniti a incertezza e paura per qualcosa che nessuno aveva mai visto prima. “I governatori locali – aveva spiegato a InsideOver Michele Geraci, professore di Economia e finanza alla Nottingham e New York University in Cina – preferiscono solitamente risolvere i problemi nel loro territorio che non farli emergere a livello centrale, disturbando i loro referenti superiori. Anche nel caso del Covid-19 c’erano vari livelli da considerare. Le comunicazioni dovevano partire da Wuhan e arrivare alla provincia dello Hubei per poi risalire fino a Pechino. Ci sono stati, come detto, degli errori di valutazione della minaccia. Ma è troppo facile constatarlo con il senno di poi, visto che stiamo parlando di un virus sconosciuto”.

La rivelazione dei medici

La Cina ha informato per la prima volta l’Oms il 31 dicembre 2019. All’epoca, erano state registrati 27 casi di una malattia sconosciuta. Almeno ufficialmente, fino alla metà del gennaio 2020, non sono stati segnalati decessi. Ma le dichiarazioni di alcuni medici di Wuhan sono ben diverse. “In realtà, alla fine di dicembre o all’inizio di gennaio, il parente di un conoscente è morto a causa di questo virus. Anche molti di coloro che vivevano con lui si infettarono, comprese le persone che conosco”, ha spiegato un medico cinese, nel documentario ITV.

Ai medici che parteciparono a una riunione ospedaliera fu espressamente comunicato di “non parlare” della vera natura del contagio. “Sapevamo che questo virus si trasmetteva da uomo a uomo. Ma quando abbiamo partecipato a una riunione in ospedale, ci è stato detto di non parlare”, ha aggiunto un dottore. I medici hanno inoltre ribadito che le autorità fossero a conoscenza dei rischi derivanti dalle celebrazioni dell’allora imminente capodanno lunare. Detto altrimenti, i funzionari si rendevano conto che i viaggi e la folla avrebbero potuto “accelerare la diffusione del virus”. Ma decisero comunque di non cambiare strategia. “I capi provinciali hanno detto agli ospedali (di Wuhan ndr) di non dire la verità”: ecco l’accusa più pesante. La stessa che sdogana, di fatto, il governo centrale e mette nel mirino l’amministrazione di Wuhan e della provincia dello Hubei. Molti funzionari locali, in un secondo momento, non a caso sono stati epurati da Pechino per la loro pessima condotta nella gestione dell’emergenza sanitaria.

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