Papa Francesco ha traghettato la Chiesa cattolica all’interno di una pandemia. In realtà, Jorge Mario Bergoglio deve ancora confrontarsi con questo “cigno nero” della storia.

Se non fosse stato per il Sars-Cov2, il pontefice argentino avrebbe presieduto “The Economy of Francis”, un evento internazionale che si sarebbe dovuto tenere ad Assisi, alla fine di marzo. Ora la kermesse è stata spostata a novembre, seconda ondata permettendo. Nel crescendo di questo pontificato, la manifestazione di Assisi avrebbe dovuto rappresentare un passaggio cruciale: papa Francesco aveva in programma di contrarre un patto con numerosi giovani economisti, prendendo di nuovo posizione contro la gestione odierna della globalizzazione, che per il Santo Padre provoca una cattiva distribuzione delle risorse tra i popoli della terra. La cattiva globalizzazione che, nella disamina pontificia, crea “ultimi” e “penultimi”, che poi l’Occidente è chiamato ad accogliere.

Nel corso di questi giorni, il Wall Street Journal ha pubblicato una disamina che si sofferma su un presunto “indebolimento”, che sarebbe tanto comunicativo quanto politico, nel senso altro dell’espressione. Viene segnalato come lo sconvolgimento dell’agenda del Vaticano possa aver influito sulle capacità di Francesco d’incidere sul quadro geopolitico e su quello valoriale. L’ultimo grande appuntamento è stato il Sinodo panamazzonico, con le aperture al mondo indigeno e qualche polemica sulla presunta contaminazione del culto mossa dal “fronte tradizionale”. Ma i progressisti hanno lasciato i lavori sinodali con un po’d’insoddisfazione: Jorge Mario Bergoglio, nell’ottobre scorso, non ha avallato l’abolizione del celibato sacerdotale, né in generale né nel particolare del contesto amazzonico.

Tra gli emisferi meno conservatori, circola un po’d’insofferenza: l’auspicata svolta dottrinale non arriva. Anzi, in fin dei conti, ed in specie in materia bioetica, Papa Francesco si è rivelato in linea con i due pontificati precedenti. Quindi no – la pandemia può aver rotto le uova nel paniere rispetto al calendario delle visite apostoliche previste (poco prima della comparsa del Sars-Cov2, Bergoglio aveva espresso il desiderio di visitare Pechino e la Cina) – , ma le analisi sul fatto che il pontefice argentino si sia arroccato o abbia perso qualcosa in termini di forza a causa del nuovo coronavirus, possono nascondere un dissapore seguito alle mancate riforme.

A sinistra si aspettano che Francesco, prima o poi, sdogani i temi che l’episcopato tedesco sta provando a sdoganare in Germania attraverso il “sinodo” interno: estensione del ruolo dei laici nella gestione parrocchiale; istituzione del diaconato femminile; istituzione dei viri probati; nuovo rapporto dottrinale con l’omosessualità e così via. Bergoglio non aveva intrapreso questa direzione. Anzi, in Santa Sede risultano ancora abbastanza preoccupati per la via autonoma ventilata dai tedeschi. Semmai, gli aspetti su cui papa Francesco è stato frenato, sono quelli relativi alla sua battaglia contro il populismo-sovranista, con la pastorale aperturista e contraria all’elevazione dei muri.

Un altro ambito in cui la pandemia può aver costretto Jorge Mario Bergoglio ad un’improvvisa battuta d’arresto è quello del multilateralismo diplomatico: questo poteva essere l’anno buono per il ritorno in Argentina, per un viaggio in Russia, per la storica visita alla Cina o per altre iniziative significative come il viaggio compiuto a Lampedusa nel 2013. Papa Francesco  – lo ha dichiarato – non modificherà alcuni punti focali della dottrina cristiano-cattolica. Bergoglio ha detto che non abolirà il celibato sacerdotale.

In questo senso, possono essere analizzate le pressioni provenienti da certi ambienti progressisti, che sembrerebbero persino disposti a scaricare un pontefice che sembrava poter soddisfare le aspettative della sinistra. E in questo modo può anche essere individuato la ragione dietro al “ponte” che Bergoglio ha provato a costruire con il mondo conservatore, quando ha inviato una lettera al cardinale ratzingeriano Muller. Se la destra attacca l’ex arcivescovo di Buenos Aires per via degli accenti economico-sociali, insomma, la sinistra non transige più sul cammino riformista. Se il Papa è “indebolito” – in conclusione – dipende dalla “morsa” che ormai interessa entrambi gli “schieramenti vaticani”.