Abitazioni danneggiate, sporcizia e immondizia ovunque, graffiti: così si presenta il quartiere di Capitol Hill a Seattle – sei isolati nel centro cittadino – liberato ieri dalle forze di polizia dopo tre settimane di occupazione da parte dei manifestanti antirazzisti (Black Lives Matter, Antifa e altre organizzazioni della sinistra radicale americane). Su ordine della sindaca dem Jenny Durkan, infatti, nelle scorse ore la polizia ha ripreso il controllo di Capitol Hill e della zona occupata (Chop): circa una dozzina di manifestanti sono stati arrestati dopo diversi avvertimenti delle forze dell’ordine di liberare area. Nell’operazione sono stati coinvolti almeno un centinaio di agenti, equipaggiati con giubbotti antiproiettile, manganelli ed elmetti.
Le immagini che arrivano dalla ex zona occupata, teatro di omicidi, sparatori e stupri, e pubblicate dal New York Post, sono eloquenti. “Sono rimasto sbalordito dalla quantità di graffiti, immondizia e danni alla proprietà privata”, ha dichiarato Carmen Best, capo della polizia di Seattle, dopo aver perlustrato l’area. Gli operatori sanitari sono stati avvistati mentre lavavano i marciapiedi pulivano i graffiti dai muri delle abitazioni e dei negozi. Il senatore repubblicano Ted Cruz ha deriso i manifestanti: “Ragazzi, gli stati-nazione sembrano durare sempre di più”, ha osservato in un tweet. “È ancora l’estate dell’amore? #NowThatCHAZIsGone”, ha aggiunto Cruz .”Finalmente”, ha twittato il leader della maggioranza al Senato Mitch McConnell. “Venti giorni e diverse morti di troppo. Lo stato di diritto non deve svanire con le mode della sinistra radicale”.
“Non erano manifestanti pacifici”
Crolla la narrativa liberal sulla zona occupata e sulla natura “pacifica” delle proteste. La verità è che i manifestanti hanno sequestrato con la violenza sei isolati del centro di Seattle, “sorvegliando l’area con fucili semiautomatici e ha nominato un leader che si è definito un signore della guerra” ha osservato il giornalista del Washington Times Tim Young. Da quando è stata istituita la “zona occupata”, ci sono state almeno quattro sparatorie, due delle quali hanno provocato la morte di un diciannovenne e un sedicenne. Come ricostruito da Termometro Politico, già dal 12 giugno i residenti e commercianti della zona si trovano i negozi devastati e non possono raggiungerli né lavorare, mentre i residenti non possono tornare a casa, vengono molestati e servizi di nettezza urbana, polizia, ambulanza e vigili del fuoco non sono garantiti. Quando i commercianti provano a parlare con i manifestanti, scoprono che esistono più fazioni e ognuna dice di essere quella che comanda. Arriviamo al 14 giugno, quando due tossicodipendenti distruggono l’orto dedicato agli afroamericani nell’indifferenza generale. Da lì la situazione degenera ulteriormente, con le due sparatorie che hanno portato alla morte di due ragazzi, uno di 19 e l’altro di 16 anni.
La disperazione del padre del ragazzo morto: “Il sindaco non mi ha contattato”
Horace Lorenzo Anderson Sr., padre del ragazzo afroamericano di 19 anni rimasto ucciso all’interno della Capitol Hill Organized Protest (Chop) di Seattle, ha rilasciato un’intervista a Sean Hannity su Fox News chiedendo risposte alle autorità per la morte del figlio e spiegando di non essere mai stato contattato né dalle forze dell’ordine di Seattle né dalla sindaca dem Jenny Durkan. “Devono venire a parlarmi, qualcuno deve venire a dirmi qualcosa, perché non so nulla”, ha detto. “Qualcuno deve venire a casa mia e bussare alla mia porta e dirmi qualcosa. Non so nulla. Tutto quello che so è che mio figlio è stato ucciso laggiù”. Il giovane Anderson è stato ucciso la mattina del 20 giugno, durante una sparatoria a Cal Anderson Park sulla 10th Avenue e East Pine Street, all’interno della zona Chop. Con lui è rimasto ferito un uomo di 33 anni. “Capisco Black Lives Matter e tutto quello che sta succedendo”, ha detto il padre durante l’intervista. “Ma non è il mio movimento.”