Una recente inchiesta condotta e firmata dal quotidiano britannico The Guardian ha suscitato clamore nell’opinione pubblica globale. Secondo l’articolo, pubblicato in data 23 febbraio, il Qatar sarebbe casa di una strage silente tra i lavoratori stranieri impiegati nei cantieri faraonici messi in piedi nell’ambito dell’ormai prossimo Campionato mondiale di calcio 2022.
Questo presunto massacro avrebbe avuto inizio nel 2010, ovverosia quando Doha, una volta ipotecato il diritto ad ospitare uno degli eventi sportivi più seguiti del mondo, ha cominciato ad attrarre forza lavoro temporanea da Asia e Africa, principalmente proveniente da India, Nepal, Sri Lanka, Pakistan, Filippine e Kenya. Il Guardian sostiene e riporta che cause naturali e condizioni lavorative avrebbero causato circa 6.500 morti fra i lavoratori stranieri nel periodo compreso fra il 2010 e il 2020; un numero che, sostiene il giornale, potrebbe essere di gran lunga più elevato se soltanto il governo qatariota fosse più trasparente nel processo di raccolta dati.
Per capire se l’inchiesta del Guardian sia basata su evidenze fattuali o no, abbiamo raggiunto un esperto di stanza a Doha la cui conoscenza approfondita del Paese sarà in grado di aiutare il pubblico internazionale a discernere meglio e, cosa più importante, a farsi un’idea di cosa il Qatar stia realmente facendo in materia di diritti dei lavoratori e sicurezza sul lavoro.
Che cosa sostiene l’ILO
L’esperto che ha accettato di parlare con InsideOver è Max Tuñón, capo dell’ufficio progetti in Qatar dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO, International Labour Organization). La ragione per cui abbiamo deciso di intervistarlo deriva dal fatto che l’ILO e il governo qatariota hanno avviato un programma di cooperazione tecnica nel 2017. Nel quadro di soprascritto programma, l’organizzazione sta fornendo supporto al Paese affinché venga concretata la sua ambiziosa agenda di riforma del lavoro e venga garantito il rispetto degli standard internazionali del lavoro.
Nel contesto dei lavori per la prossima Coppa del mondo, afferma il Guardian, almeno 6.500 operai sarebbero morti in Qatar fra il 2010 e il 2020, chi per cause lavorative e chi per ragioni non legate al lavoro. Cosa c’è di vero, e cosa non c’è di vero, nell’inchiesta del Guardian? Vi sono altre stime, possibilmente più affidabili?
Non siamo nella posizione di rilasciare commenti sul contenuto specifico di quell’articolo ma, comunque sia, è fondamentale operare una distinzione chiara tra morti bianche e morti non avvenute sul lavoro. L’analisi dei dati dovrebbe tenere in considerazione anche dimensioni e composizione della popolazione, oltre a numerosi altri fattori. Le cifre ufficiali del governo sulle morti bianche parlano di 123 decessi nel 2018 e 117 nel 2019. L’ILO, attualmente, sta collaborando con il governo del Qatar per migliorare la raccolta e l’analisi delle statistiche sugli incidenti sul lavoro, classificandole per nazionalità, età, causa dell’incidente, eccetera. Più in generale, il governo [qatariota] e l’ILO stanno lavorando al rafforzamento della sicurezza e della salute sul lavoro al livello strategico e di politiche, nonché al miglioramento pratico dell’abilità dell’ispettorato del lavoro di far rispettare le regolamentazioni.
In che modo il Qatar sta gestendo l’argomento sicurezza sul lavoro? Può illustrarci, in sintesi, la politica lavorativa nazionale?
Negli ultimi tre anni, l’ILO ha lavorato con il governo qatariota ai fini dell’implementazione dell’ambiziosa agenda di riforma globale del lavoro; agenda che sta beneficiando dipendenti, datori di lavoro e l’economia nel suo insieme. Una volta eliminati gli aspetti più problematici del sistema di sponsorizzazione (kafala), abbiamo assistito all’introduzione della mobilità nel mercato del lavoro – ai dipendenti, adesso, è consentito cambiare datore di lavoro –; una prima assoluta nella regione del Golfo. Questo ha funto da rimedio al livello di controllo che i principali esercitavano sui lavoratori e ridurrà, inoltre, i costi e i rischi relativi all’assunzione oltreconfine, rendendo il Qatar una destinazione più attraente per i talenti del mondo e gli investimenti.
Quali sono le condizioni dei lavoratori stranieri in Qatar?
A partire dal 20 marzo entrerà in vigore un nuovo stipendio minimo di 1000 QAR, accompagnato da vitto e alloggio, che beneficerà direttamente il 20% della forza lavoro. Lo stipendio minimo non è discriminatorio: riguarderà tutti i lavoratori, a prescindere dalla nazionalità o dal settore, inclusi quelli domestici. Inoltre, attraverso lo stabilimento di comitati congiunti a livello di impresa, si sta espandendo il dialogo sociale tra lavoratori e principali. Noi riconosciamo i traguardi del Qatar nella sua ambiziosa agenda di riforma del lavoro e siamo pienamente consapevoli, così come lo è il governo, che vi sia ancora lavoro da fare.
Cos’è che deve essere ancora fatto in termini di riforme del lavoro?
Il pagamento degli stipendi dovuti è la preoccupazione principale dei lavoratori a basso salario che si trovano in Qatar. La pandemia globale ha colpito molte imprese, comportando un rallentamento nel pagamento degli arretrati da parte del governo. L’ILO sta lavorando con il governo affinché venga rafforzato ulteriormente il Sistema di Protezione Salariale (Wage Protection System), che esige dai datori che effettuino i pagamenti dei lavoratori sui loro conti bancari – un procedimento monitorato digitalmente dal Ministero del Lavoro. Stiamo anche collaborando con l’ispettorato del lavoro per sorvegliare le pratiche di pagamento degli stipendi, così come la sicurezza e la salute sul lavoro e le norme sugli alloggi.