Era il 23 gennaio 2020 quando a Wuhan scoppiava l’emergenza sanitaria legata al nuovo coronavirus con il governo cinese che per la prima volta metteva in quarantena 11 milioni di persone. Nel frattempo in Italia si assisteva alle notizie provenienti dalla Cina con una certa inerzia, come se si stesse guardando un film che non appartenesse alla realtà più vicina. Il nostro Paese in quei giorni proseguiva la sua vita quotidiana interessandosi di sport, gossip e politica. Fino ad allora, nessun allarme sanitario. Eppure il “mostro” lo avevamo già in casa, quando ce ne siamo accorti nel febbraio successivo era già troppo tardi.
Quel lockdown in Cina visto da lontano
Dal mercato di Wuhan all’intera metropoli è stato un attimo: il Sars-Cov-2 ha corso velocemente facendo ingolfare gli ospedali e dando inizio alla conta irrefrenabile dei morti rendendo dunque necessaria l’applicazione di misure restrittive per domare i contagi. È stato così che il 23 gennaio del 2020 si è sentito parlare per la prima volta di lockdown, la misura più restrittiva di contenimento che obbligava tutti a stare in casa. L’annuncio, avvenuto alle due del mattino, ha stravolto le abitudini di un popolo attivo trasformando i luoghi pubblici in deserti. Le immagini registrate dai droni e trasmesse in tutto il mondo rabbrividivano gli spettatori. La Cina viveva il suo dramma mentre gli altri Paesi osservavano attoniti a quello che stava accadendo. Immagini surreali che provocavano la sensazione di assistere alle scene drammatiche di un film: staccando gli occhi dai media le persone tornavano a vivere la propria quotidianità senza immaginare quello che sarebbe accaduto poco dopo.
In Italia la prima scossa che ha fatto scattare l’allarme è arrivata il 29 gennaio con la coppia dei cinesi soccorsa e ricoverata allo Spallanzani di Roma. Scampato il primo pericolo, anche l’Italia si apprestava a divenire protagonista inconsapevole dell’emergenza coronavirus.
L’Italia del gossip
Cosa accadeva sul territorio nazionale mentre il Covid-19 iniziava a correre indisturbato? Era il primo gennaio 2020 quando è stato proiettato per la prima volta nei cinema il film “Tolo Tolo” di Checco Zalone. Campione di incassi con i botteghini sempre pieni, l’ultimo lavoro del comico pugliese ha fatto ben sperare al settore cinematografico per l’avvio di una stagione positiva, mentre gli italiani si dividevano in due correnti in merito a cosa fosse politicamente corretto e cosa no dentro a quel film che parlava di immigrazione. Le polemiche ci hanno fatto compagnia per tutto il mese di gennaio. In quello stesso periodo un evento clamoroso ha acceso i riflettori del gossip italiano verso il Regno Unito e le questioni legate alla famiglia reale. Il principe Harry e la moglie Meghan avevano annunciato su Instagram la loro decisione di trasferirsi nel nord America staccandosi dalla Royal Family. Il fatto chiamato “Megxit”, rievocando con un gioco di parole la Brexit, ha animato tutti i salotti televisivi e i media in generale.
Ma se c’è un evento che ogni anno a febbraio unisce gli italiani a dire la propria, è Sanremo. Anche lo scorso anno, dal 4 all’8 febbraio, il concorso canoro più atteso e discusso di sempre ha tenuto impegnati i cittadini nella condivisione di curiosità e meme. In quest’ultimo caso, quello che ha spopolato sul web, è stato l’interrogativo sul destino del cantante Bugo dopo l’interruzione in diretta dell’esibizione con il collega Morgan che è valsa la squalifica dei due. Dal “Che fine ha fatto Bugo?” si è passati ai commenti sul twerk di Elettra Lamborghini che in tanti hanno cercato di imitare senza però riuscirvi. Per i più romantici occhi puntati alle questioni sentimentali del vincitore Diodato: per alcuni giorni non si è compreso se la canzone fosse stata una dedica all’ex Levante o meno. Il virus era in Italia e, inconsapevoli di questo, le questioni di maggior interesse erano altre.
Quella partita che ha spedito un intero territorio all’inferno
In un Paese calciofilo come il nostro, ovviamente anche un anno fa si pensava al mondo del pallone. A gennaio i tifosi trattengono il fiato più per il mercato di riparazione che per le partite. E mentre a Wuhan a inizio 2020 esplodeva definitivamente la bomba epidemiologica, in Italia la bomba che più ha fatto clamore in quel periodo è stata rappresentata dal ritorno di Zlatan Ibrahimovic al Milan. Il calciatore svedese prometteva di far tornare le folle delle grandi occasioni sugli spalti di San Siro. Spalti che però, da lì a breve, saranno destinati ad essere vuoti. Il campionato di Serie A sarà tra i primi a fermarsi a causa dell’avvento della pandemia. Una delle ultime partite con pubblico al seguito ospitate dal “tempio” del calcio milanese, ha riguardato la squadra bergamasca dell’Atalanta.
I nerazzurri per la loro prima esperienza in Champions League dovevano giocare proprio a San Siro. Il 19 febbraio il match Atalanta – Valencia ha rappresentato il coronamento di un sogno di un intero territorio: i bergamaschi, con più di 45mila tifosi arrivati a Milano, hanno battuto nettamente gli spagnoli. Una festa che però ha contribuito ad alimentare l’imminente emergenza sanitaria. I primi di marzo, come hanno sottolineato ne “Il Libro nero del Coronavirus” Andrea Indini e Giuseppe De Lorenzo, la provincia di Bergamo è già cinta d’assedio dal virus. Per molti virologi non c’è alcun dubbio: il morbo in quel momento era già presente in Lombardia e il match di Champions ha fatto da detonatore dell’epidemia. Quanto accaduto a San Siro potrebbe essere preso come emblema dell’Italia di un anno fa: un Paese ancora in vita, con la mente rivolta alla sua quotidianità, che non sapeva di avere in casa quel “mostro” destinato a stravolgerlo per sempre.
E c’era chi diceva di non preoccuparsi
Qual era invece lo scenario politico nell’Italia pre Covid? A Roma i fari erano puntati soprattutto sull’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, le questioni principali hanno riguardato i procedimenti giudiziari del segretario del carroccio. Il 20 gennaio infatti, la giunta per le immunità del Senato ha dato il primo via libera per il processo contro Salvini sul caso Gregoretti, mentre il 12 febbraio palazzo Madama ha dato il disco verde definitivo. Nel frattempo, il primo febbraio è stato lo stesso Salvini ad annunciare un rinvio a giudizio sul caso Open Arms. La politica quindi era ancora caratterizzata dall’onda lunga degli strascichi che nell’estate precedente avevano portato alla fine del governo Conte I. In parlamento di quanto accadeva a Wuhan se ne parlava molto poco. I discorsi legati al Covid sono arrivati nei palazzi romani solo dopo la proclamazione dello stato d’emergenza sanitaria, dichiarato il 30 gennaio. Ma non era uno degli argomenti centrali.
Anche perché a livello mediatico si invocava prudenza: “In Italia il rischio è 0. Il virus non circola – commentava il virologo Roberto Burioni a “Che Tempo Che Fa” su Raidue il 2 febbraio 2020 – Questo non avviene per caso: avviene perché si stanno prendendo delle precauzioni”. Tutto quindi andava bene. Anzi, il vero pericolo sottolineato riguardava i pregiudizi verso i cinesi. Il primo febbraio, il sindaco di Firenze Dario Nardella è stato tra i primi politici a lanciare l’hastag #abbracciauncinese. Ecco il “diario” dell’Italia di un anno fa, ecco la cronaca di un Paese che giudicava lontana l’emergenza nata a Wuhan. Il 21 febbraio, con il primo caso di Covid rintracciato a Codogno, gli italiani si sveglieranno in una realtà ben diversa.