Grandi potenze, vaccini e sfere d’influenza. Il risiko mondiale del XXI secolo è in corso da qualche mese ed è sempre più visibile, anche agli occhi dei non addetti ai lavori. La pandemia di Sars-CoV-2 ha creato alleanze inedite, alimentato nuove tensioni e, più in generale, trasformato il vaccino anti Covid in una potente arma di soft power. Senza rendere complesso un discorso in realtà più semplice di quanto non si possa immaginare, i Paesi che oggi riescono a produrre un antidoto in maniera del tutto autonoma hanno la possibilità di accrescere il proprio peso specifico in campo internazionale.
Dietro ai nomi tecnici, ai dati sull’efficacia e alle altre peculiarità mediche, ogni vaccino ha sempre una nazionalità di origine. Questo significa, molto banalmente, che ciascun prodotto viene realizzato in un determinato Paese. E che, per ottenere migliaia, milioni o miliardi di dosi del vaccino X piuttosto che del vaccino Y, un governo dovrà necessariamente contattare la Big Pharma (o l’istituto) autrice della scoperta. Il più delle volte, presumibilmente, bisognerà scendere a patti anche con lo Stato che ha finanziato e foraggiato la struttura scientifica. Detto altrimenti, e considerando la compravendita dei vaccini una guerra, le dosi vaccinali rappresentano le munizioni da sparare in battaglia. Proseguendo con la metafora, maggiore è la capacità produttiva di una nazione, e maggiore sarà la sua potenza di fuoco.
Vaccini come munizioni
Ma che cosa ci sarà mai da contendersi? Soprattutto, perché usare i vaccini come strumenti di soft power? La prima domanda ha una risposta banale: le sfere d’influenza, i rapporti internazionali (che, a loro volta, possono articolarsi in vari ambiti), il predominio in un’area geografica considerata geopoliticamente strategica. I vaccini anti Covid – e qui arriviamo al secondo quesito – presentano caratteristiche particolari: sono farmaci, servono per sconfiggere la pandemia che ha messo in ginocchio il mondo intero e interessano ai governi di tutto il pianeta. Agli occhi dei vari attori scesi in campo, utilizzare questi antidoti come “moneta di scambio” per raggiungere altri fini è conveniente, per niente rischioso e pure legittimo.
La domanda successiva da porsi, se i vaccini possono davvero essere equiparati a munizioni, è: chi sta sparando più colpi? È interessante dare un’occhiata ai dati raccolti da Airfinity, e aggiornati al 17 marzo. Al primo posto troviamo la Cina, che ha prodotto 169.4 milioni di vaccini tra Sinovac, Sinopharm, Cansino e AstraZeneca. Seguono gli Stati Uniti con 136.1 milioni (Pfizer, Moderna, AstraZeneca e Johnson & Johnson), l’Unione europea con 96.2 milioni (Pfizer e AstraZeneca), l’India con 68 milioni (AstraZeneca, Covaxin e, presto, anche Sputnik), il Regno Unito con 19.3 milioni (AstraZeneca), la Russia con 11.8 milioni (Sputnik), la Svizzera con 5.6 milioni (Moderna) e la Corea del Sud con 1.7 milioni (AstraZeneca).
Le nuove sfere d’influenza
Adesso è il caso di chiedersi verso quale bersaglio le grandi potenze hanno sparato le loro munizioni. In base a questo, è possibile tratteggiare le nuove sfere d’influenza che si sono create proprio grazie ai vaccini anti Covid o che sono in procinto di consolidarsi. Gli Stati Uniti hanno nel vaccino Pfizer la loro punta di diamante. Realizzato assieme alla tedesca BioNTech, il BNT162b, come riporta il Corsera, è presente in 77 Paesi tra Europa (praticamente ovunque, anche in Vaticano), sprazzi di Medio Oriente (Israele, Kuwait, Qatar e Libano) ed Estremo Oriente (Giappone, Singapore e Malesia).
L’AstraZenca, conosciuto anche come “vaccino inglese” – anche in virtù del suo costo irrisorio se raffrontato al prezzo dei rivali – è molto diffuso in Africa (dove invece non trova spazio il Pfizer), in Europa (particolarmente apprezzato nell’Est) e in Asia (India, che in parte lo produce, ma anche Pakistan, Vietnam e Mongolia). Lo Sputnik piace ai Paesi balcanici, è stato accolto da San Marino e ha fatto breccia a diverse latitudini, dall’America Latina al Medio Oriente passando per l’Asia. I vaccini cinesi, invece, oltre ad aver trovato terreno fertile nel Sud-Est asiatico (citiamo, ad esempio, Filippine e Cambogia, Stati chiave contesi con gli americani per motivi politici), “piacciono” ai Paesi dell’America Latina (Perù, Argentina, Brasile solo per citarne alcuni). Ma anche a Turchia, Egitto e Ungheria: ovvero tre partner chiave di Pechino.
A questo punto basta prendere una cartina e tracciare un paio di righe: ecco le nuove sfere d’influenza di cui stavamo parlando. I vaccini prodotti dagli Stati Uniti, anche in virtù della volontà di Joe Biden di riavvicinarsi agli storici alleati atlantici e asiatici, sono diffusi in Europa e in alcune enclavi strategiche (occhio, tuttavia, al sovranismo vaccinale espresso da Washington). La Russia cerca di penetrare nel cuore dell’Unione europea e, nel frattempo, si è creata interessanti roccaforti in Africa e America Latina. D’altronde proprio come la Cina, i cui farmaci anti Covid stanno trovando sempre più terreno anche nell’area balcanica.