I massimi sforzi del sistema sanitario cinese sono stati riversati sul contenimento del nuovo coronavirus. Medici, infermieri, medicine, operatori e risorse economiche hanno preso tutte la strada che porta verso la provincia dello Hubei, epicentro del contagio.

Eppure, in mezzo alle decine di migliaia di pazienti infetti dalla polmonite virale – per l’esattezza, fin qui quasi 75mila – la vita di chi non ha contratto la malattia proveniente da Wuhan prosegue. Tanti cinesi, infatti, soffrono di altre patologie e stanno letteralmente lottando per ottenere le cure mediche urgenti di cui hanno bisogno. Dunque, nonostante una simile emergenza sanitaria, Pechino deve garantire adeguati soccorsi anche per chi manifesta problemi di salute diversi dal coronavirus.

Come spiega un lungo reportage del Wall Street Journal, la situazione è però molto complicata. Gli ospedali, sovraccarichi di infettati dal Covid-19, sono arrivati a respingere alcune donne in gravidanza con complicazioni, mentre le persone con Hiv hanno esaurito i farmaci essenziali.

Tante sono le testimonianze drammatiche da raccontare, come ad esempio la storia di Wan Ruyi, 21enne di Wuhan che soffre di leucemia linfoblastica acuta. La ragazza avrebbe bisogno di un nuovo trattamento basato su iniezioni di chemioterapia e antidolorifici, nonché di un trapianto di midollo osseo, ma per queste cure dovrebbe trasferirsi in un ospedale della provincia dello Hebei settentrionale. Il problema è uno: le autorità di Wuhan hanno impedito alle persone di andarsene. E lei è inchiodata su un letto del Wuhan Union Hospital.

Le condizioni degli altri malati

Wan, così come tante altre persone, non può fare niente. Per combattere l’epidemia di coronavirus le amministrazioni hanno indirizzato le risorse mediche in prima linea contro il Covid-19. Morale della favola: moltissimi ospedali hanno sospeso i servizi regolari. Nel frattempo l’accesso agli istituti, per i contagiati da coronavirus, è sempre più complicato a causa della carenza di personale medico, mancanza di letti liberi e prolungamento della quarantena nella provincia.

Tra le altre storie, il Wall Street Journal racconta quella di Katy Liang una donna incinta, che soffre di un disturbo del sistema immunitario chiamato sindrome antifosfolipidica. Questa comporta l’aumento del rischio di coaguli nel sangue e la possibilità di aborti spontanei. Per ridurre gli effetti negativi Katy, che vive a Wuhan, necessita di due iniezioni quotidiane di enoxaparina, pillole e altri farmaci, i cui dosaggi devono essere regolati, di volta in volta, dai medici. L’ospedale alla quale si era sempre rivolta ha interrotto le visite e la 35enne non sa come risolvere il suo problema.

Il prezzo da pagare

Intanto il vice premier Sun Chunlan, ha parlato di “esperienze efficaci” nel trattamento medico dei pazienti affetti da coronavirus che devono essere standardizzate. Pechino ha inoltre promesso tutti gli sforzi” per ridurre il tasso di mortalità della malattia”, ricordando che “si sono verificati alcuni cambiamenti positivi” nella gestione e nel controllo dell’epidemia a Wuhan, anche se “la situazione rimane grave”.

L’intera provincia dello Hubei è in quarantena, isolata dal resto del Paese, così come isolate sono molte altre province. Non ci sono solo i contraccolpi economici e logistici da tenere in conto, ma anche veri e propri drammi sociali. Come quello del signor Chen, un cittadino di Xiaogan, nello Zhejiang, positivo all’Hiv. L’uomo dovrebbe prendere due volte al giorno apposite pillole ma con il blocco le sue scorte sono terminate. Uscire significa sfidare il divieto delle autorità e rischiare tantissimo. Una volta ha provato a lasciare di nascosto il suo villaggio ma alcuni abitanti di pattuglia lo hanno visto e picchiato. Succede anche questo nella Cina ai tempi del coronavirus.