L’umanità dovrà fronteggiare molto presto una pandemia causata da un agente patogeno mortale pronto a diffondersi nell’aria di tutto il mondo. L’allarme arriva da un rapporto indipendente realizzato su richiesta del segretario generale delle Nazioni Unite e, fa notare Foreign Policy, illustra come in un futuro non troppo lontano esista “una minaccia molto reale” di un’epidemia capace di falcidiare fino a 80 milioni di persone e ridurre in cenere il 5% dell’economia globale. Il problema principale è che siamo a conoscenza del rischio ma non stiamo facendo niente per prevenire l’apocalisse ipotizzata dagli esperti.

Una minaccia latente

L’analisi citata proviene dal Global Preparadness Monitoring Board (Gpmb), un gruppo indipendente che si è messo all’opera per preparare un report affidabile su una presunta quanto indefinita minaccia latente. Allertato da Nazioni Unite, Banca mondiale e Organizzazione mondiale della sanità (Oms), il Gpmb, presieduto da personalità di spicco, come il capo della Croce Rossa internazionale, Elhadj As Sy, ha subito definito inadeguata la preparazione politica, logistica e finanziaria dei più importanti governi del mondo di fronte a una pericolosa pandemia che potrebbe presto diffondersi in tutto il mondo. Quel che è peggio, si legge nel rapporto, è che la preparazione “è ostacolata dalla mancanza di una seria volontà politica”. Come dire: sappiamo che c’è una minaccia latente, capace di provocare danni enormi, ma non ci interessa affrontare la questione. “La maggior parte dei Paesi – ammonisce il Gpmb – non dedica energia e risorse costanti e necessarie per evitare che i focolai si trasformino in disastri”.

Preparazione inadeguata

È diffusa, tra capi politici e leader, l’idea che per sconfiggere i virus basi affidarsi alla medicina moderna. Si sbagliano di grosso, perché non solo questi microrganismi diventano sempre più resistenti ai farmaci ma, soprattutto, si diffondono in tutto il mondo in persone e animali, con una velocità e forme mai viste in precedenza. Prendiamo un banale viaggio aereo: le persone oggi si spostano da una parte all’altra del mondo con estrema facilità, ma insieme a loro viaggiano anche i virus. Numerosi esperti sono concordi nel sostenere le cause primarie della diffusione di focolai: cambiamenti climatici, sistemi sanitari inadeguati, comportamenti umani ma, più di tutto, la totale mancanza di supporto politico e finanziario per la preparazione alla lotta contro le malattie. Non a caso, dal 2011 al 2018, l’Oms ha combattuto con 1483 epidemie.

Il costo umano ed economico delle epidemie

Le epidemie hanno anche dei costi e influiscono sull’economia mondiale. La Sars del 2003, ad esempio, ha pesato sul bilancio economico globale per un valore complessivo di 40 miliardi di dollari; l’influenza suina del 2009 ha toccato quota 50 miliardi, l’ebola africana nel periodo 2014-2015 circa 53. Una pandemia di influenza simile a quella della peste esplosa nel 1918, oggi costerebbe tre trilioni di dollari, circa il 5% del pil globale. Questo lascia presupporre che, in caso di nuovi focolai, le nazioni più ricche possano superare le epidemie con perdite limitate, con perdite di pil inferiori allo 0,5%; ma i più poveri potrebbero perdere fino al 2% del loro pil, e fra questi Paesi troviamo India e persino Russia. I governi sono stati avvisati: sanno che prima o poi potrebbe diffondersi una terribile epidemia ma non sanno ancora come prepararsi all’apocalisse.





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