Ad Aleppo sono sempre meno le macerie e sempre più le persone che scelgono di tornare a vivere nella città rasa al suolo da quattro anni di assedio e combattimenti. Sono più di 500mila quelli che hanno fatto ritorno nelle principali città siriane durante il 2017, secondo i dati diffusi dal portavoce dell’Unhcr, Andrej Mahecic. Per permettere loro di tornare alla normalità, il governo siriano è impegnato nella rimozione dei detriti dai centri abitati e nel ripristino delle nuove condutture idriche ed elettriche.
“I danni sono enormi, ma vi è stato un netto cambiamento rispetto ad un anno fa”, conferma il vescovo caldeo di Aleppo, monsignor Antoine Audo, che descrive una città più sicura, dove alcune attività economiche hanno ricominciato ad aprire i battenti. Anche se sono ancora frequenti le interruzioni delle forniture, i cittadini possono di nuovo disporre di acqua corrente ed elettricità. Ma le difficoltà sono ancora molte, soprattutto per la comunità cristiana che dal 2011 si è ridotta di oltre due terzi. “Di circa 150mila fedeli ne rimangono poco più di 40mila”, ha detto il vescovo caldeo alla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre. E quelli che sono rimasti, “vivono in condizioni terribili, giacché sui quartieri cristiani sono cadute numerose bombe che oltre a causare vittime, hanno fortemente danneggiato le abitazioni”. “Anche il numero delle chiese, un tempo una trentina, si è dimezzato: molte sono state in parte distrutte o gravemente danneggiate dalla guerra”, racconta monsignor Audo.
In macerie sono stati ridotti anche la metà degli ospedali cittadini, mentre moltissimi farmaci continuano a scarseggiare. “Ma ciò che è più grave – sottolinea il presule – è che almeno l’80% dei nostri medici ha lasciato il Paese”. “Vi prego sostenete i cristiani, i pochi rimasti, così che possano continuare a vivere qui”, è l’appello del vescovo, “Aleppo riprende vita, ma dipendiamo ancora dal vostro aiuto”. “La ricostruzione cominci dalla persona umana e poi si affronti la grande sfida: la pacificazione del Paese”, aveva detto la scorsa settimana il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, commentando l’ultimo round di colloqui tra governo e opposizione siriana che si è svolto a Ginevra sotto l’egida delle Nazioni Unite. Fame, denutrizione e impossibilità di accesso alle cure sono alcune delle piaghe che ancora affliggono la popolazione, nonostante in molte zone del Paese le bombe abbiano smesso di cadere. Non è un caso, quindi, che la maggior parte degli sforzi assistenziali si concentrino sulla ricostruzione degli ospedali e sul ripristino dei bisogni primari delle persone, che, per la stragrande maggioranza, vivono al di sotto della soglia di povertà.
Tra questi, c’è il progetto promosso da Aiuto alla Chiesa che Soffre per sostenere l’ospedale Saint Louis di Aleppo, uno dei pochi della città a non essere stato distrutto. I fondi raccolti serviranno ad acquistare materiale sanitario e generatori elettrici che permetteranno alle apparecchiature della struttura gestita dalle suore di San Giuseppe dell’Apparizione di funzionare nelle ore di blackout. Così, conclude monsignor Audo, “grazie al sostegno dei fratelli occidentali i cristiani di Aleppo potranno continuare ad essere delle pietre vive e una presenza di pace e di riconciliazione per la Siria e per il nostro popolo”.