Dopo la decisione della Corte Suprema di annullare la sentenza Roe v. Wade, eliminando così il diritto all‘aborto a livello nazionale, i singoli Stati si sono armati per una battaglia a suon di leggi e cause legali. Da un lato i conservatori, che coinvolgono circa metà degli Stati, intenti a minare la libertà di aborto; dall’altro i liberali, pronti a contrastarli per preservare i diritti riproduttivi.  

I sostenitori dei diritti all’aborto si sono scatenati in vari Stati, come Texas, Louisiana, Mississippi. I casi più interessanti sono quelli della Louisiana e dello Utah: lunedì i giudici hanno temporaneamente bloccato l’applicazione di leggi che avrebbero vietato l’aborto. La strategia per preservare i diritti in questione prevede la richiesta ai tribunali di ingiunzioni temporanee che diano la possibilità di praticare l’aborto nel breve termine. 

Ma facciamo un passo indietro. Negli anni passati, in tredici Stati americani, tra cui i due appena citati, erano state approvate le cosiddette “trigger laws”. Si trattava di leggi che sarebbero entrate in scena proprio nel preciso istante in cui la Corte Suprema avesse preso l’azzardata decisione di eliminare il diritto all’aborto, vietandone quindi la pratica negli Stati che avevano aderito. Ed è ciò che è accaduto lo scorso venerdì. In molti di questi Stati le leggi sono così rigide da vietare l’aborto anche in caso di stupro o incesto. Per qualche Stato, l’eliminazione del diritto costituzionale ha addirittura riesumato leggi antiabortiste dei primi del Novecento, definite “zombie laws”. 

La repentina applicazione delle “trigger laws” ha dato il via a battaglie legali per bloccarle. Il giudice Andrew Stone, del terzo distretto congressuale dello Stato dello Utah, ha accolto una richiesta presentata dall’organizzazione Planned Parenthood, sospendendo temporaneamente l’entrata in vigore di una legge per criminalizzare l’aborto. Il tribunale è riuscito a bloccare la legge per soli quattordici giorni, attendendo le argomentazioni delle parti. In questo breve periodo gli aborti possono essere temporaneamente praticati. Anche in Louisiana gli aborti saranno possibili nell’attesa di una sentenza, prevista per l’8 luglio. 

“La sentenza della Corte Suprema è stata devastante e terrificante per i nostri pazienti e operatori sanitari, ma almeno per ora, gli Utah saranno in grado di ottenere le cure di cui hanno bisogno”, ha dichiarato Karrie Galloway, presidente della Planned Parenthood Association of Utah. “Oggi è una vittoria, ma è solo il primo passo di quella che sarà senza dubbio una lotta lunga e difficile”.

Un altro caso degno di menzione è quello della California. La super maggioranza, consistente nei due terzi dell’Assemblea dei legislatori statali (di cui molti democratici), ha approvato un emendamento costituzionale per proteggere il diritto all’aborto, nel tentativo di modificare la Costituzione dello Stato e rendere permanenti i diritti. L’emendamento verrà sottoposto al giudizio dei cittadini durante le votazioni di novembre per il rinnovo del Congresso. Gli elettori potranno così esporsi sui diritti alla contraccezione e all’aborto, senza che il diritto sia più basato sulla privacy. Toni Atkins, presidente pro tempore del Senato, ha spiegato che il testo stabilisce “in modo innegabilmente chiaro che in California l’aborto e la contraccezione sono una questione privata tra il paziente e il medico”, proteggendo anche da eventuali denunce donne e medici. 

L’iniziativa elettorale prevede che lo Stato “non neghi o interferisca con la libertà riproduttiva di un individuo nelle sue decisioni più intime, che includono il suo diritto fondamentale di scegliere di abortire e il suo diritto fondamentale di scegliere o rifiutare i contraccettivi”. 

I sostenitori invece… 

La lotta ha preso piede anche in quegli Stati che cercano di vietare l’aborto. In Mississippi, ad esempio, il procuratore generale ha riconosciuto ufficialmente la sentenza della Corte Suprema, dando un margine di tempo di dieci giorni, trascorsi i quali quasi tutti gli aborti saranno vietati. 

In Indiana, invece, il procuratore generale ha chiesto ai tribunali di approvare diverse leggi, tra cui quella che vieta gli aborti per motivi di razza, sesso o disabilità. Il procuratore Todd Rokita ha dichiarato: “Credo nella costruzione di una cultura della vita in Indiana. Questo significa proteggere la vita dei bambini non ancora nati e salvaguardare il benessere fisico, mentale ed emotivo delle loro madri”.  

Nella giornata di lunedì i procuratori generali di ventuno Stati, tra cui New Messico, Nord Carolina e Minnesota, e del Distretto di Columbia hanno rilasciato una dichiarazione congiunta che mirava a rassicurare le pazienti che si trovavano fuori dallo Stato, assicurando che avrebbero protetto il loro accesso all’aborto. È infatti previsto un maggior numero di pazienti provenienti dagli Stati vicini che vietano la pratica. La dichiarazione congiunta è stata una risposta alla richiesta al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti di altri diciannove Stati, tra cui Florida, Ohio e Texas, di proteggere le organizzazioni anti-aborto dalla violenza. 

Nel Sud Carolina un giudice federale si sta impegnando per far rispettare la sua legge, che vieta l’aborto dal momento in cui viene rilevato un battito cardiaco fetale. L’aborto è previsto solo in casi di stupro o incesto, a patto che il feto non abbia più di venti settimane, e nei casi in cui sia l’unico modo per salvare la vita della madre. 

I divieti statali avviati da legislatori conservatori, come in Ohio dove l’aborto è stato vietato dopo sei settimane di gravidanza, sono stati contestati da città liberali come Cincinnati, che sta prendendo provvedimenti per cambiare il piano sanitario della città e rimborsare i viaggi per motivi legati all’aborto. E come ha twittato il sindaco Aftab Pureval, “non è mio compito rendere più facile per il legislatore e il governatore dello Stato trascinare le donne indietro negli anni Cinquanta e privarle dei loro diritti. Il mio compito è quello di renderlo più difficile”. 

Le sfide giudiziarie ai divieti di aborto si sono poi focalizzate sulle costituzioni statali, soprattutto quelle in cui è incorporato il diritto alla privacy, come ad esempio in Arizona, California e Louisiana. 

Nel ventunesimo secolo, solo Stati Uniti, Polonia e Nicaragua sono stati in grado di emanare leggi più restrittive degli altri paesi. Questo punto appena raggiunto, però, non può essere definito d’arrivo, poiché presumibilmente mette le basi per possibili ulteriori limitazioni di altri diritti, tra cui la protezione delle minoranze razziali ed etniche. 

Come ha affermato Adam Serwer dell’Atlantic, “la Corte Suprema è diventata un’istituzione il cui ruolo principale è quello di imporre una visione di destra della società americana al resto del Paese”. Il punto, ora, è capire fin dove si spingerà. 

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