Potrebbe sembrare la trama di un romanzo di Le Carré: professori di Cambridge con legami quanto meno ambigui con ambienti dell’intelligence britannica, Fratelli Musulmani, malavitosi egiziani, poliziotti, dittatori, politici… e un agente (forse) incosciente di essere tale, mandato sul campo allo sbaraglio, sacrificabile e sacrificato. Una trama degna de “La talpa ” o meglio ancora de “L’onorevole scolaro” i due grandi classici della moderna spy storie non c’è che dire… solo che non si tratta di un romanzo, ma della realtà che avevamo tutti sotto gli occhi sin dall’inizio e che in troppi hanno fatto finta di non vedere, di non capire. Il dramma che ha portato alla morte il povero Giulio Regeni e che sta costando al nostro paese un dazio molto pesante.
Ormai è palesemente inutile far finta di non capire, se ne sono resi conto anche i nostri politici, Renzi in testa, che adesso hanno cominciato a far la voce grossa e a chiedere che da Cambridge vengano, finalmente, quelle risposte a domande che, per altro, i magistrati italiani incaricati dell’inchiesta avevano posto sul tavolo sin dal primo momento. Ma la professoressa Maha Abdel Rahman – la tutor di Regeni che lo aveva incaricato della spinosa “ricerca” nei meandri del Sindacato dei venditori ambulanti, da sempre occhi ed orecchie dei Servizi egiziani – non è mai stata, in tutto questo tempo, disponibile a rispondere. Troppo impegnata in viaggi di studio, in un anno sabbatico intervenuto quanto mai opportunamente per spiegare il perché di quell’incarico di “ricerca” e magari anche i suoi rapporti, quanto meno ambigui, con ambienti vicini all’Ikwan Muslimum, la Fratellanza Musulmana, che in Egitto, dalla presa di potere di al-Sisi, è tornata in clandestinità.
E intanto Roma ha congelato i suoi rapporti con Il Cairo, prima ritirando in segno di protesta l’ambasciatore, poi nominandone uno nuovo, Giampaolo Cantini, ma trattenendolo in Italia fino ad Agosto scorso. Quando finalmente il ministro Alfano si è deciso a sfidare la vulgata corrente e le furie di media e intellettuali politically correct e a inviare il nostro diplomatico nella capitale egiziana. A tutelare gli interessi dell’Italia. Interessi gravemente compromessi dai lunghi mesi di stallo, perché il “caso Regeni” è intervenuto proprio in un momento critico e delicatissimo delle relazioni bilaterali italo-egiziane. Infatti l’Egitto sta diventando sempre più strategico nel complesso gioco della geopolitica dell’energia: la scoperta di importanti giacimenti di gas nell’offshore del Mediterraneo egiziano, ha fatto puntare sul Cairo l’attenzione di tutte le grandi Corporation internazionali. E la nostra ENI si trovava in una posizione privilegiata, in forza di un rapporto antico, che risale addirittura agli anni ’50 del secolo scorso, alla stagione di Enrico Mattei. Poi, però, è intervenuto il “caso Regeni” e noi ci siamo messi da parte, sotto la pressione di una “opinione pubblica” tanto viscerale quanto disinformata. Mentre gli altri, britannici in testa, hanno continuato a tessere e curare i loro interessi con il governo di al-Sisi. Di fatto, stiamo pagando il conto, ed un conto salato, per gli errori commessi altrove. A Cambridge o, meglio, a Londra.
Andrea Marcigliano
Senior fellow del Think Tank di studi geopolitici “Il Nodo di Gordio”