Esistono ampi margini diplomatici tra Cina e Stati Uniti ma guai a superare la linea rossa rappresentata da Taiwan. Questa, in sostanza, è la sintesi dell’ultimo incontro tra Joe Biden e Xi Jinping, avvenuto in Indonesia in occasione del G20 di Bali.

I due presidenti si sono detti disponibili a ripristinare i canali di comunicazione nel tentativo di mettere un freno alle recenti tensioni che stanno alimentando una preoccupante escalation tra Pechino e Washington. Detto altrimenti, Biden e Xi faranno di tutto per cercare un modo per coesistere pacificamente nonostante le enormi divergenze politiche. Attenzione però, perché se è il Dragone appare disposto a dialogare con la Casa Bianca su molteplici tematiche, il gigante asiatico non intende affatto scendere a compromessi sulla questione taiwanese, considerata un affare di politica interna cinese.

In ogni caso, guardando la storia recente dei due leader, entrambi sono arrivati a questo appuntamento dopo essersi rafforzati. Biden, grazie al ragionevole successo riscontrato nelle ultime elezioni di midterm, può guidare le relazioni di Washington con Pechino con più serenità. Un discorso simile può essere fatto per Xi, che ha appena consolidato il suo potere nel sistema cinese e può, in teoria, avere più spazio di manovra per condurre eventuali trattative diplomatiche. Il presidentissimo cinese, in particolare, sembra desideroso di riprendere un meccanismo di dialogo di routine con gli Stati Uniti, nel tentativo di intraprendere un graduale processo distensivo.



Competizione ma non ostilità

Nella recente svolta, Pechino e Washington hanno affermato che avrebbero ripreso i colloqui sul clima, un dossier congelato dopo la controversa visita della presidente della Camera Nancy Pelosi a Taiwan ad agosto. Ed è proprio sul clima, come anticipato da InsideOver, che Stati Uniti e Cina potrebbero effettivamente costruire un nuovo dialogo.

Dal canto suo, la Casa Bianca ha affermato che Biden e Xi “hanno accettato di autorizzare alti funzionari chiave a mantenere la comunicazione e approfondire gli sforzi costruttivi”. Il dipartimento di Stato Usa ha inoltre affermato che il Segretario di Stato, Antony Blinken, visiterà di persona la Cina all’inizio del prossimo anno per dare seguito all’incontro Xi-Biden.

Sia chiaro: permangono diverse zone d’ombra dove le distanze tra cinesi e americani appaiono incolmabili. Il mese scorso, ad esempio, gli Stati Uniti hanno imposto drastici divieti di esportazione su alcune tecnologie avanzate di semiconduttori, sanzioni commerciali esplicitamente progettate per ostacolare settori tecnologici critici come la modernizzazione militare e l’intelligenza artificiale, due settori strategicamente importanti per la Cina.

Biden ha poi sollevato preoccupazioni “sulle pratiche della Cina nello Xinjiang, in Tibet e a Hong Kong e sui diritti umani più in generale”. Al netto di spigoli che forse non potranno mai essere smussati, l’obiettivo della leadership cinese e statunitense consiste nel trasformare l’attuale ostilità sino-americana in una sana competizione. E, da qui, arrivare quanto più possibile ad un rapporto di buon vicinato.

Richieste, offerte e linee rosse

L’incontro Biden-Xi è dunque un primo, piccolo, passo verso la possibile distensione tra Cina e Stati Uniti. Per arrivarci le due parti dovranno tuttavia fare concessioni reciproche. La Cina ha a lungo insistito sul fatto che Taiwan, Xinjiang, Taiwan e Hong Kong siano “affari interni” e ha messo in guardia contro “interferenze esterne”. Allo stesso tempo Xi e Biden hanno concordato “che una guerra nucleare non dovrebbe mai essere combattuta e non può mai essere vinta e hanno sottolineato la loro opposizione all’uso o alla minaccia dell’uso di armi nucleari in Ucraina“, si legge nella dichiarazione finale della Casa Bianca (la lettura cinese non includeva alcuna menzione di armi nucleari).

I due leader hanno anche parlato della Corea del Nord, una questione di sicurezza regionale di lunga data. Biden ha avvertito che se Pechino non sarà in grado di frenare le ambizioni di armi di Pyongyang, gli Stati Uniti rafforzeranno la loro presenza nella regione, una mossa che verrà letta da Pechino come una minaccia alla propria sicurezza.

Nel redout cinese c’è anche una parte nella quale si fa presente che la suddivisione del mondo in democrazia contro autoritarismo non ha più alcuna ragione d’essere nel mondo di oggi. “Il mondo è abbastanza grande perché i due Paesi possano svilupparsi e prosperare insieme”, ha quindi twittato Hua Chunying, portavoce del ministero degli Esteri che ha accompagnato Xi nel suo incontro con Biden.

L’anno scorso, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi aveva avanzato agli Stati Uniti tre richieste fondamentali affinché le reciproche relazioni potessero migliorare: non intralciare lo sviluppo della Cina, rispettare le rivendicazioni della Cina su luoghi come Taiwan e rispettare il governo del Partito Comunista di Pechino. Dal punto di vista di Pechino, da allora gli Stati Uniti hanno fatto l’opposto su tutti i fronti. Oggi il gigante asiatico ha riproposto, implicitamente, le stesse richieste. Impreziosite da un quarto punto: riconoscere legittimo il sistema politico-valoriale cinese. Vedremo se e in che modo Biden accetterà di scendere a patti con Xi.

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