È successo tutto all’improvviso. Era una mattina come le altre nel villaggio di Mingjing, non distante dalla città di Guangzhou, quando lo scorso 22 marzo una forte esplosione ha distrutto l’ufficio del comitato locale. Siamo nella Cina meridionale, nella provincia del Guandong, all’ombra del Delta del Fiume del Perle. Qui, nel principale motore economico cinese, è andato in scena un raro attentato. Il presunto autore, secondo la ricostruzione offerta dai media, è stato identificato come una persona di nome Hu, 59enne e originario di Panyu.

L’uomo ha introdotto dell’esplosivo all’interno dell’edificio, per poi innescarlo alle 10 del mattino. I primi bilanci risultano piuttosto pesanti, con almeno cinque vittime e altrettanti feriti. “L’esplosione è stata così potente che il vetro delle finestre era sparso ovunque. Nessuno ha osato avvicinarsi. Ho visto una donna e un uomo essere portati fuori dall’edificio e sembravano morti. La gente era davvero spaventata e c’era molto fumo. È stato molto spaventoso”, ha raccontato un testimone, tal Feng Zhimin, ai microfoni del South China Morning Post. Il signor Feng stava aspettando l’autobus dalla parte opposta della strada. Ha rischiato di cadere a causa dell’onda d’urto della deflagrazione.

Una vicenda emblematica

Episodi del genere, in Cina sono casi eccezionali. Lo Stato ha fatto (e fa) di tutto per garantire l’armonia all’interno della società. In passato, i due più grandi focolai di tensione sociali erano rappresentati dagli estremisti uiguri, in passato soliti esibirsi in attentati dinamitardi in giro per la Cina, e dagli scioperi che di tanto in tanto paralizzavano alcune aziende. Certo, in mezzo a questi due poli estremi non sono mai mancate varie proteste lavorative o politiche, vicende tutto sommato fisiologiche presenti in qualsiasi Paese del mondo.

La pandemia, almeno a giudicare dagli episodi di cronaca apparsi sui media internazionali, ha tuttavia innescato una serie di malcontenti a livello locale. L’ultimo episodio, l’attacco all’ufficio del comitato di Mingjing, è stato attribuito dalle autorità a un individuo arrabbiato con i funzionari per la pessima gestione di una controversia legale sulla proprietà terriera. Incidenti simili, come detto, sono rarissimi, sia per gli elevati livelli di controllo mantenuti dalle autorità sia per l’estrema difficoltà di impossessarsi di armi da fuoco o esplosivi. Attenzione però, perché, sottolinea ancora il South China Morning Post, le tensioni sociali che hanno portato all’attacco descritto sono comuni a livello locale.

Oltre la punta dell’iceberg

A quanto pare, sembrerebbe che diversi residenti siano soliti lamentarsi del fatto che le autorità non forniscano loro un adeguato canale per risolvere i loro problemi. Emblematico, a questo proposito, il parere di Shi Xining, un avvocato di Pechino specializzato proprio in casi di controversia sulla terra. A detta del signor Shi, i conflitti tra gli abitanti dei villaggi e dei comitati per via della terra e delle proprietà sono vicende comuni. A maggior ragione quando le autorità locali cercano di requisire terreni in nome di un maggiore sviluppo. Non sempre c’è l’intesa tra le parti, e il risultato è uno scontro più o meno acceso.

Alcuni esperti sostengono che conflitti sociali del genere possano aumentare da qui all’imminente futuro per un motivo molto semplice: i piani di riqualificazione urbana procedono a ritmo spedito. E questo significa, più terre requisite. In un fanno fondamentale, quale è quello che prevede le celebrazioni del centenario del Partito Comunista cinese, il mantenimento della stabilità sociale è stato identificato come priorità assoluta.