Il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, si recherà “presto” in Tunisia, il secondo Paese di provenienza dei migranti sbarcati illegalmente in Italia nel 2022. Da culla della primavera araba e perla rara del Mediterraneo, il Paese arabo più vicino alle coste dell’Italia è oggi una nazione sull’orlo del collasso economico. Il potere è sempre più in mano al capo dello Stato, Kaies Saied, soprannominato “Robocop” per i suoi movimenti spesso ingessati e impacciati, che ha estromesso i Fratelli musulmani e avviato una road map politica dai risultati ancora incerti.
Per ottenere un prestito del Fondo monetario internazionale ed evitare il default catastrofico, l’amministrazione di Cartagine deve varare nuove riforme lacrime e sangue come la riduzione dei sussidi alimentari, il congelamento dei salari pubblici e la privatizzazione delle aziende statali indebitate. Con il rischio di impoverire ulteriormente la popolazione e innescare nuove tensioni sociali. Perché tutto questo è importante per l’Italia? Per almeno tre motivi: primi, ovviamente, i flussi migratori illegali; secondo, meno scontato, l’arrivo del gas algerino; e terzo, fatto poco noto, gli scambi commerciali in forte crescita che hanno portato l’Italia al sorpasso storico sulla Francia.
I numeri dei migranti
Secondo i dati del Viminale, lo scorso anno in Italia sono sbarcati illegalmente almeno 18.148 tunisini, pari al 17% dei 105.140 arrivi nel nostro Paese. A questi si aggiungono i circa 10 mila subshariani (ivoriani, guineani, maliani, camerunensi) salpati dalle coste tunisine. La rotta tunisina ha inciso per circa il 30% sul totale degli arrivi in Italia via mare nel 2022, a fronte di un 50% circa della Libia, mentre la percentuale rimanente è arrivata dalla Turchia (15%) in misura minore da Libano e dell’Algeria.
Fra Italia e Tunisia è in vigore un accordo per il rimpatrio di 80 migranti a settimana attraverso due voli charter: con questi ritmi ci vorrebbero 2 anni e tre mesi per rimpatriare i migranti sbarcati solo nel 2022. Ecco perché “Tajani ha chiesto un forte impegno al governo tunisino nel contrasto all’immigrazione illegale e nel velocizzare le operazioni di rimpatrio – forte deterrente a nuove partenze irregolari”, spiega la Farnesina in una nota diffusa dopo un colloquio del ministro italiano con il collega tunisino, Othman Jerandi.
“Al contempo ha ribadito al suo interlocutore il sostegno dell’Italia nelle attività di controllo delle frontiere, nella lotta contro la tratta di esseri umani e per la creazione di opportunità di migrazione legale verso l’Italia per i lavoratori tunisini”, aggiunge la Farnesina. Parlando a Radio anch’io, Tajani ha parlato di una “quota premiale” per i Paesi che hanno fatto accordi per i rimpatri. Il meccanismo è semplice: più migranti illegali tornano casa, più canali per la migrazione regolare potranno essere aperti.
I flussi di gas
In Italia, complice la crisi Ucraina, interessa poco quel che succede dall’altra parte del Mediterraneo. Eppure basta aprire Google Maps per vedere che Tunisi è più a nord di Pozzallo, il porto siciliano dove sbarcano i migranti, e che Biserta, la città più settentrionale d’Africa, si trova sulla stessa longitudine di Agrigento. Per andare da Roma a Tunisi basta un’ora e mezza di volo. I tunisini sono da secoli i nostri vicini di casa: quando la casa del nostro vicino va a fuoco, forse è il caso di preoccuparsi.
A maggior ragione se nel giardino del vicino passano i tubi del gas. Il territorio tunisino ospita infatti il gasdotto Transmed, conosciuto anche come gasdotto Enrico Mattei, che porta in Italia il gas algerino. E con la crisi ucraina oggi l’Algeria è il primo fornitore di gas del nostro Paese. In altre parole: se la Tunisia cade, l’Italia rischia di perdere la sua prima fonte di approvvigionamento energetico.
L’hub energetico
Ma c’è dell’altro. L’Unione Europea ha recentemente approvato un finanziamento di 300 milioni di euro per realizzare l’interconnessione elettrica tra l’Italia e la Tunisia: un progetto vecchio di 20 anni, ma che potrebbe fare da volano per gli investimenti tricolore nelle rinnovabili in Nord Africa, trasformando l’Italia in un hub energetico per l’intera Europa. “L’approvazione da parte dell’Unione europea del progetto di interconnessione elettrica Elmed è un risultato straordinario.
Per rendersi conto dell’importanza di questo sviluppo, basta guardare l’attuale disposizione degli elettrodotti sottomarini: manca un collegamento con l’Africa, che diventa fondamentale se si vuole beneficiare dell’offerta energetica del continente africano in termini di energie rinnovabili”, ha detto ad Agenzia Nova l’ambasciatore d’Italia a Tunisi, Fabrizio Saggio, spiegando che “il finanziamento Ue da oltre 300 milioni è il primo passo fondamentale per l’avvio dell’opera che prevede la posa in opera di un cavo energetico sottomarino da 600 megawatt lungo oltre 240 chilometri, dal valore complessivo di 840 milioni di euro”. E’ in occasione d’oro per l’Italia: con la costruzione di impianti per la generazione di energia da fonti rinnovabili, la Tunisia potrebbe fornire all’Italia una “batteria” di emergenza in caso di turbolenze internazionali, oltre ad esportare elettricità in Sicilia e dall’Italia verso l’Europa. Un progetto strategico, quasi visionario, ma che potrebbe concretizzarsi solo con una vera stabilizzazione della Tunisia.