Gli avvenimenti in Nagorno-Karabakh si susseguono rapidamente. Tra Kosovo e Serbia le tensioni non diminuiscono. La Slovacchia sta affrontando le elezioni legislative con l’ombra delle disinformazione russa. L’Onu lancia l’allarme della gioventù tunisina: sempre meno istruita e sempre più povera. La Mauritania non accoglierà i soldati francesi cacciati dal Niger. Ecco le cinque notizie del giorno

Di ora in ora salgono le tensioni tra Armenia e Azerbaigian 

Sale la tensione al confine tra Nagorno-Karabakh e Armenia. Un soldato azero è stato ucciso da un cecchino armeno posizionato al confine, più precisamente nell’insediamento di Zarkend, nel distretto di Basarkakecher. L’obiettivo era una postazione dell’esercito azero nell’insediamento di Ashagi Ayrim. È lo stesso ministero della Difesa di Baku a confermalo poi però smentito da Eravan che dichiara che non corrisponde a realtà la dichiarazione diffusa dal ministero della Difesa dell’Azerbaigian. I fatti si susseguono rapidamente in un conflitto che non vede margini di risoluzione rapida. Proprio oggi infatti, la procura generale dell’Azerbaigian ha annunciato l’arresto del ministro degli Esteri, David Babayan, dell’ormai sciolta autoproclamata Repubblica Nagorno-Karabakh. Il ministro è stato arrestato con l’accusa di essere “coinvolto nel coordinamento delle attività di gruppi terroristici, con l’obiettivo di instillare inimicizia e odio nazionale”. Queste accuse sono state mosse anche alla luce dell’attacco con missili balistici sferrato il 17 ottobre 2020 contro aree civili, insediamenti e territori smilitarizzati della città di Ganja in Azerbaigian, in cui sarebbe coinvolto Babayan. Nel frattempo Più di 100mila persone di etnia armena hanno lasciato il territorio.

Tra Kosovo e Serbia la ostilità non accennano a diminuire e la comunità internazionale richiama all’ordine

Sono passati sei giorni ma la tensione rimane alta tra Kosovo e Serbia. Gli scontri tra i due Paesi sono nati dall’uccisione di un agente kosovaro al confine con la Serbia. L’uccisione del poliziotto ha portato un gruppo di uomini armati serbi a tendere un’imboscata alla polizia kosovara e a barricarsi in un monastero ortodosso vicino al confine settentrionale con la Serbia. Gli scontri sono durati ore e sono rimasti tre uomini e altri sono stati arrestati. Ieri l’ultimo avvenimento quando la polizia kosovara si è dislocata nel nord del Paese per condurre un’operazione nelle proprietà legate alla presunta mentre dell’attacco della polizia. Belgrado non ha tardato a farsi sentire che ha difinito l’operazione una “brutale ed eccessiva dimostrazione di forza”. La vicenda è arrivata fino alle orecchie statunitensi che hanno chiesto a Belgrado di ritirare le proprie forze dal confine con il Kosovo dopo aver rilevato quello che hanno definito un rafforzamento militare serbo senza precedenti. Anche la Nato ha preso posizione dichiarando di essere pronta ad aumentare la sia forza di pace in Kosovo. 

L’ombra russa nelle elezioni in Slovacchia

Con le elezioni legislative di oggi, la Slovacchia rientra nella guerra geopolitica tra “Occidente” e Russia. Ad affrontarsi sono due correnti diametralmente opposte e, secondo i sondaggi dell’ultima ora, c’è da aspettarsi un serrato testa a testa tra il partito populista Smer-SD dell’ex primo ministro Robert Fico, che sostiene politiche più favorevoli a Mosca, e la Slovacchia progressista liberale di Michal Simecka, vicepresidente del Parlamento europeo che vuole approfondire la cooperazione con l’Ue. Come da copione il Paese è stato bombardato di disinformazione durante tutta la campagna elettorale. Uno studio rivela metà della nazione creda alle fake news in circolazione. La posta in gioco è altissima e pare che la Russia abbia giocato il suo ruolo nel diffondere fake news per agevolare il consenso nei confronti di Robert Fico che ha ornato i cartelloni della capitale Bratislava con slogan che promettono  “stabilità, ordine e benessere”. Dalle 22 di questa sera, ora italiana, avranno luogo gli exit poll e si saprà se la Slovacchia cambierà definitivamente la sua politica estera. 

Allarme giovani nella Tunisia dell’esodo umano

Secondo uno studio Onu, oltre un quarto dei giovani tunisini di età compresa tra i 15 e i 29 anni non è iscritto al sistema di istruzione e formazione della Tunisia e non è attivo sul mercato del lavoro. Lo studio è stato condotto da varie agenzie delle Nazioni Unite quali l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) e il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp). I dati riguardano giovano tunisini provenienti da diversi governatorati, ovvero Gafsa, Kairouan, Monastir e Sidi Bouzid. Non è un caso quindi che oltre alle centinaia di migliaia di disperati che cercando di arrivare sulle coste europee, in gran numero ci siano pure i tunisini. Il Paese sta attraversando non solo una drammatica crisi economica ma anche una crisi sociale. Le sfide che devono affrontare i giovani tunisini sono molteplici. Le difficoltà di apprendimento, le condizioni di vita familiare difficili e le sfide economiche e sociali portano all’abbandono scolastico e a un’inevitabile stato di disoccupazione e povertà. 

Il Sahel, in un irremovibile sentimento anti francese, allontana la Francia: la Mauritania non accoglierà i militari francesi

La Mauritania non è “né strategicamente né geograficamente” il Paese migliore per ospitare i 1.500 soldati francesi che lasceranno il Niger entro la fine dell’anno. Lo ha detto il presidente mauritano Mohamed Ould Ghazouani in un’intervista al quotidiano francese Le Figaro. “L’azione di forze dedicate è più logica in un Paese che si trova più al centro o vicino al campo d’azione. La Mauritania non subisce un attacco sul suo territorio dal 2011 e senza dubbio ha meno bisogno dell’assistenza di una forza multinazionale”, ha detto il capo dello Stato africano. È così che la Francia di Macron si ritrova in affanno nel Sahel dove non sa più dove fare continuare le sue operazioni anti terrorismo. Parigi è infatti ormai cacciata da tutta la regione che la sta inesorabilmente escludendo da un qualsiasi coinvolgimento militare. 

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