Se due indizi fanno una prova, difficile contestare l’idea che su Londra si stia preparando una tempesta perfetta.
Chi pensava che Boris Johnson si sarebbe limitato ad accettare di buon grado il ruolo di comparsa sulla scena politica inglese si sbagliava di grosso.
E chi pensava che la “sindrome di Cincinnato” (il dittatore che dopo essersi ritirato era stato richiamato al potere per salvare Roma) che lo ha colpito da quando si è dimesso si sarebbe limitata al tentativo (andato a vuoto) di tornare a Downing Street per acclamazione, dopo la caduta di Liz Truss, sbagliava ancora di più.
L’ex Primo Ministro Inglese non ha affatto depositato le armi, né tantomeno le sue velleità di tornare alla guida del paese e ogni occasione è buona per ribadirlo.
L’ultima, in ordine di tempo, gli è stata servita su un piatto d’argento dall’annuncio di Rishi Sunak di rinunciare a partecipare al summit globale sul clima, Cop27.
Per un primo ministro in carica che declina, ce n’è subito pronto un altro (ex) che si prende la scena.
Boris Johnson non ha mai perdonato all’allora Cancelliere di aver condannato a morte la sua resistenza al Numero 10 dimettendosi dal suo incarico nel governo e ora, quale migliore occasione per restituire a Sunak lo smacco subito la scorsa estate?
I due indizi
Le ultime immagini pubbliche di BoJo hanno consegnato alle cronache un leader abbronzato e rientrato in fretta e furia da Santo Domingo per rispondere alla chiamata dei suoi che lo volevano a raccogliere i cocci dei 44 terribili giorni con Liz Truss.
Le immagini private, invece, sono quelle di un uomo in continua elaborazione di una strategia per disarcionare il suo nemico giurato mentre, nel frattempo, manda avanti i suoi scudieri.
Alok Sharma, il presidente di Cop26, lo “Zar del clima”, ha avuto incarichi nel governo conservatore ininterrottamente dal 2016, con Theresa May, fino a quando Rishu Sunak non ha deciso di sbarazzarsene.
Sharma, che in questo modo oltre all’incarico ha anche perso la possibilità di partecipare alle riunioni di Gabinetto, (e magari dare conto a Boris dei contenuti emersi), ha deciso di concedere le sue riflessioni sulle scelte ambientali del nuovo Primo Ministro al Sunday Times.
“La decisione di Sunak non partecipare a Cop27 è un grave errore” ha scandito argomentando che il rischio è quello di sminuire il ruolo di primo piano che il Regno Unito si era dato sulle questioni ambientali, aggiungendo che, una scelta del genere verrà pagata dai Conservatori alle urne.
In una intervista giudicata “incredibilmente aperta”, Sharma accusa l’attuale Primo Ministro di continuare a dare concessioni per petrolio e gas senza invece rinforzare la tassazione sugli extra-profitti delle grandi compagnie, concedendo sconti solo a quelle che reinvestono sulle rinnovabili.
“Questo è il tema del momento, non solo nell’ottica di difesa dell’ambiente – il suo ragionamento – ma anche per le grandi opportunità offerte in termini di posti di lavoro e di nuovi investimenti” ha concluso Sharma senza fare sconti a chi lo aveva appena liquidato.
Una cosa buona, però va detto, Sunak appena entrato a Downing Street l’avrebbe fatta. L’annuncio di non autorizzare il fracking, reintrodotto da Liz Truss, ha sedato gli animi dei territori costieri interessati e accontentato le richieste dei deputati Tories eletti in quelle aree.
Jonhson e la pancia del paese
“Boris Johnson vuole tornare al suo posto ad ogni costo” ci spiega il professor Steve McCabe della City University di Birmingham. “La decisione di andare a Sharm El-Sheikh ha come principale obiettivo quello di causare imbarazzo al nuovo primo ministro”.
Johnson è uno che conosce bene la pancia del suo popolo, un uomo delle élite che si è sempre messo indosso i panni dell’”Uno-di-voi” esprimendo la grande capacità di entrare in simbiosi con gli umori degli inglesi dicendo loro quello che si aspettavano di sentire.
Esattamente le qualità che Sunak viene accusato di non avere, dietro a quegli abiti troppo costosi, che nessuno gli perdona e dietro a quell’immenso patrimonio che lo rende più ricco del re e che molti inglesi in difficoltà considerano una colpa.
Tutto questo è irrazionale, ma l’accusa di non saper entrare in sintonia con i sentimenti degli ultimi e di non rappresentare le esigenze della classe operaia e dei lavoratori, visti al contrario, sono esattamente i valori che hanno sempre rappresentato la forza di Johnson.
Poi si può discutere di quanto le promesse siano state tradotte in fatti, ma nella politica del populismo, gli annunci pesano, per le verifiche ci sarà tempo.
BoJo paladino del climate change
Boris Johnson un anno fa aveva investito energie e promesse all’edizione di Cop26 che si era tenuta in casa, a Glasgow e che aveva dato al Regno Unito la presidenza del summit.
Oggi, il suo successore, voltando le spalle alla kermesse dà uno smacco nel segno della discontinuità che anche la debolissima Liz Truss aveva comunque garantito.
Così succede che: Sunak annuncia che non ci sarà e la mattina dopo i giornali aprono con la notizia che Boris Johnson parteciperà.
A palazzo le fibrillazioni vanno alle stelle; la decisione crea scompiglio e manda l’ennesimo segnale di caos all’interno del partito che ormai sperava di aver raggiunto l’unità salvaguardando governo e poltrone.
Ma non avevano fatto i conti con la sete di vendetta di Johnson e con il suo grande afflato ambientalista…
Non è ben chiaro quali panni vestirà BoJo a Cop27: se andrà nella delegazione ufficiale del governo con gli altri deputati, se andrà come ospite del governo egiziano in un simbolico passaggio di consegne della presidenza tra i due paesi o se invece si accoderà alle delegazioni delle organizzazioni non governative invitate.
Quel che è certo è che ci sarà e sarà di nuovo accanto a Biden, a Macron e ai grandi della terra e sarà lì per riconquistarsi il posto al sole che non vuole lasciare all’avversario che invece resterà sotto il cielo plumbeo di Londra.
Sunak e le Lobbies
Alla ricerca di una spiegazione per la mancata partecipazione del primo ministro al summit di Sharm El-Sheikh, il Mirror ha pubblicato i dettagli sui finanziamenti ricevuti da Sunak durante la campagna estiva per la premiership.
Ready4Rishi avrebbe raccolto donazioni pari a 460.000 Sterline, (Liz Truss ne aveva ricevute 424.000) e tra i suoi finanziatori, stando alle notizie fornite dal quotidiano, ci sarebbero molti personaggi legati al mondo dal petrolio, del gas e dell’aviazione, tutti interessati ad investimenti legati ai combustibili fossili.
“Come avrebbe potuto deludere le loro aspettative?”, la critica per niente velata mossa da Ed Milliband, il ministro ombra laburista che su Twitter ha scandito: “Sunak è dalla parte delle grandi compagnie del petrolio e del gas, non certo dalla parte della gente”.
Boris Johnson invece c’è e mai si sarebbe sognato di dire al re di stare a casa.
Carlo III “si fa il suo summit sul clima a casa”
Noto per il suo profondo impegno per l’ambiente, la biodiversità e la natura, re Carlo III, a pochi giorni dalla sua proclamazione coincisa con l’entrata in ufficio di Liz Truss, aveva già ricevuto disposizioni da parte del Primo Ministro di non farsi vedere a Cop27.
Lei pare volesse usare la prima missione del nuovo re in maniera più strategica, magari mandandolo in Canada, o forse, più semplicemente, non voleva ombre sul suo viaggio.
Ma, casualmente la notizia, riservata, era subito sfuggita dalle fessure di Buckingham Palace, quel luogo blindato dal quale non esce nulla che non debba uscire.
Oggi, il tema torna di stretta attualità perché il capo dello stato e del regno ha di fatto ricevuto le stesse indicazioni anche da parte di Rishi Sunak, il quale si è limitato a far sapere di non volere riaprire il discorso.
Ma Carlo III ha in testa una corona e tra le mani un’agenda che il primo ministro appena arrivato può solo contemplare.
Così, Buckingham Palace ha rimesso la palla in campo annunciando che, due giorni prima di Cop27, il palazzo ospiterà il “suo summit”.
Sarà una festa aperta a 200 grandi imprenditori, uomini d’affari, decision-makers e ONG che vorrà rimarcare l’importanza della presidenza di turno del Regno Unito a Cop26. E non si tratterà di un banchetto reale, ma di un vero momento di confronto sulle tematiche legate alla sostenibilità, ad un’analisi dei progressi compiuti in questo ultimo anno esprimendo la volontà del regno di proseguire in questa direzione. Convintamente.
Il destino incerto di Sunak
Oggi, a minare la sicurezza che i Conservatori pensavano di aver raggiunto con la nomina di Rishi Sunak ci sono sempre più sempre più ostacoli.
I problemi del ministro dell’Interno Suella Braverman, che il Primo Ministro è stato costretto a richiamare nel suo governo per ragioni di equilibrismo politico, rischiano di trascinarlo giù con sè.
Poi c’è la scadenza della presentazione della manovra di bilancio d’autunno, rimandata al 17 novembre e sulla quale ci sono gli occhi puntati dei mercati, che non perdonano.
Il risultato è che chi pensava di averne già viste abbastanza, si prepari perché il cielo sopra Westminster è fosco e promette temporali.
E Boris Johnson non aspetta altro.