Tra i vari annunci del ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, ce n’è uno che ha avuto al centro il Mar Nero. “I porti di Berdiansk e di Mariupol sono pienamente funzionanti” ha detto Shoigu, “prevediamo di stabilirci delle basi per le navi di appoggio, i servizi di soccorso d’emergenza e le unità per la riparazione delle navi della marina”.
Per la difesa russa si tratta di un passaggio particolarmente importante per diverse ragioni. Con la scelta di stabilire basi nelle due città occupate, si sottolinea la ferma volontà di mostrare di poter controllare il Mar d’Azov e quella striscia costiera che collega la Crimea al Donbass. Un obiettivo che per la Russia è sempre stato fondamentale sin dall’inizio dell’aggressione all’Ucraina. Inoltre, per Mosca, l’idea di utilizzare i porti di Mariupol e Berdiansk significa anche manifestare il tentativo di riportare una forma di normalità logistica nel Mar Nero in una fase in cui le difficoltà di transito nel Donbass impongono degli enormi ostacoli al flusso di armi e rifornimenti per le prime linee del fronte ma anche per i nuovi territori occupati, che rischiano di essere scollegati dal territorio della Federazione. Le due città diventano quindi dei piccoli ma utili hub logistici in una condizione estremamente precaria sul terreno, specialmente in caso di rilancio della controffensiva ucraina.
La scelta però di sottolineare il fatto che i due porti vengano scelti anche per servizi di soccorso e unità di riparazione della flotta mostra anche una delle principali criticità della guerra di Vladimir Putin, e cioè quella della condizione della Flotta del Mar Nero. Se infatti dal punto di vista strategico l’utilizzo dei cantieri di Berdiansk e Mariupol, una delle città martiri della guerra, è una mossa che serve anche a dare un’immagine di futuro nel pieno del sistema russo, dal punto di vista tattico significa ovviare a un vulnus che Mosca non pensava di dover fronteggiare.
Le capacità di guerra asimmetrica navale dimostrate dalle forze ucraine – in questo certamente aiutate e soprattutto addestrate dai consiglieri della Nato – hanno palesato le fragilità della flotta russa in un settore che per il Cremlino era sostanzialmente considerato al sicuro. Gli attacchi chirurgici a Sebastopoli, l’utilizzo di moderni droni marini combinati con quelli aerei e alcuni raid addirittura oltre le coste della Crimea e dei territori annessi dalla Federazione hanno messo a nudo problemi di sicurezza. Mentre sul piano difensivo, la creazione di un sistema di difesa costiero sempre più letale con l’impiego di missili costruiti in loco e arrivati dall’esterno hanno fatto sì che le navi russe abbiano dovuto allontanarsi dall’area delle operazioni, costringendo di fatto la flotta del Mar Nero a un compito di sorveglianza senza alcun ruolo offensivo come nelle prime settimane di conflitto. Del resto l’affondamento di alcune navi della flotta di Mosca, la riconquista dell’isola dei Serpenti da parte delle forze ucraine e l’impossibilità di ovviare al logoramento portando altre unità attraverso il Bosforo (bloccato, con la convenzione di Montreux, dai turchi) ha innescato una spirale che per la Russia significa la fine del pieno controllo delle acque di fronte all’Ucraina centro-occidentale.
Berdiansk e Mariupol rappresentano quindi messaggi tattici e strategici potenzialmente opposti. Sotto il primo aspetto, Mosca conferma delle difficoltà tali da non potersi più permettere di sfruttare il bastione di Sebastopoli come luogo sicuro dove riparare navi usurate e che, inoltre, non riescono più a dare alcun contributo alle manovre offensive a Kherson o in altre aree del Paese. In assenza della libera navigazione nel Bosforo per le navi militari e con le difficoltà di approvvigionamento dimostrate in questi mesi, le città occupate diventano porti necessari per tutto il fronte, segnalando quindi la necessità di correre ai riparti soprattutto in caso di rinnovata spinta delle unità di Kiev verso la riconquista della Crimea.
Dal punto di vista strategico, però, il segnale lanciato è anche di natura sistemica: Berdiansk e Mariupol possono essere fondamentali nel futuro del conflitto e anche del post-conflitto, specialmente se la Crimea rischia di essere un avamposto non più così sicuro della Flotta del Mar Nero. E conferma l’interesse di Mosca a sigillare il Mar d’Azov e tutta quella parte di mare come obiettivo centrale dell’invasione scatenata a febbraio.