L’ultima ondata di Covid, agli atti la quinta, ha letteralmente travolto Hong Kong. I numeri epidemiologici, mai così alti in due anni da queste parti, svelano uno scenario di emergenza, con la municipalità che nelle ultime 24 ore potrebbe segnalare un record di almeno 5mila contagi, in aumento dopo il picco massimo di 4.285 infezioni del 16 febbraio. Calcolatrice alla mano, i dati sono schizzati alle stelle, essendo aumentati di 13 in appena due settimane. Il problema è che la curva non accenna ad appiattirsi, mentre molte strutture sanitarie di Hong Kong sono ormai prossime al collasso.
La violenta recrudescenza del virus ha sottoposto gli ospedali ad una pressione enorme. Basti pensare che ogni operatore sanitario gestisce in media quasi 20 pazienti durante i turni notturni. Come se non bastasse, la carenza di manodopera e di spazio nei reparti hanno fatto sì che molti pazienti fossero ricoverati al di fuori dei presidi, dove sono stati allineati una serie di letti privi di protezione dalle intemperie. Data l’attuale congestione, un ingente numero di pazienti asintomatici o con sintomatologia lieve stanno affrontando la quarantena presso il proprio domicilio in attesa di poter accedere agli ospedali.
Hong Kong nell’occhio del ciclone
A sottolineare la gravità della situazione troviamo anche le esortazioni di Xi Jinping. Il presidente cinese ha avvertito a chiare lettere l’amministrazione di Hong Kong guidata da Carrie Lam, ordinando ai vertici locali di mobilitare “tutte le forze e le risorse disponibili” per garantire la sicurezza e la salute dei cittadini. In altre parole, seguendo l’approccio adottato da Pechino, la stabilizzazione del quadro epidemico deve essere “la massima priorità”.
I primi provvedimenti non sono tardati ad arrivare. Accanto all’annuncio dell’ampliamento delle infrastrutture dedicate alla quarantena obbligatoria, con 3 mila appartamenti nei nuovi complessi edilizi Queen’s Hill Estate e Lai King Estate e con 10 mila nuove camere d’albergo, sono state designate sette cliniche per il trattamento ambulatoriale dei pazienti con sintomatologia lieve, nel tentativo di alleviare la pressione sugli ospedali. Ricordiamo che Hong Kong adotta la stessa strategia di lotta al Covid della Cina, che prevede l’isolamento per tutti i soggetti risultati positivi, compresi gli asintomatici e chi presenta sintomi lievi.
Dodicimila infetti attendono di essere ammessi nelle strutture per la quarantena o negli ospdeali. Secondo quanto riportato da Bloomberg, nei distretti più poveri della città dozzine di anziani hanno atteso il loro turno distesi su letti d’ospedale posizionati fuori dal Caritas Medical Center di Sham Shui Po; un altro gruppo di persone, compresi bambini piccoli, sedeva in tende blu di isolamento dall’altra parte della strada in attesa di essere valutato dal personale medico.
Le cause dell’aumento dei contagi
A meno di decisioni drastiche, il governo non dovrebbe ricorrere a un lockdown generale, anche perché molti cittadini vivono in spazi ridotti. Per fronteggiare la crescita dei contagi le autorità hanno attuato nuove restrizioni, tra cui il divieto di cenare fuori dopo le 18, la chiusura di bar, parrucchieri e palestre, la sospensione delle lezioni in presenza fino al 7 marzo e, a partire dal 24 febbraio, il divieto d’ingresso ai non vaccinati in centri commerciali e supermercati. Fino ad ora Hong Kong era riuscita a contenere nel miglior modo possibile gli effetti della pandemia. L’arrivo della variante Omicron, molto più contagiosa della forma tradizionale di Sars-CoV-2, ha tuttavia sconvolto i piani dell’ex colonia cinese, al punto che, qualora lo scenario non dovesse cambiare in meglio, gli esperti prevedono tra i 10 e i 28mila casi al giorno entro la fine di maggio.
Ma perché stiamo assistendo al ritorno di fiamma del Covid in una città come Hong Kong? Innanzitutto diamo un’occhiata alla copertura vaccinale della megalopoli. Al 13 febbraio risultava vaccinato il 74% della popolazione, con un 8,3% in attesa di completare il ciclo vaccinale e un 66% completamente coperto. Valori troppo bassi per impedire la circolazione di Omicron. Bisogna poi considerare un altro fattore: a Hong Kong il tasso di vaccinazione tra la popolazione più anziana è bassissimo, visto che appena il 20% degli over 80 ha ricevuto almeno due dosi, mentre risulta vaccinata la metà dei cittadini di età compresa tra i 70 e i 79 anni.
Alla base della quinta ondata che sta mettendo in difficoltà Hong Kond troviamo, dunque, una vaccinazione generale ancora bassa, ma anche l’effetto già riscontrato in Israele. I vaccini che stiamo utilizzando sono stati ingegnerizzati per affrontare a pieni voti le varianti precedenti a Omicron. Questo significa che, pur ricevendo le dosi, le persone continueranno a contrarre l’infezione (in forma lieve o lievissima e senza) e quindi a gonfiare i bollettini almeno fino a quando non entreranno in commercio i vaccini di seconda generazione, pensati cioè per proteggere contro le ultime mutazioni del Covid.
C’è, infine, da considerare quanto emerso da un rilevamento del Center for Health Protection di Hong Kong: pare che circa il 4% dei pazienti colpiti dalla quinta ondata abbia un’età non superiore ai quattro anni. In ogni caso, è bene sottolinearlo, al netto della pressione sui sistemi sanitari, a Hong Kong il numero di decessi (negli ultimi giorni circa 2 o 3 al giorno), anche e soprattutto grazie alla risposta vaccinale, è pressoché irrisorio. Certo è che la Cina non tollera alcun contagio, e dunque, secondo alcune indiscrezioni, Pechino potrebbe fornire tutto il supporto necessario per testare l’intera popolazione al fine di far implodere su se stessa l’ondata.