Dagli spray nasali ai cerotti. I vaccini anti Covid di seconda generazione, oltre a risultare efficaci contro le nuove varianti di Sars-CoV-2, potrebbero essere molto diversi rispetto ai prodotti che abbiamo osservato negli ultimi anni. La comunità scientifica, e dunque case farmaceutiche e ricercatori, devono affrontare due enormi sfide. La prima: fare in modo che il vaccino risulti progressivamente aggiornato e quindi in grado di neutralizzare, o quanto meno arginare, gli effetti prodotti da Omicron e dai suoi possibili fratelli. Sappiamo infatti che tutti i virus tendono a mutare per adattarsi all’ambiente.

L’interrogativo fondamentale, allora, ruota attorno alla capacità dei prossimi vaccini di restare al passo di Sars-CoV-2. Per far questo è auspicabile che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) allestisca un sistema di sorveglianza globale e centralizzato capace di registrare ogni singola mutazione del misterioso coronavirus, in modo tale da consegnare alle case farmaceutiche una sorta di “bussola orientativa” con la quale organizzare le produzioni dei futuri vaccini. Tra l’altro non ci sarebbe niente di strano, visto che qualcosa di simile accade già per la preparazione dei vaccini influenzali.

I vaccini di seconda generazione

Passiamo alla seconda sfida: rendere il vaccino anti Covid più “digeribile” possibile. Che cosa significa? Semplice: la maggior parte delle persone sembra avere una paura quasi innata nei confronti di aghi e siringhe, gli strumenti impiegati per iniettare le dosi dei vaccini più comuni. Trovare il modo di realizzare un vaccino più facile da somministrare, e magari senza ago, potrebbe rappresentare un traguardo fondamentale. Anche per convincere una buona parte di indecisi o terrorizzati.

Al momento, i ricercatori stanno testando 116 vaccini in studi clinici sull’uomo, e 48 hanno raggiunto le fasi finali del test; oltre 75 vaccini preclinici, invece, sono oggetto di studio attivo negli animali. Accanto alle grandi case farmaceutiche, è interessante dare un’occhiata generale a quanto sta accadendo. La Washington University ha progettato un vaccino spray nasale in grado di produrre elevati livelli di anticorpi contro il Sars-CoV-2 per il quale si attendono i risultati degli studi di fase 3. In Iran, è iniziata la sperimentazione clinica di Cov-Pars Razi, vaccino sviluppato dal Razi Vaccine and Serum Research Institute e somministrato in tre dosi: due iniezioni e uno spray nasale. E la lista potrebbe arricchirsi di altri esempi.

Non solo ago e siringa

Interessante citare il PepGNP, un vaccino cerotto sviluppato in Inghilterra da Emergex Vaccines e pronto per essere sperimentato in Svizzera. Questo vaccino, ha spiegato il centro di ricerca anglosassone, è stato sviluppato per indurre l’immunità cellulare piuttosto che la produzione di anticorpi. PepGNP, che difficilmente vedremo prima del 2025, si affida ai linfociti T per eliminare le cellule infette dal coronavirus Sars-CoV-2 e impedirne la riproduzione.

In Italia, merita attenzione LeCoVax2, un candidato vaccino sviluppato in concerto dall’Università Statale di Milano e VisMederi Research. Questo possibile vaccino del futuro ha almeno due caratteristiche innovative. Intanto LeCoVax2 si affida a una piattaforma vaccinale sui generis, basandosi su un microrganismo unicellulare modificato, la Leishmania tarentolae, in grado sia di produrre sia di trasportare le proteine virali che fungono da antigeni, e che possono stimolare la produzione di anticorpi nel soggetto vaccinato. Come se non bastasse, questo vaccino potrebbe essere somministrato per via mucosale, ad esempio orale. Insomma, la carne al fuoco non manca. Non resta che pazientare ancora un po’ per capire quali saranno i prossimi vaccini con i quali sferrare un colpo decisivo al Sars-CoV-2.

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