Sui vaccini sembra di vivere un déjà vù. In effetti, a ben vedere, ci troviamo di fronte alla ripetizione di un fenomeno avvenuto, per la seconda volta e nel giro di poche settimane, con modalità quasi identiche. E che ha provocato effetti a cascata sui Paesi di mezza Europa, costretti nuovamente a rivedere termini e scadenze di una campagna vaccinale in perenne sofferenza. Negli Stati Uniti è scattato il semaforo rosso per il vaccino Johnson & Johnson. Si tratta, hanno subito sottolineato le autorità federali americane, di uno stop precauzionale, di alcuni giorni o, al massimo, qualche settimana, dovuto a una manciata di presunte gravi reazioni avvenute in seguito a milioni di somministrazioni del prodotto.

Sono stati segnalati sei casi di una rara patologia con coaguli nel sangue in tutto il territorio americano – sei donne di età compresa tra i 18 e i 45 anni, una morta le altre finite in condizioni critiche – su circa 6.8 milioni di dosi Johnson & Johnson somministrate. Poco importa se la Food and Drug Administration (Fda) e il Centers for Disease and Control Prevention (Cdc) hanno spiegato in un comunicato che gli eventi registrati sono rarissimi. Tanto è bastato a spingere l’Ad26.COV2.S nell’occhio del ciclone, in pasto all’opinione pubblica e sul tavolo degli imputati dove già era finito il vaccino di Astrazeneca e Università di Oxford.

Johnson & Johnson come Astrazeneca

Leggendo i dati americani relativi al vaccino Johnson & Johnson, e facendo un rapido calcolo, è possibile stimare l’incidenza dei presunti gravi effetti avversi collegati alla somministrazione del prodotto. Stiamo parlando di meno di un episodio su un milione di iniezioni, ha spiegato il virologo Anthony Fauci, non certo un utente qualunque pescato a caso nella galassia del web. Il bello è che la sospensione momentanea è avvenuta nonostante non vi fossero chiare relazioni tra i suddetti eventi rari e il vaccino. Alla faccia della prudenza, visto e considerando, come ripetono da mesi gli esperti di tutto il mondo, che ci troviamo di fronte a una delle peggiori emergenze sanitarie degli ultimi decenni.

È facile imbastire un parallelo con la vicenda AstraZeneca. Basta cambiare il contesto geografico (Stati Uniti anziché Europa), l’ente regolatore che dovrà decidere quando riabilitare l’ipotetico “colpevole” (Fda e non l’Ema) e, ovviamente, il vaccino (Johnson & Johnson al posto di AstraZeneca). Gli effetti sono tuttavia identici: aumento di sfiducia immotivata da parte della popolazione nei confronti di un prodotto che potrebbe contribuire a far crollare la curva epidemiologica; importante danno reputazionale e d’immagine al vaccino; probabile alterazione del mercato dei vaccini; congelamento delle consegne delle dosi Johnson & Johnson e rallentamento delle campagne vaccinali. Anche i risultati potrebbero essere simili. La sensazione, infatti, è che dopo qualche giorno di blocco le autorità americane possano riabilitare il vaccino come se niente fosse successo, magari sottoponendolo a qualche limite di età. “Much Ado About Nothing” (“Tanto rumore per nulla“), direbbe William Shakespeare.

Un fatto curioso

Ci sono i fatti, quelli appena enunciati, e poi ci sono gli aspetti curiosi. Sarà senza ombra di dubbio un caso, anche perché non esistono conferme o smentite di sorta, ma è curioso il fatto che a finire sotto la luce dei riflettori siano stati due prodotti che, per caratteristiche proprie, avrebbero dovuto facilitare la campagna vaccinale a livello globale. Prendiamo l’AZD1222, il vaccino di AstraZeneca: è il prodotto meno caro tra quelli fin qui disponibili sul mercato. Ogni dose costa circa 2.15 dollari (in Europa, 4 negli Stati Uniti), a fronte, ad esempio, dei 14.50 (il prezzo potrebbe presto salire del 60%) del Pfizer-BioNTech o dei 18 di Moderna.

Prendiamo adesso l’Ad26.COV2.S, uno dei vaccini più attesi in quanto avrebbe dovuto agevolare governi e personale sanitario nella fase di immunizzazione. Questo prodotto, infatti, è l’unico monodose in circolazione. A differenza dei suoi “rivali”, che per garantire una protezione totale necessitano di due dosi, il Johnson & Johnson si ferma a una sola iniezione. Considerando che molti stanno iniziando a parlare apertamente di “guerra commerciale dei vaccini“, c’è il sospetto – ripetiamo: non confermato – che AstraZeneca, il più economico, e Johnson & Johnson, il monodose, possano essere finiti alla gogna più per le loro caratteristiche commerciali che non per i rarissimi e presunti casi di trombosi a essi collegati.