L’uso dell’intelligenza artificiale per lanciare campagne di disinformazione aggressive e sempre più incisive. Dagli Stati Uniti arriva l’ennesimo allarme riguardante la Cina, nello specifico le strategie che avrebbe iniziato ad adottare Pechino per cercare di influenzare l’opinione pubblica a proprio vantaggio.
Il New York Times ha preso come esempio emblematico quanto accaduto poche settimane fa alle Hawaii, con lo scoppio di numerosi incendi che hanno devastato Maui, la seconda, per superficie (1883 chilometri quadrati), delle isole hawaiiane. In quei giorni, i cosiddetti “guerrieri dell’informazione” cinesi avrebbero preso d’assalto Internet inondandolo con una raffica di post falsi, nei quali si sottolineava come le origini del disastro delle Hawaii non fosse naturale, bensì frutto di un’arma meteorologica segreta testata dagli Stati Uniti.
Gli stessi post erano poi accompagnati da fotografie apparentemente generate da programmi di intelligenza artificiale. A quanto pare, questa è stata la prima volta che una campagna di disinformazione cinese avrebbe utilizzato strumenti del genere nel tentativo di rafforzare la propria aura di autenticità.
Nuove tecniche di disinformazione
La disinformazione è trasversale, nel senso che non è appannaggio di un solo governo, attore o Paese. Svariati soggetti cercano – chi più e chi meno, e con mezzi più o meno leciti – di influenzare l’opinione pubblica a proprio vantaggio.
Per la Cina il tentativo di raccontare gli incendi hawaiani come un atto deliberato da parte delle agenzie di intelligence e dei militari statunitensi ha rappresentato un cambio di tattica rispetto al passato. Fino ad ora, infatti, le campagne cinesi erano solite concentrarsi sull’amplificazione della propaganda in difesa delle sue politiche su Taiwan e altri argomenti. Lo sforzo più recente, rivelato dai ricercatori di Microsoft e da una serie di altre organizzazioni, suggerirebbe che Pechino stia facendo tentativi più diretti per seminare discordia negli (e contro gli) Stati Uniti.
L’impatto della campagna cinese – identificato dai ricercatori di Microsoft, Recorded Future, Rand Corporation, NewsGuard e Università del Maryland – è difficile da misurare, anche se le prime indicazioni suggeriscono che pochi utenti di social media si siano impegnati con la più stravagante delle teorie del complotto.
L’uso dell’intelligenza artificiale
Gli analisti Usa hanno suggerito che la Cina sarebbe impegnata a costruire una rete di account che potrebbe essere utilizzata in future operazioni di disinformazione, comprese le prossime elezioni presidenziali statunitensi. Questo, ha ricordato il Nyt, è del resto lo stesso schema d’azione impiegato dalla Russia nell’anno precedente alle elezioni del 2016.
Il recente modus operandi cinese “sta andando in una nuova direzione, che in un certo senso amplifica le teorie del complotto”, ha affermato Brian Liston, ricercatore presso Recorded Future, una società di sicurezza informatica con sede nel Massachusetts.
Al momento non vi sono indicazioni che Russia e Cina stiano lavorando insieme su operazioni di disinformazione, ma spesso fanno eco ai reciproci messaggi, in particolare quando si tratta di criticare le politiche statunitensi. Nel caso in cui Pechino dovesse impegnarsi in operazioni di influenza per le elezioni del prossimo anno, è probabile che il Dragone cercherà di sminuire il presidente Biden e di aumentare il profilo dell’ex presidente Donald Trump. In ogni caso, lo sforzo cinese indica che sta per iniziare una nuova fase delle guerre di disinformazione, rafforzata dall’uso degli strumenti di intelligenza artificiale.