Nelle campagne del Maryland, a un’ora di macchina da Washington, si staglia lo United States Army Medical Research Institute of Infectious Diseases, ovvero l’Istituto di ricerca medica sulle malattie infettive dell’esercito degli Stati Uniti (USAMRIID). Controllato dallo U.S. Army, si tratta del più importante centro americano per la ricerca sulle contromisure da adottare in caso di guerra biologica. Siamo a Fort Detrick, nel cuore del campus di circa 5.300 ettari che ospita strutture ed edifici chiamati a gestire il programma di difesa biologica degli Stati Uniti. Accanto allo USAMRIID troviamo lo U.S. Army Medical Research and Development Command (USAMRDC), il National Cancer Institute-Frederick (NCI-Frederick), la National Interagency Confederation for Biological Research (NICBR) e il National Interagency Biodefense Campus (NIBC).

Ricerca, analisi, sviluppo biomedico e studio di agenti patogeni, compresi i più pericolosi, come Ebola e vaiolo: ecco le attività chiave praticate, da anni, nel complesso di Fort Detrick. Un complesso, date le sue profonde connessioni con il Dipartimento della Difesa e l’esercito americano, impermeabile e misterioso. Lo USAMRIID, ad esempio, è l’unico laboratorio della difesa statunitense attrezzato per garantire il massimo livello di biosicurezza, il BLS-4. Anche se l’istituto adotta elevati standard di sicurezza, e attua controlli rigorosi così da scongiurare contaminazioni, in passato si sono registrati diversi incidenti. La lista completa, o meglio l’archivio, degli errori di laboratorio è consultabile sul sito della stessa USAMRIID. Stando alle ultime informazioni diffuse, dal 2010 in poi non sarebbero stati riscontrate prove di ipotetiche fuoiscite di malattie uscite dai laboratori dell’area, né dal centro di ricerca.

Incidenti e sospensioni

In ogni caso, il 5 agosto 2019, il New York Times ha riportato la notizia di un incidente che ha portato alla sospensione, per alcuni mesi, delle ricerche sui virus pericolosi. Un mese prima, nel luglio 2019, il Cdc, Centro per la prevenzione e controllo delle malattie americano, aveva inviato a Fort Detrick una lettera contenente l’ordine di chiusura del laboratorio BSL-4 del campus a tempo indeterminato e per motivi “di sicurezza nazionale”. Il Cdc, non a caso, aveva ispezionato lo USAMRIID a giugno, rilevando un incidente di biocontenimento. Le cronache sono a macchia di leopardo e non sempre chiarissime.

L’Independent, dopo aver fatto notare che Fort Detryck “è stato l’epicentro della ricerca sulle armi biologiche dell’esercito americano dall’inizio della Guerra Fredda”, ha scritto che l’interruzione decisa dal Cdc è avvenuta in seguito a un controllo dello stesso ente di sanità pubblica del governo che avrebbe riscontrato “diversi problemi con le nuove procedure utilizzate per decontaminare le acque reflue”. Scendendo nel dettaglio, scopriamo che “per anni la struttura ha utilizzato un impianto di sterilizzazione a vapore per trattare le acque reflue” ma “dopo che una tempesta ha allagato e rovinato un macchinario, lo scorso anno (nel 2018 ndr), Fort Detrick è passato a un nuovo sistema di decontaminazione a base di sostanze chimiche”. Gli ispettori del Cdc hanno quindi scoperto che queste procedure non erano sufficienti per seguire correttamente le regole. Le attività di ricerca sono tuttavia ripartire nella primavera 2020.

La (contro)narrazione di Pechino

Data la sostanziale incertezza che ancora aleggia sulla determinazione esatta delle origini del Sars-CoV-2, e l’eventualità che il patogeno possa essere fuggito accidentalmente dal Wuhan Institute of Virology, un laboratorio cinese situato proprio a Wuhan, primo epicentro noto della pandemia di Covid-19, la Cina ha tirato fuori dal cilindro una sua (contro)narrazione. Gli Stati Uniti hanno più volte accusato Pechino di aver nascosto dati e ostruito le indagini che avrebbero dovuto chiarire lo scoppio dell’emergenza globale. Alcuni esperti ritengono plausibile la fuoriuscita del coronavirus dall’istituto di Wuhan, ma al momento non ci sono ancora prove schiaccianti per convalidare o meno tale posizione.

 

La Cina ha sempre negato la cosiddetta Lab Leak Theory, anche se da quando Joe Biden ha aumentato la pressione sulla pista del laboratorio, la situazione, per il Dragone, è diventata piuttosto complessa da gestire, almeno dal punto di vista dell’immagine internazionale. Per alimentare la confusione all’interno dell’opinione pubblica, e al contempo mettere all’angolo Washington, i media cinesi – e con loro diverse figure istituzionali, come ad esempio Zhao Lijian, portavoce del Ministero degli Esteri cinese – hanno tirato in ballo Fort Detrick. Perché, è in sostanza il discorso di fondo, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha indagato soltanto su quanto accaduto nel laboratorio di Wuhan? Per quale motivo nessuno ha ancora fatto un sopralluogo nelle strutture statunitensi? Cosa hanno da nascondere gli americani?

La posizione di Pechino, dunque, si inserisce nel perfetto scontro tra propagande/narrazioni contrapposte. A chi chiede di fare luce sul Wuhan Institute of Virology, la Cina rimanda a Fort Detrick. Un muro contro muro, questo, che non fa altro che danneggiare la ricerca della verità obiettiva in merito alle origini della pandemia.

La Cina, insomma, continua a insistere su Fort Detrick. Il portavoce Zhao Lijian, come riportato dal Global Times, ha affermato che gli Stati Uniti dovrebbero essere trasparenti e adottare misure per indagare a fondo sulla fonte della propria pandemia. Non solo: Fort Detrick e più di 200 laboratori biologici americani all’estero devono essere indagati. Quasi 5 milioni di cinesi hanno intanto firmato un lettera aperta per chiedere all’Oms di indagare sul complesso americano situato nel Maryland. Pechino, infine, è stato chiarissimo nel ribadire come la Cina non possa accettare il piano dell’Oms inerente alla seconda fase di uno studio sulle origini del COVID-19.

Zeng Yixin, vice ministro della Commissione sanitaria nazionale, si è detto “piuttosto sorpreso” dalla richiesta di approfondire le origini della pandemia e, in particolare, la teoria secondo cui il virus potrebbe essere trapelato da un laboratorio cinese. Il signor Zeng ha liquidato la teoria delle fughe di laboratorio come una voce che va contro il buon senso e la scienza. “È impossibile per noi accettare un tale piano di tracciamento delle origini del virus”, ha concluso il viceministro cinese.

Ombre cinesi su Fort Detrick

La narrazione cinese, vera o falsa che sia, ha avuto un notevole impatto per due motivi. Intanto non sappiamo ancora niente sulle origini del Sars-Cov-2. Dunque, finché non sarà fatta chiarezza sulla vicenda, qualsiasi pista potrà trovare terreno fertile, soprattutto, come detto, nel bel mezzo di una guerra tra differenti propagande. Dopo di che bisogna concentrarci sull’alone di mistero che da sempre aleggia su Fort Detrick. Trattandosi di un campus all’interno del quale vengono affrontate questioni delicatissime, è chiaro che gli Stati Uniti non abbiano interesse a svelare informazioni connesse tanto con l’esercito, quanto con temi di sicurezza nazionale. Probabilmente nessun Paese al mondo aprirebbe mai le porte delle proprie strutture top secret per dare in pasto alla comunità internazionale dati e segreti più o meno compromettenti. La Cina lo sa bene e, indipendentemente dal Covid, ha pensato bene di fare leva su questo limite invalicabile.

Certo è che, analizzando Fort Detrick, emergono diverse contraddizioni che potrebbero scalfire l’immagine americana (e questo è forse un altro obiettivo di Pechino). Gli Stati Uniti hanno ufficialmente abbandonato il loro programma di armi biologiche nel 1969, eppure Fort Detrick ha proseguito la ricerca difensiva sugli agenti patogeni mortali. Il Medical Research Institute of Infectious Diseases dell’esercito spiega che la sua missione principale della struttura è oggi quella di fornire protezione “dalle minacce biologiche”. Benissimo. Ma nel frattempo gli addetti del complesso indagano anche su focolai di malattie tra i civili e altre minacce alla salute pubblica. Inoltre, come se non bastasse la chiusura momentanea avvenuta nel 2019, il laboratorio di Fort Detrick ha dovuto fare i conti con un’altra sospensione temporanea per via di errori nella gestione dei patogeni studiati all’interno dell’edificio; nel 2009, ad esempio, la ricerca del centro è stata interrotta perché gli scienziati locali stavano immagazzinando patogeni non elencati nell’inventario dell’istituto.

Altro aspetto da rimarcare riguarda gli studi gain-of-function attuati in America e, forse, anche in Cina. Secondo alcune indiscrezioni (il condizionale è d’obbligo), sarebbe proprio a causa di studi simili che Washington avrebbe dovuto momentaneamente chiudere alcuni dei suoi laboratori. Il Cdc è stato emblematico: “Le due violazioni (avvenute a Fort Detrick) segnalate dall’USAMRIID al Cdc hanno dimostrato un fallimento del laboratorio dell’esercito nell’implementare e mantenere procedure di contenimento sufficienti a contenere agenti o tossine selezionate che sono state effettuate da operazioni nel livello di biosicurezza 3 e 4”.

In base a questo, è emerso che qualche anno fa lo USAMRIID avrebbe lavorato di sponda con altri laboratori americani e stranieri, tra cui, probabilmente, anche alcune strutture cinesi. A quanto pare Fort Detrick era collegato al National Microbiology Lab canadese di Winnipeg, un centro di ricerca a sua volta – pare – “penetrato” completamente dai cinesi, incluso un membro della China’s biowarfare community. Ecco perché, Covid o meno, le ombre cinesi potrebbero preoccupare Washington.

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