È un continente enorme, esteso circa sette volte l’Unione europea, e abitato da quasi 1,5 miliardi di persone, senza considerare i tanti cittadini non considerati dalle rilevazioni ufficiali. Salvo rare eccezioni, è anche una regione formata da Stati poveri o comunque non dotati di sistemi economici, politici e sanitari all’altezza delle sfide del XXI secolo. Nonostante tutto questo, l’Africa ha fin qui superato a pieni voti la prova Covid-19.

La pandemia di Sars-CoV-2, che ha provocato morte e orrore in ogni angolo del mondo, qui sembra essersi fermata in superficie. Sia chiaro: anche le popolazioni africane hanno pianto le loro vittime, così come i governi africani hanno avuto il loro bel da fere, nelle fasi pandemiche più critiche, per attuare lockdown o attuare misure restrittive. Eppure, numeri alla mano, i valori epidemiologici dell’Africa sono nettamente migliori rispetto ai dati raccolti da Stati Uniti e Unione europea; tanto per quanto riguarda i contagi che per quanto concerne i decessi.

Come se non bastasse, due tra le ultime varianti che hanno ulteriormente spaventato il mondo sono state ufficialmente registrate in Paesi africani; l’ultima di queste, Omicron, rilevata in Sudafrica, ha perfino costretto vari Paesi europei a reintrodurre provvedimenti restrittivi. Al contrario, le istituzioni sudafricane, che non brillano certo per tasso di vaccinazione – sono fin qui riuscite a coprire con il ciclo vaccinale completo appena il 27% della popolazione, con il 5,2% in attesa di terminarlo – dopo aver constatato che Omicron era sì più contagiosa ma non più letale, hanno pensato bene di allentare la tensione.

Una guerra senza isterismi

In particolare, nell’ospedale Steve Biko Academic Hospital di Tshwane, dove la mutazione è stata individuata per la prima volta, è stato registrato un forte calo delle ospedalizzazioni. La mortalità è stata quasi un quinto delle precedenti varianti, a conferma di quanto sospettato in un primo momento da alcuni esperti.

Al culmine dell’ondata di Omicron, che a quanto pare, almeno in Sudafrica, si sta esaurendo, il numero di letti occupati dai pazienti infetti era la metà di quello del periodo precedenti; in più il 63% dei pazienti di Omicron è stato ricoverato in ospedale per altri motivi, con il virus rilevato solo dai test obbligatori.

“L’epidemia di Omicron si è diffusa e si è ridotta con una velocità senza precedenti, raggiungendo il picco entro quattro settimane”, hanno affermato i ricercatori sottolineando tuttavia come i risultati possano variare in Paesi con caratteristiche della popolazione e livelli di immunità diversi da infezioni e vaccinazioni. Certo è che il Sudafrica, e l’Africa in generale, stanno insegnando al mondo come affrontare una pandemia utilizzando al meglio gli strumenti a disposizione e senza cadere preda di facili isterismi.

Qual è il segreto dell’Africa?

Ci si potrebbe chiedere come ha fatto l’Africa a limitare i danni del Covid. Del resto stiamo parlando di un continente povero, tartassato da problemi di ogni tipo, e privo di tanti confort sui quali può contare l’Occidente, in primis i vaccini anti Covid. La regione africana, infatti, ha avuto accesso a ben poche dosi, e la grande maggioranza della popolazione è scoperta di fronte agli effetti del virus.

Eppure, come ha evidenziato il Corsera, l’ecatombe Sars-CoV-2 nell’Africa sub sahariana annunciata praticamente dall’inizio pandemia non si è mai verificata. Anzi: a leggere i bollettini, sono più i morti rilevati in Italia o in Francia che non in alcuni tra i Paesi più poveri (e meno vaccinati) della Terra. Roma conta 229 morti ogni 100mila abitanti, mentre l’Uganda 7 su 100mila e la Nigeria addirittura 2. Difficile spiegare questo paradosso con formule matematiche e certezze; possiamo, al contrario, fare ipotesi.

La comunità scientifica ipotizza che, al netto delle scarse vaccinazioni, il fattore età possa aver contribuito a evitare centinaia di vittime. In altre parole, la giovanissima età media della popolazione africana dovrebbe aver arginato gli effetti del Covid. C’è poi un’altra possibile spiegazione: vari scienziati sostengono che i Paesi più esposti alla malaria possano aver sviluppato nei cittadini alcune forme di immunità contro Sars-CoV-2. In ogni caso, e pur considerando le differenze di fondo, per una volta l’Occidente dovrebbe iniziare a prendere nota dall’Africa.

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