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Il mondo intero non era preparato ad affrontare la pandemia di Covid-19: può sembrare una frase già risentita, ma questo è lo stato attuale delle cose. C’è dell’altro, e non è niente di buono. I ricercatori che hanno realizzato il Global Health Security Index, un progetto della Nuclear Threat Initiative, gruppo di sicurezza globale senza scopo di lucro con sede a Washington, e del Johns Hopkins Center for Health Security presso la Bloomberg School of Public Health, hanno fatto luce su una situazione complessa.

Il report ha analizzato la situazione in 195 nazioni. A quasi due anni dall’inizio dell’emergenza causata dal Sars-CoV-2, praticamente ogni Paese preso in esame nel rapporto, Stati Uniti compresi, è ancora impreparato a rispondere alle future minacce rappresentate da epidemie o pandemie, le quali potrebbero essere più devastanti di quella attuale.

Basandosi su informazioni pubbliche e su altri fattori, tra cui la fiducia dei cittadini nei confronti del governo, gli esperti hanno valutato le capacità di ogni Stato di prevenire, rilevare e rispondere alle emergenze sanitarie nel 2021. Grazie alla sua enorme ricchezza e alla capacità scientifica accumulata nel corso degli anni, gli Stati Uniti sono ancora in vetta alla classifica, anche se hanno conseguito il punteggio più basso relativo alla fiducia dei cittadini nei confronti del governo. Un fattore negativo associato a un elevato numero di casi e decessi Covid.

Un trend da invertire

Al primo posto, abbiamo detto, trovano spazio gli Stati Uniti, anche se per quasi due anni, prosegue il rapporto, i politici Usa hanno messo in dubbio le motivazioni e i messaggi dei funzionari sanitari, discusso della gravità del virus e in merito all’efficacia dei vaccini. Risultato: “In molte aree del Paese le persone non hanno rispettato le raccomandazioni sulla salute pubblica che avrebbero potuto rallentare la diffusione del virus”.

Alle spalle di Washington, troviamo Australia, Finlandia, Canada, Thailandia, Slovenia, Regno Unito, Germania, Corea del Sud e Svezia. Il report ha identificato sia le risorse che le capacità materiali di ciascun Paese di far fronte a un’emergenza sanitaria, ma tutto ciò non basta per determinare automaticamente il loro corretto utilizzo. Gli Stati Uniti, ad esempio, hanno una migliore capacità di prevenire e rispondere alle epidemie rispetto a qualsiasi altro Paese, ma hanno anche dovuto fare i conti con più casi e morti di Covid di qualunque altra nazione.

Ma il fatto più sconcertante è che alcuni Stati hanno una base preparativa che non riescono a tradurre in atti concreti una protezione adeguata contro la malattia a causa degli elevati livelli di sfiducia nei confronti dei rispettivi governi. E questo, per inciso, influisce anche sulle campagne vaccinali. Perché le autorità possono contare sui migliori vaccini del mondo, ma se non c’è fiducia ben pochi cittadini saranno disposti a farsi vaccinare.

Consigli per il futuro

Se è vero, come dicono alcuni scienziati, che siamo entrati nel “secolo delle pandemie”, allora i governi dovrebbero sbrigarsi a investire in controllo e prevenzione delle minacce pandemiche. A proposito di governi, il rapporto ha elogiato Nuova Zelanda, Angola e Ruanda per le loro risposte al Covid-19. Altre nazioni, pur avendo ottime capacità di tracciamento non hanno sviluppato strategie per ridimensionare le risposte alle emergenze future. Ma quali sono le raccomandazioni da adottare in vista del futuro?

I Paesi dovrebbero stanziare fondi per la sicurezza sanitaria nei loro bilanci nazionali, mentre le organizzazioni internazionali dovrebbero identificare gli Stati che hanno più bisogno di maggiore sostegno. Allo stesso tempo, il settore privato dovrebbe collaborare con i governi, così come le filantropie dovrebbero sviluppare nuovi meccanismi di finanziamento. La comunità scientifica è tuttavia concorde: nessun Paese è adeguatamente preparato, e serve un’azione urgente per invertire il trend.

Intanto, l’organizzazione globale di sanità pubblica Vital Strategies ha spiegato che il gruppo ha sviluppato un obiettivo internazionale per la diagnosi precoce e la risposta alle minacce sanitarie. Si chiama “7-1-7”, e significa che i Paesi dovrebbero essere in grado di identificare una minaccia sospetta entro sette giorni, informare i livelli successivi dell’autorità sanitaria pubblica entro un giorno e predisporre una risposta efficace entro altri sette giorni.

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