Gli Stati Uniti, allarmati da una “imminente minaccia di fuga radioattiva” da una centrale nucleare cinese, hanno trascorso l’ultima settimana a monitorare una situazione potenzialmente delicata. Il virgolettato fa parte del comunicato diffuso da Framatome, azienda del gruppo francese Electricitè de France (Edf) che sta seguendo “l’evoluzione di uno dei parametri di funzionamento” della centrale di Taishan, nel sud della Cina. Il sito si trova nella provincia del Guangdong, in una delle aree più densamente popolate della nazione e non distante dalle scintillanti megalopoli di Shenzhen, Guangzhou e Hong Kong.

Lo scenario è ancora avvolto nella nebbia, ma un’indiscrezione del genere, lanciata dalla Cnn, non può affatto essere ignorata. Non a caso il National Security Council di Washington, informato lo scorso 8 giugno dai francesi di Framatome, si è subito attivato nel tentativo di ricostruire la vicenda e capire se ci sono gli estremi per un eventuale disastro naturale. Al momento conosciamo pochi dettagli. Il più importante: non saremmo di fronte a un livello critico, anche se quanto sta accadendo nella centrale di Taishan meriterebbe la massima attenzione. Non solo: nel caso in cui dovesse esserci un chiaro pericolo, e considerando i trattati sugli incidenti nucleari, gli Stati Uniti lanceranno un allarme internazionale. Ma che cosa è successo tra le mura di questa struttura?

L’anomalia misteriosa e la possibile fuga radioattiva

Innanzitutto è importante chiarire che i francesi di Framatome, a suo tempo, hanno partecipato tanto alla progettazione che alla costruzione della suddetta centrale di Taishan. Gli stessi, a fine maggio, si sarebbero resi conto di qualche anomalia nell’impianto. È per questo che avrebbero deciso di contattare il Dipartimento dell’Energia americano, con l’intenzione di ricevere una preziosa assistenza nella gestione dell’allarme.

L’avvertimento dei francesi è apparso preoccupante: stando ai tecnici in loco, le autorità cinesi avevano volutamente alzato i limiti di accettabilità per il rilevamento delle radiazioni al di fuori della centrale, al punto da raddoppiarli per scongiurare la chiusura del sito.

Eppure, nonostante questa mossa, il livello di radiazioni sarebbe comunque schizzato al 90% della nuova soglia. Da Parigi il governo di Emmanuel Macron non sa bene cosa rispondere. Anche perché il comunicato di Framatome è ambiguo: il gruppo sta sì monitorando “l’evoluzione di uno dei parametri di funzionamento” dei reattori del sito, ma, al tempo stesso, “la centrale opera all’interno dei criteri di sicurezza autorizzati”.

L’allarme francese e la posizione di Washington

Al momento i funzionari statunitensi ritengono che la situazione non rappresenti una grave minaccia né per la sicurezza dei lavoratori dello stabilimento né della popolazione cinese. C’è tuttavia un aspetto molto strano. Perché una società straniera, in questo caso francese, avrebbe dovuto rivolgersi unilateralmente al governo americano per chiedere aiuto? Perché, soprattutto, Framatome avrebbe lanciato un mezzo allarme quando il suo partner statale cinese non ha riconosciuto alcun problema?

La Cnn ha contattato le autorità cinesi e il gruppo energetico che gestisce la centrale. Non sono arrivate risposte dirette, anche se bisogna considerare che la Cina è nel bel mezzo di una festa nazionale della durata di tre giorni. In ogni caso, la centrale nucleare di Taishan ha pubblicato una dichiarazione sul proprio sito web, sottolineando come le letture ambientali, sia per l’impianto che per l’area circostanze, fossero nella norma. I due reattori del sito, inoltre, sono stati definiti entrambi operativi. L’Unità 2, si legge, ha addirittura completato una recente revisione ed è stata collegata con successo alla rete. Non sappiamo perché (e come) l’impianto sia stato revisionato.

“Da quando è stata messa in funzione commerciale, la centrale nucleare di Taishan ha controllato rigorosamente il funzionamento delle unità in conformità con i documenti di licenza operativa e le procedure tecniche. Tutti gli indicatori operativi delle due unità hanno soddisfatto i requisiti delle normative sulla sicurezza nucleare”, ha concluso il comunicato della centrale. Certo è che gli Stati Uniti si ritrovano tra le mani un nodo spinosissimo. Già, perché nel caso in cui la perdita radioattiva dovesse proseguire o diventare più grave, la sensazione è che Washington agirà in maniera concreta.