Per il secondo giorno consecutivo, l’India ha registrato oltre 300 mila nuovi casi di coronavirus macinando ogni record mondiale. L’ultimo bollettino firmato dal ministero della Sanità parlava di 332.730 casi e 2.263 decessi, mentre quello precedente riportava rispettivamente 315.802 casi e 2.102 vittime. Cifre del genere non erano mai state toccate da nessun Paese. Non dagli Stati Uniti e neppure dal Brasile di Jair Bolsonaro, dove pure il virus sembra essere fuori controllo da mesi. Gli ospedali della capitale indiana, Nuova Delhi, e dello Stato più colpito, il Maharashta – dove tra l’altro è situata l’altra grande megalopoli nazionale, Mumbai – sono in ginocchio per la scarsità di medicine e la penuria di ossigeno per curare i malati.

In alcune strutture la situazione è particolarmente drammatica, come si evince dalle testimonianze del personale che sta combattendo in prima fila. “Abbiamo un disperato bisogno di ossigeno. I fornitori hanno smesso di rispondere alle nostre chiamate”, ha spiegato al Wall Street Journal A.C. Shukla, capo dell’unità di terapia intensiva presso il Mata Chanan Devi di Delhi. La maggior parte dei nosocomi situata nelle aree più critiche del Paese, compresa, come detto, la capitale, hanno respinto i pazienti, terminato i letti e le altre forniture mediche. Da una settimana a questa parte, i casi hanno sfondato la soglia dei 200 mila casi giornalieri, trasformando l’India nel nuovo epicentro mondiale di Sars-CoV-2.

Le ragioni del disastro sanitario

Come ha fatto l’India a ritrovarsi improvvisamente in una posizione simile? Basti pensare che poche settimane fa Nuova Delhi sembrava esser riuscita a tenere sotto controllo il Covid, e c’era perfino chi elogiava l’Elefante indiano, parlando addirittura di immunità di gregge raggiunta. Illusione vana, perché ora lo scenario si è letteralmente capovolto. E ciò è accaduto per tre motivi ben precisi. Innanzitutto dobbiamo considerare le decisione politiche attuate dal governo, considerate dagli esperti inefficaci e tardive, tanto a livello centrale che locale. In altre parole, il gigante asiatico avrebbe sottovalutato il rischio rappresentato dalla nuova ondata di Covid. Adesso le autorità stanno cercando di rimediare attuando dei coprifuoco e blocchi chirurgici, onde evitare un nuovo lockdown generalizzato che probabilmente darebbe il colpo di grazia all’economia.

Nei mesi scorsi, ad esempio, il primo ministro Narendra Modi ha tenuto diversi comizi in vista delle elezioni locali di fine marzo. Ogni appuntamento ha attirato migliaia di partecipanti, favorendo la diffusione incontrollata del virus. Quel che è peggio è che, accanto agli incontri politici, è andato in scena pure il Kumbh Mela, una festa religiosa induista. Per l’occasione, si sono radunate milioni di persone per celebrare questa specie di pellegrinaggio tenutosi a Haridwar, nell’Uttarkhand. In centinaia di migliaia, tra cui diversi positivi, si sono immersi nel fiume gange facendo un grande favore al Sars-CoV-2.

Un caso limite

Per quanto riguarda la campagna di vaccinazione nazionale, in India soltanto l’1,3% ha ricevuto la doppia dose, mentre coloro che hanno ricevuto un’iniezione sono fermi all’8%. Anche questo ha contribuito molto al peggioramento della situazione, visto che somministrare il vaccino a quasi 1,4 miliardi di cittadini è un’impresa ardua. A maggior ragione se consideriamo la diplomazia dei vaccini, che nel recente passato ha visto l’India impegnata a esportare dosi all’estero per fini commerciali e politiche. Nuova Delhi ha tuttavia dovuto rivedere le proprie strategie, concentrando i suoi prodotti sulla popolazione. Last but not least, a peggiorare l’emergenza sanitaria ci ha pensato la variante del Sars-CoV-2 denominata “variante indiana“, o B.1.617, più contagiosa (pare) rispetto alla forma tradizionale del virus. In generale, è giusto concentrare l’attenzione sulla situazione epidemiologica dell’India.

Alla luce di quanto spiegato, e delle cause che hanno contribuito a generare una nuova ondata di Covid, è importante evitare paragoni troppo azzardati tra gli altri Paesi e l’India. Più che per colpa delle sole varianti, i motivi della debacle indiana sono da ricercare negli sconsiderati eventi di massa. Se, poi, la tenuta degli ospedali inizia a scricchiolare, non dovremmo essere sorpresi più di tanto. Il punto focale, infatti, è che il ritorno del coronavirus ha semplicemente fatto luce su un problema intrinseco dell’India, quello di una struttura sanitaria da rafforzare, che Nuova Delhi si porta dietro da molti decenni. È quindi importante spiegare cosa sta accadendo nello Stato indiano, ma ha poco senso prendere questa nazione come cartina al tornasole di ciò che potrebbe accadere in Occidente. Al di là, infine, dei numeri altissimi, è interessante dare un’occhiata a un paio di valori. Leggiamo dall’ultimo bollettino: i casi risolti sono 13.648.159, con un tasso di recupero dell’83,92%, mentre quello di letalità è dell’1,15%.

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